Amore che amare sai
Di Vincenzo Calafiore
21Marzo2017 Trieste
“
è possibile innamorarsi tanto? Me
lo sono chiesto a quell’età, non mi sono dato una risposta, ma ancora oggi a
quella domanda io non so rispondere! “
Di quell’estate del
’66 s’erano persi ricordi e profumi, niente tracce di lei, se non che labili
ricordi in certi momenti in cui dentro sale la marea fino agli orli degli
occhi, che potrebbe essere pianto.
Da poco s’erano conclusi gli studi al Ginnasio
sul lungomare, dove da anni seduto a un banco dietro una finestra chinando la
testa riuscivo a guardare il mare e la spiaggia, sottostanti; poi al suono
della campanella di corsa fuori dall’aula fino alla gelateria all’angolo già
piena di studenti e studentesse del Magistrale intenti a prendere un cono pieno
di gelato.
Per gli insegnanti io
ero già perduto ormai da cinque anni nei miei sogni, e non si perdevano
un’occasione per farmi recitare qualche verso dell’Odissea che allora sapevo a
memoria, specialmente quando dovevo recitare di Nausicaa, il mio primo
approccio con quel mondo misterioso femminile.
Lei era sempre al
solito posto seduta sullo schienale d’una panchina di ferro, in jeans e camicia
con le maniche arrotolate fino ai gomiti, capelli biondi legati dietro la nuca
con un laccetto rosso e un pullover gettato sulle spalle; era lì come se mi
aspettasse e alla mia vista la vedevo mettersi in ordine i capelli scivolati
sugli occhi.
In fila a prendere il
gelato, la sentivo parlare e scherzare con le amiche, ogni tanto vedevo la sua
mano passare sulla nuca; poi si avviò da sola alla ringhiera da dove mangiando
il gelato non smise mai di guardare il mare.
La raggiungevo coi
miei libri sottobraccio e il cono in mano, poco distante da lei, la guardavo di
soppiatto, così faceva anche lei …. Senza dirci una parola, fino a quando non
la raggiungevano le sue amiche.
La finestra sbatte
violentemente, mi fa saltare dalla paura sulla sedia! Il tempo è cambiato
repentinamente, qui in montagna è normale e ciò ha un solo significato: sta per
arrivare la pioggia! E una volta che comincia non la smette per giorni.
Indosso un
impermeabile e vado a chiudere il fienile ove sono accatastati legna e fieno,
chiudo anche la stalla ora trasformata in laboratorio e metto gli scuretti alle
finestre bloccandoli dall’interno con un robusto asse di rovere; il camino acceso
pare un melagrano maturo, parla e canta, m’incanta e mi seduce col suo calore
uguale a un’estate nel cuore.
L’inverno è stato
lungo come il tempo di pensare nelle giornate tristi e solitarie in una casa in
mezzo alla neve che è caduta abbondante la ricopriva tutta; quando non mi
esercitavo al pianoforte uscivo di casa per foraggiare gli animali al limite
del bosco, anche i due scoiattoli in casa che si rifugiavano sulle travi più
alte quando iniziavo a suonare il pianoforte.
Era stata una canzone
a riportarmi in dietro ai tempi del Ginnasio e del mio primo amore mai
dichiarato, a quei capelli ribelli sugli occhi, a quelle labbra desiderate e
mai baciate, chissà che fine avrà fatto, se fa ancora innamorare di lei
solamente a guardarla.
Torno a socchiudere
gli occhi ormai a questa età è facile tornare e andare, sognare e
pensare,commuoversi e piangere; torna il brusio delle voci nei corridoi,
visioni di volti freschi e luminosi di vita, che magia è la vita!
Riecheggia la mia
voce in classe e mi vedo lontano, irraggiungibile, vorrei incontrarmi almeno
una volta per risentirmi e rivedermi in quel momento preciso quando cominciai a
sentire amore.
La tristezza è tutta
in quel tempo del verbo volere: “ vorrei “ !
Ed è già sera, il
temporale è passato, e su me ci sono milioni di stelle luminose e a portata di
mano; tutto passa lentamente o velocemente, chissà perché ho sempre l’estate
nel cuore a cui ho dato un nome, come una canzone, come musica.
Una melodia infinita
la vita!
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