Segni di emozioni
Di Vincenzo Calafiore
8 novembre 2015-Udine
Da uno scoglio
all’altro, un braccio di mare d’inchiostro e tanti fogli piene di parole, messe
così a caso senza un ordine preciso; a guardarle sembrano dei coriandoli blu e
neri, rossi, gli inchiostri più adoperati, quelli con cui ormai da tempo mi
intrattengo, e intrattengono le ore, per lo più notturne.
Ma hanno in se
antiche emozioni e vitalità nascosta, significati diversi e immaginazioni
affabulanti; hanno in se la sottile sensibilità ( che ormai si è persa) nel
fare emergere con la naturalezza del loro accadere nuove situazioni
esistenziali e anche modulazioni di stati d’animo dello scrittore o scrivente,
contrastanti. E condizioni assediate di gesti rivelati con stupore e isolati
dall’inutile ciabattare in modo esemplare; è un donare dello scrittore forse
per far si che prendano forma e vita, accenti, in altri, amplificandosi fino a
dissolversi per divenire voce. Voci pronunciate con toni diversi a volte
solenni e raccordate a effetti scenografici e legati talora con un filo che
congiunge le zone di margine con epicentri in chi dona e chi riceve.
Lei ha una voce
bellissima, strana, come il mare mi incanta, mi fa perdere, le dà la percezione
di una porta socchiusa che accende un inconscio desiderio di uscire e varcare
il limite del segreto desiderio di amare.
Resto colpito dal
misterioso suono della sua voce, delle sue intimità svelate piano quasi a non
volermi fare morire prima dei miei si!
Ed io ancora ad
inseguire lembi di immaginazioni in cui è possibile anche amarsi, senza
reticenze, senza ipocrisie, senza bugie, ma questo è un indistinto <
altrove> in cui si agitano le intime imperfette emozioni di un cuore che
respira come un mare, in un’apnea dell’anima. Credo che a condurmi per mano siano
le imperfette simmetrie delle cose, quando ancora sepolto dentro me stesso, a
tornare, nel mondo ed architettare assieme un piano di fuga da quelle realtà
sfuggite sospese tra peccato e coscienza.
Forse sono sospeso in
un limbo tra i suoi cieli e le sue terre e risvegliandomi potrei sprofondare
nel <prosaico> o nel <comune> dopo essere volato per chissà quali
altezze; credo nell’amore, di essere guidato dal suo sguardo invisibile nel mio
continuo essere su un mare che a volte pur travolgendomi mi lascia su spiagge e
scogli tra i rifiutati sensi di una società non condivisa, non amata.
Ci sono in questa mia
notte lebbrosa incroci che tornano indietro per dare spiegazioni alle
<ombre> aprono
nuove prospettive all’avventura con la navigazione in solitaria che mi
allontana da tutte le pedine del gioco.
E’ una storia, la mia
vita che cominciata tra la musica sta entrando in un grande silenzio, è un andare
per un lungo nastro di strade bianche deserte tra viole e papaveri. Malinconici
paesaggi avvolti in grigie atmosfere di silenzio, squarci di luce, lampi di
< ti amo>, rotti a volte in frantumi da realtà ferite che si posano su
pagine di parole oscillanti tra i pochissimi si e i tantissimi rifiutati
accolti.
Tracce di
rassicurazione interiori, disarcionate dai ripeti rifiuti ormai manifestati e
caduchi, i protagonisti della mia rappresentazione umana circolare e
coinvolgente; di un universo guardato con partecipe e maliziosi sorrisi! Una
sfera sapienziale fantastica dissociata dalla concretezza e allusioni crescenti
come contrappunto a una compagine polimorfa in questa vita.
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