L’illusa delusione
di vincenzo calafiore
1 agosto 2016 Udine
L’odore forte di
basilico, dalla porta spalancata alla notte entra e invade, mi sveglio e la
prima cosa che faccio, qualunque sia l’ora accendo una sigaretta.
Nello studio, un vero
disastro di fogli e penne, matite e tanti pezzettini di carta sui quali ho
scritto una parola, una frase, per richiamare alla memoria una certa cosa,
tutti raccolti in una scatolina di cartone rinforzato che prima aveva
custodito, parte elettrica di un motore.
Mi siedo e ripenso a
quel profumo di basilico, proveniente da due vasi posti sul davanzale della
finestra, da buon “terrone” che sono lo adoro, mi piace proprio la pianta, su
ci passo le mani per annusarle poi.
Penso alle mie
estati, o alla “passerella” la barca con l’antenna alta con la quale si da la
caccia al pescespada, chiamata pure la “ spatara “; su quella barca il più
delle volte mangiavo il pomodoro con una foglia di basilico, pomodoro mangiato
a morsi, che tenevamo in un secchio di lamiera zincata con acqua e ghiaccio,
deforme legato a una cima per evitare che si ribaltasse sulla tolda; lo si
teneva in un posto all’ombra.
Penso anche alle cose
che mutano, cioè alle grandi amicizie finite in passato di cui non ricordo i volti dei soggetti, ma ricordo
vagamente i nomi; ma penso all’ultima!
Sulla quale ci avrei
scommesso, pensando alla sua solidità. E della quale quello che più mi ha
ferito è quel mio sentirmi tradito e deluso tanto da non volerne più sapere, la
grande amicizia è diventata da quel che era il peggior mal di stomaco, il
peggior rifiuto.
Quel rifiuto che ti
fa dire “ basta, mi hai scassato…. “ !
Però quanto è vero
quel monologo del ’92 che poi diventò il
mio cavallo di battaglia, recitato su richiesta ovunque, dalla peggiore bettola
al teatro!
Malinconia
triste e malinconica
Il mio canto malinconico venne di petto
una sera d’agosto.
Dapprima avvertii lieve stretta al cuore,
e pensai
al vento che passa e lascia, ma quella
sera
vento non v’era, anzi nel cielo pieno di
stelle
gli occhi miei vennero attratti da una,
piccola e minuscola, una virgola! Che pulsava e luceva,
si mostrava più delle altre e nel cielo
non v’era vento!
Ah, che dolore!
Venite presto accorrete amici miei,
compagni,
venite meco in quest’ora malinconica,
ah così fatal mi fu la sorte nel mio
celeste sognar!
Quanto attuale è nel suo
essere!
Un tempo lungo, scoprendo
giorno dopo giorno cosa significa essere amici, andare oltre l’immediatezza di
ciò che appare. Avere la fortuna di guardarsi negli occhi e capirsi.
Sentire e condividere quanto
appartiene all’altro.
Scrutare la profondità dei
sentimenti.
Essere in altre parole, un
tutt’uno di fronte al quale si sgretolano incertezze e difficoltà.
Con il mondo che pare aprirsi
ad una bellissima dimensione, carica di sentimenti, energia, spiritualità.
Una fortuna che non a tutti è
dato conoscere, E che si coglie nella storia della straordinaria amicizia,
maturata sulla spiaggia, le stradine, i vicoli, nelle parole, nel sentire
proprio quel grande sentimento sempre di più, sempre più forte …. Un’esperienza
bellissima.
Una sorta di favola, che mi ha
commosso e coinvolto; la povertà e gli stenti, il divertirsi con una palla
fatta di pezzi di panno; gli stessi panni che portano il segno di ripetuti
rattoppi, lo stesso tempo delle privazioni e delle rinunce.
La gioia dipinta sui volti!
L’amicizia!
Sentimento, già tanto vivo e
importante si trasforma in qualcosa di più grande, in un sentimento che non
sarebbe più cambiato.
“ prima a gruppetti, poi sempre più curvi
avviliti emaciati, a un corteo mostruoso,
un corteo di miseria e di esilio
esposti a tutti i pericoli, al riparo del
nulla! ,
verso me terra straniera!
Ed io li vidi arrivare,
Verso di me, smarrito in quella notte di
agosto
Senza sestante, senza vele, prigioniero
d’una bonaccia,
parte di me
che si è spenta.
Ah! Che dolore al cuore l’emozione in
mentre cercai
di capire cosa fosse quello nell’aria,
qualcosa di tiepido e leggero,
allegro … era come avere il cuore gonfio
di gioia e di pianto al tempo stesso.
Ahimè tradito!
Furono loro a tradire
Furono loro a tradire, i sogni!
Che come lei, che a volte inganna
coi suoi riverberi di cristallo
coi suoi giochi, coi suoi misteri: la
vita!
Il mio canto malinconico. “
In questa notte appiccicosa
come carta moschicida, sono uscito dalle mie solitudini e mi sono visto crinita
figura, poi ricadere nelle mie ombre e raggelarmi nelle pieghe di una saggezza,
come di una pagina in cui risaltano i contrasti psicologici e quelli tra i vari
livelli stilistici, le geometrie e le ripetizioni strutturali, ove annotate
sensazioni si sviluppano e non placano la grande delusione, la nausea, l’ira,
ma soprattutto i dettagli di una sibillina vicenda.
E’ un ripercorrere il passato
che sembra trapelare come uno spiraglio di luce di mezze tinte, in cui scorrono
immagini rapide trascoloranti, incastri imperfetti rigati di inusitate
traiettorie di incertezze di una realtà che lascia tutto nelle mani della
grande delusione.
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