Tutte le parole per donarti un arrivederci
Di Vincenzo Calafiore
3 luglio 2016-Udine
“ Lettere da
consegnare
…. li ho visti i
miei anni, arrivare
dentro una luna chiassosa di voci e luci.
I miei anni curvi, avviliti, emaciati, a un
corteo mostruoso, un corteo di solitudine
e di esilio “. ( di Vincenzo Calafiore)
Fino a ieri al riparo del nulla cercai di
dare un senso alla mia vita, passo passo si sono delineate ricerche condotte
forse inconsapevolmente a ritroso fino alla notte della tragica fine di mia
madre, che mi ha lasciato nell’anima una ferita insanabile.
Era una ricerca di un sé smarrito assieme
alla mia vita, di quella parte di me che si è spenta assieme al fragore delle
parole non dette, trattenute dentro da profonde lacerazioni, senza conoscere e
definire quello che c’era nell’aria negli occhi di stesa tristezza.
Non so cosa fosse in realtà, forse emozione
strozzata in gola o qualcosa di tiepido e leggero così allegro come il sorriso
che io ancora rammento.
Il saggio ha paura della morte.
Temo la morte e per questo annoto tutto con
una scrittura inventata per non far capire a lei quanto io la temi già
duramente provato da altre tragedie familiari.
Il diniego della fine è forte motivazione che
mi ha spinto ad accumulare sogni forse in maniera spasmodica, sempre a sfidare
l’inesorabile scorrere del tempo inventando ogni giorno una nuova vita.
Tuttavia, come sempre accade chi come me vuole
lottare per un sogno, finisce nella solitudine, nello sconforto, nell’isolamento.
Allora guarda con altri occhi il mondo attorno a cui prima era costretto, in
una tale ottica pure l’anima finisce per essere sottoposta a duro esame, vedo
così la stupidità e l’ignoranza in chi vuole essere trendy ad ogni costo, chi
vuole la notorietà a qualsiasi costo con un sorriso stereotipato, ma non più
ingenuo sul volto.
Ecco allora a sorprendersi a tradire
l’emozionalità che tanto si è cercata di nascondere, o cadere schiacciati dal
peso degli anni rubati alla vita.
La vera vita è amare, e io amo.
Amare è un orizzonte che divide il mare dei
sogni dalla morte quotidiana, tuttavia per poter coniugare questo verbo ci
vuole una donna, una lei capace di allontanare quanto è negativo. Che abbia
negli occhi un sotterraneo incroci di complicità e bisbigli d’anima, risonanze
di parole e risate; forse mi sono perduto nel profondo gorgo dei giorni che non
si vedono, sempre vicini e sempre altrove, lucenti là dove solo lei che ama sa
trovarli.
Tutta la luce scivola nel buio se lei non
c’è.
Ecco che la vita si apre a lei, ecco le
pagini aprirsi come u album sfogliato dal desiderio di amarla, fioriscono
immagini trattenute in un sospeso gioco di riflessi e lette nel
didascalico specchio d’anima.
L’amore, un intrecciato parlare di corpi e di
fantasie.
Poi basta un attimo, uno sguardo fugace
all’esistenza e mi rendo conto di quanto sia triste lo sguardo oltre la
lontananza così riaffiorano le antiche incertezze i smarrimenti, finisco
sconfitto nel cigolio lento di una serranda che va chiudendosi, mentre sequenze
di dialoghi scivolano in un corso
amoroso che serve a custodire senza alcun attrito, nonostante il denso
dibattito dei pensieri che assecondano immaginazioni delle infinite sfumature
del piacere erotico.
Si accendono spettacolari vibrazioni
dolcissime, pur nel tumulto ove si son raccolti gli anni per capire un amore.
Io e lei legati da un amore totalizzante,
dopo una vita senza sogni colma di maschere.
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