lunedì 25 luglio 2016



Ritorno a casa

Di Vincenzo Calafiore
26 luglio 2016- Trieste

In queste notti arse di luglio quasi di agosto, inghiottito dai ricordi, viaggio all’indietro dentro un mare di cose che io credevo di aver definitivamente cancellate.
E’ un navigare in un mare bastardo, il mio passato che più volte ho ripassato e ripulito dalle fuliggini della miseria con tutte le sue umiliazioni, le cose negate, il coraggio di esistere.
E’ come andare in un paesaggio allontanato dal tempo nel silenzio sovrano nel baleno di una memoria che non lascia tregua.
Sono notti che mi trasformano in uno scarafaggio di ruggine!
Mentre soffocato dall’afa annaspo nel recinto “privato” pur dentro le distanze.
A prevalere è un’aria strana piena di disagio, in cui il vero e il sognato si mescolano facendo emergere tra chiaroscuri, più quel che è andato perduto che quello che è rimasto; d’improvviso, un biglietto su cui è scritto un nome, apre un varco, un incontro con il dolore e con la parola che lo descrive e sono dentro un gioco di cui non conosco le regole, a poco a poco si alzano con i lembi della memoria antiche storie familiari di incomprensione, sofferenza e morte, che si confrontano con vite microscopiche attorno.
E’ un mondo parallelo popolato di volti in transito per la casa nascosta dal marmo di un destino arcigno.
Ma si respira pure in queste notti bruciate, nella pace di una badia, la serenità di una congiunzione con il resto del mondo.
E lì, guardando e ascoltando questo mio mare zeppo di storie di uomini e cose naufragate che si materializza la forza della vita! E’ lì che avverto in piena intensità il suadente oppure, c’è aria di burrasca, il minaccioso respiro di questo mare.
Allora mi lascio cullare da questa ancestrale cantilena diretta dal vento dei ricordi, dagli affetti perduti cercando di indovinare quei deboli richiami che testimoniano l’esistenza; è un lasciarsi trasportare dai ricordi, dai sogni, su una secca solo a pochi metri di profondità.
Ma c’è un’allampanata vita che di queste cose ha fatto la sua tana, che si avvicina interrompendo il fruscio dell’aria che respiro, avvertire nel totale silenzio il battito del suo cuore.
E poi improvvisamente risvegliarmi dal sogno e scuotermi dal ricordo e ritrovarmi sveglio mentre il sole entra a curiosare nella stanza, nel silenzio interrotto dal respiro del vento e dal frangersi delle onde.
Mare di pietra, sempre lì ad ammonire che la mia vita è in perenne assedio, pronta agli improvvisi mutamenti fin tanto da costringermi ad esporre il solito cartello ieri come oggi:
“ Tutto sospeso”

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