Ritorno a casa
Di Vincenzo Calafiore
26 luglio 2016-
Trieste
In queste notti arse
di luglio quasi di agosto, inghiottito dai ricordi, viaggio all’indietro dentro
un mare di cose che io credevo di aver definitivamente cancellate.
E’ un navigare in un
mare bastardo, il mio passato che più volte ho ripassato e ripulito dalle
fuliggini della miseria con tutte le sue umiliazioni, le cose negate, il
coraggio di esistere.
E’ come andare in un
paesaggio allontanato dal tempo nel silenzio sovrano nel baleno di una memoria
che non lascia tregua.
Sono notti che mi
trasformano in uno scarafaggio di ruggine!
Mentre soffocato dall’afa
annaspo nel recinto “privato” pur dentro le distanze.
A prevalere è un’aria
strana piena di disagio, in cui il vero e il sognato si mescolano facendo
emergere tra chiaroscuri, più quel che è andato perduto che quello che è
rimasto; d’improvviso, un biglietto su cui è scritto un nome, apre un varco, un
incontro con il dolore e con la parola che lo descrive e sono dentro un gioco
di cui non conosco le regole, a poco a poco si alzano con i lembi della memoria
antiche storie familiari di incomprensione, sofferenza e morte, che si
confrontano con vite microscopiche attorno.
E’ un mondo parallelo
popolato di volti in transito per la casa nascosta dal marmo di un destino
arcigno.
Ma si respira pure in
queste notti bruciate, nella pace di una badia, la serenità di una congiunzione
con il resto del mondo.
E lì, guardando e
ascoltando questo mio mare zeppo di storie di uomini e cose naufragate che si
materializza la forza della vita! E’ lì che avverto in piena intensità il
suadente oppure, c’è aria di burrasca, il minaccioso respiro di questo mare.
Allora mi lascio
cullare da questa ancestrale cantilena diretta dal vento dei ricordi, dagli
affetti perduti cercando di indovinare quei deboli richiami che testimoniano l’esistenza;
è un lasciarsi trasportare dai ricordi, dai sogni, su una secca solo a pochi
metri di profondità.
Ma c’è un’allampanata
vita che di queste cose ha fatto la sua tana, che si avvicina interrompendo il
fruscio dell’aria che respiro, avvertire nel totale silenzio il battito del suo
cuore.
E poi improvvisamente
risvegliarmi dal sogno e scuotermi dal ricordo e ritrovarmi sveglio mentre il
sole entra a curiosare nella stanza, nel silenzio interrotto dal respiro del
vento e dal frangersi delle onde.
Mare di pietra,
sempre lì ad ammonire che la mia vita è in perenne assedio, pronta agli
improvvisi mutamenti fin tanto da costringermi ad esporre il solito cartello
ieri come oggi:
“ Tutto sospeso”
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