Di Vincenzo Calafiore
27 Marzo 2017 Trieste
“ non lasciarmi in un mare travolgente d’emozioni
e prendimi come solo tu sai fare o potresti fare,
affinchè ci siano ancora giorni, ancora sogni, ancora amore….. “
Oggi già ieri, già
domani, in questa vita uguale ove si alternano desideri più o meno di sempre,
quelli irrealizzati, già morti sul nascere eppure così vivi, così dirompenti,
così presenti nelle mie quotidianità, nella mia quotidianità.
Andare via e tornare
con la speranza di trovare qualcosa di diverso aprendo le finestre in un’alba
quasi giunta o ancora da formarsi agli orli di un giorno, di uno scampolo di
vita sperato e atteso in un intimi mante davvero speciale.
La mancanza o l’assenza
di un fortunale che mi allontani da un sargasso lento e mortale è un tempo
quasi irreale ove si consumano o si sono già consumate parole buone come
suppliche, come preghiere per farti ancora rimanere in certi angoli o sprazzi
di immolata gioventù, ancora nelle tue mani, ancora nei tuoi sogni così
distanti dalle mie albe o dal mio albore.
Prendimi con tutti i
miei no o le mie negazioni, piuttosto che lasciarmi in un si ancora da farsi o
da significare; ascoltami e non lasciarmi in un continuo recitar monologhi
assunti dalla memoria come percorso o tragitto, viaggio quotidiano per raggiungerti,
per amarti o sognarti come bacio o carezza che sia, purchè tu rimanga vera,
assetata terra in cui affondare le mani fino alle tue radici.
Tu sai e lo sai, la
conosci bene la strada che a me ti porta che da ogni ovunque ti raggiungo per
poterti amare, per poterti ancora ridisegnare prima che tutto diventi
lontananza o distanza in cui si accumulano sogni e desideri come nubi agli orli
di un’esistenza marginale se tu non sei agli occhi miei svegliandomi.
E’ un morire
cercandoti,
è un desiderarti
immaginandoti,
è vita che si
appresta a divenir eternità volutamente spregiudicata, volutamente cacciata in
un angolo in cui l’attesa di rinascere è quasi reale come quel mio forte
desiderio di trovarmi dinanzi ai tuoi occhi in un incanto o tempesta, uragano
in un urlo strozzato in gola come quel ti amo: momentanea preghiera verso un
cielo che tanto pare siano gli occhi tuoi.
Se solo ieri avessi
immaginato che la mia vita sarebbe stata così dolce e naufraga in un mare che
di onda in onda, in un mare che più che avvicinare allontana, io l’avrei consegnata
nelle mani di un domani in un attimo mio, in un attimo dissacrato, scarno di
poesia, di ingenuità o di vaghe attese a cui tu a volte vieni o da cui te ne
vai senza dolore senza rimpianti.
Allora, tienimi così!
Così come sono, uomo
ancora capace di raggiungerti ovunque tu sia.
Capace di inventarsi
un sogno purchè tu ci sia, esista per essere amata.
Di poche parole, più
di silenzi e di sguardi discreti, in cui ti svesto o ti rivesto dopo un bacio,
dopo una carezza; raggiungimi con quel si tra le mani come un fiore, come un
sorriso o come un si eternamente vita.
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