mercoledì 22 marzo 2017



Quando i sogni, i desideri, si trasformano in parole


Di Vincenzo Calafiore
23 Marzo 2017 Trieste
 

Certi giorni mi rimprovero la mia ostinazione a voler rimanere fuori dai “ giochi “ del mondo dell’Editoria; certo mi farebbe piacere vedere il proprio libro esposto in vetrina, è un’emozione unica del resto già provata diverse volte.
Così pure con il teatro …. Sentire il rumore dei propri passi sul tavolaccio, avvertire il respiro della platea che comprime il cuore e fa tremare la voce, a volte riuscendo pure a bloccarla, a strozzarla in gola.
Ho da sempre pensato che dopo la scalata al successo e alla notorietà, paragonati a una montagna, ci sia  poi la discesa, il declino, l’uscita di scena…
Così da sempre e liberamente scrivo per il piacere di scrivere, e di tanto in tanto apro un cassetto ove sono riposti i miei “ inediti “ uno più bello dell’altro ancora con il profumo delle notti trascorse a scriverli … ben dieci anni per cinque inediti.
E’ una specie di geografia della narrazione, forse uno dei tanti percorsi della memoria che asseconda una geografia dell’anima sin dai titoli forse.
Ma io non ci sono riuscito a barattare la mia anima, la mia maniera di scrivere, per un pugno di felicità momentanea, felicità come un mosaico variegato tra le cui tessere si scorgono magiche visioni di una vita vissuta, ricordi personali.
Scrivo: ed ecco dipanarsi da una tessera all’altra ricordi disseminati per le vie del cuore, per le mie notti africane; ricordi che l’esercizio della memoria, porta su da un fondale buio e freddo con la costanza di un fornaio che sforna pane croccante e profumato, in un’epoca in cui tutto è commerciabile, vendibile, di possibile scambio.
Penso alle mie scelte ma anche a quelle “ piantine” umili nel cassetto al loro diritto di donare emozioni, al mio lavoro da certosino a volte come una piacevole passeggiata narrativa, mentre il mondo continua il suo corso come se quelle piantine e io stesso non fossimo mai esistiti.
Trieste? No, assolutamente no! La felicità sta oltre ciò che i miei occhi sentono e il mio cuore vede, i lettori li chiamano libri, va bene anche a me; anche se dentro di essi si alternano tanti altri racconti di memoria, racconti personali; io li chiamo emozioni.
Ma nella realtà mia queste cose contano meno di un amore o di un’amicizia, le definizioni  … la definizione serve per catalogare le cose, ed io non sono un buon catalogatore.
Non ho mai dato che il giusto peso e valore alle lodi, queste sono cose momentanee, quel che conta sarà invece quel mio amore per la scrittura per dare con questa un senso alla vita; poiché come accade e sempre accadrà coloro che lodano poi a un certo punto non lo fanno più…. E la storia si ripete.
Ma questa è un’altra storia.
Ci sono giorni invece in cui esplode una forma strana di felicità per un sentire dentro, per amore o per amicizia ed è un viaggiare che si fa sogno di un altrove a cui andare come un ritorno a casa, che si traduce in un ciao o in un come stai, o in un ti amo.
Allora l’amore o l’amicizia divengono “ racconto sottovoce “ e vita sottratta alla morte, rifuggi di carta piene di parole e di odori di inchiostri e matite, voci di musiche che esaltano quel  “dentro” sostanzialmente fatto di paure e timori, più di sottrazioni che di addizioni, più di lontananze e distanze che di vicinanze; tutto dentro uno sguardo o una carezza.
Ci sono io, schivo e solitario, taciturno, più cencioso che lucido, ci sono io con i miei pensieri, con le visioni di un altrove ove ancora è possibile amare o dare a una donna felicità con un ti amo. Rimane così il conforto della meta raggiunta che si confonde al sollievo del viaggio concluso: l’essere amato e non lodato.
Perché amare è, e, sia solo viaggio per il luogo a cui tornare e non ripartire: a lei! L’amore che fa degli occhi dighe pronte a cedere …. È felicità!

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