Ricordo ancor
Di Vincenzo Calafiore
13 Marzo 2017 Trieste
( 100 pagine in una, un romanzo da farsi)
“ ti scrivo che ti amo “
Soffia la Tramontana, giunge con violenza
quando s’incanala tra le valli per gettarsi sulla pianura; passa e lascia
freddo di se.
A sentirla nel cuore della notte sembra un
lamento di una bestia ferita, è brivido che increspa la pelle, fa pensare a
lontane spiagge in balia di mare e di vento e barche ancora coperte.
A quest’ora laggiù nel porto di quel mondo a
se, ancora incartocciato nei viola e turchesi e cielo appena acceso, i
pescatori si preparano ad uscire a pesca; l’alba li starà trovando già in mezzo
al mare, un mare che ancora intorpidito aspetta il sole come i gabbiani fermi
sulla battigia.
Da queste parti, l’inverno ancora imbianca le
alte cime, mentre già sono spuntate le primule, le prime margherite trapuntano
il verde intenso dei prati.
A lei piacevano le viole, se le metteva tra i
capelli biondi o in mazzolini in casa dentro a un bicchiere; ricordo ancor gli
anni ruggenti dei nostri corpi come radici intrecciate nella terra e quei sogni
che lasciavamo andare via cavalcando un bacio.
Lei sulle mie spalle dalla riva al mare,
scendevamo fino al fondale tenendoci per mano e labbra con labbra a respirar
piano … mi piacevano i suoi capelli che si muovevano come agave nell’aria, e
risalire piano, come a saltar fuori da una nuvola.
Che sogno che sei ancor negli occhi e nel
cuore.
Mi faceva impazzire la sua pelle lentigginosa
e profumata di salsedine; allora cominciavo a contornare di arabeschi desideri
i miei sogni consegnati a bassa voce come un sussurro dinanzi ai suoi occhi che
si accendevano, alle sue braccia che mi prendevano in un abbraccio lungo e
vellutato.
Non glielo dissi mai ma l’amavo più di ogni
cosa al mondo.
Era la nostra prima vera “ estate “ in quegli
anni che sapevano di sale e di fonte; ci cercavamo seguendo i nostri profumi o
rintracciando le parole ancora sospese nell’aria della nostra gioventù.
Quella sera in tanti accovacciati in riva a
un mare che per l’occasione come Merlino ci svestiva, ci colorava di spensieratezza;
tutti attorno a un fuoco mano nella mano
e poi sparire nel buio prossimo fino all’alba.
Quel giorno in una stazione sperduta in mezzo
agli oleandri, il treno si allontanò piano e sbuffando tra campi mietuti di
grano…. Vorrei non fosse mai nato.
Avevo raccolto tutto, perfino i miei sogni,
quella notte di baci e di carezze, i nostri corpi non smisero di cercarsi, si
strinsero in un abbraccio senza respiro, senza tregua. L’alba ci trovò esausti
ancora come la notte ci aveva lasciati.
Restai a lungo ancora a guardarla nuda
davanti alla finestra assorta chissà in quale pensiero a fumare la prima
sigaretta, la guardavo e mi tornava il desiderio di tornarla a stringere, ad
accarezzare i suoi seni…
L’odore del caffè sorseggiato seduti a terra
appoggiati al letto; lei con la testa all’indietro sul materasso lasciava
ridisegnare ai suoi capelli il volto: “ non andar via “ !
Ci fu un gran silenzio e all’improvviso
sentii quasi il freddo della deriva, il mio cuore si restrinse in un morso
breve, un dolore lancinante che per qualche istante lo precipitò nel buio; la
baciai tutta e finimmo nuovamente a terra come la notte su quella spiaggia.
Da un teatro all’altro, di città in città
sconosciute s’andavano consumando i giorni miei, mesi, anni.
Tutto cominciò e finì in quella stazione
sperduta in mezzo agli oleandri.
Da queste parti la Tramontana ruba il freddo
alle vette più alte e lo lascia cadere sulla pianura, sui tetti; dalla finestra
grado i rami degli alberi agitarsi, la sento ululare da dietro i vetri mentre
sorseggio il primo caffè.
Una voce mi chiama amore e per un istante, la
frazione di un secondo m’era parsa la sua voce che fece impazzire il cuore;
l’illusione durò come un lampo… Lei mi chiede quando rientro, mentre davanti a
uno specchio si sistema gli orecchini, mi parla con voce sicura come un
capostazione al macchinista…
Mi vesto e vado in stazione, la solita
animazione di gente che va e viene, la solita scena di vagoni che si svuotano
rapidamente.
Su quella panchina tra una sigaretta e un
caffè mi viene voglia di salire su un treno e fuggire via, tornare al mare.
Di notte la tramontana fa sbattere gli scuri
alle finestre, va via il sonno… nello studio il solito disordine, prendo un
libro a caso, un libro vecchio: “ L’amore tra le mani” su ogni pagina ritorna :
all’uomo che non dimenticherò mai.!
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