Di Vincenzo Calafiore
09 Marzo 2019 Udine
“… la prigione del tempo, le
quattro pareti sulle quali
scorre
e scivola…e tu un giorno
guardandoti in un pezzo di
vetro
non ti riconosci più.
Ti rendi conto di come
l’invisibile signore ti ha
curvato
e piegato nella sua prigione.
Hai presente un pezzo di legno
del mare? Lo guardi ed è tutto
lì
viaggio,tempo, vita, morte..
anche lui spera d’essere
ripreso
dal mare, per tornare a
vivere.
Solo che noi, una volta sulla
terra
non ci alzeremo più è questa
la differenza! “
Vincenzo Calafiore
Sai, se si potessero
in qualche maniera, abbattere i muri che via via si incontrano lungo il
cammino, se si potessero almeno modificare alcuni tratti del viaggio, forse
certi pesi inutili che in qualche maniera sono addosso, forse avremmo potuto evitarceli
e vivere in un mondo migliore, per lo meno di verso da questo: un’immane
prigione fatta e concretizzata su un’illusione, è uno specchio che riluccica di
luce impropria.
La prigione
accogliente, con quanto di più tecnologico a disposizione, avuto per via delle
gentile concessione dell’indebitamento … in mano a degli usurai legalizzati e
in giacca e cravatta hanno fatto, e continuano a far si che tanti cadano in
questa terribile trappola dell’indebitamento.
Ma c’è chi dice no e
sono coloro che rimangono in piedi in un proscenio inchinato,
sono coloro che
hanno conservato e difeso più di ogni cosa al mondo la loro dignità, il loro
onore, il loro orgoglio e questi sono la “ razza dei sognatori “ che non hanno
mai abbandonato o scambiato un solo loro sogno per un pugno di cose inutili,
come lo può essere l’accaparramento della ricchezza, l’inseguimento del lusso
sproporzionato, ma a quale prezzo?
“All’uomo irrazionale interessa solamente avere
ragione.
All’uomo razionale interessa imparare”.
(Karl Popper)
(Karl Popper)
Ecco, imparare!
Imparare a vivere senza paura, senza vergogna, dopo
aver conosciuto la fame, la miseria, la povertà che sono: dignità!
Vedo la mia immagine riflessa allo specchio e mi riconosco, riconosco l’uomo con la barba
bianca, i capelli arruffati dal vento, la carnagione olivastra, gli occhi
grandi, verdi e mobilissimi, sempre pronti a seguire le strane traiettorie
disegnate in cielo dai gabbiani.
Con la sua vita che ha seguito il ritmo delle onde e
l’intensità della luce del sole, piegandosi ai voleri della luna solo quand’era
tempo di razziare sogni a largo di Orione.
Da qualche tempo non riesco più a scrivere racconti
per un rifiuto personale degli Editori, del successo, della fama, della
notorietà.
Non puoi immaginare come possa mancarmi la presenza
sul tavolo, della Olivetti M80, il rapporto con i miei personaggi, la
conversazione con loro, il gioco assieme a loro, qui in carcere. Il cuore si
inaridisce.
Ad un certo punto mi sono mancate le parole, mi sono
mancati i colori, le immagini, il canto della risacca, i giochi di luce che
ingannano gli occhi, a un certo punto mi è mancato il mare.
Con il mare non puoi bleffare se lo ami, ti ama, se
non lo ami e gli stai vicino ugualmente te lo fa capire senza remore, senza
false ipocrisie.
A un certo punto mi sono reso conto che gli ultimi
romanzi che avevo scritto li avevo scritti per i bambini e non per i grandi;
allora ho smesso perché mi piace scrivere per raccontare sogni.
I grandi, a parte quelli che non riescono più a
scrivere come me, non capiscono più, si sono dimenticati che ci si può
innamorare, che si può diventare una stella filante e fuggire via nel cielo,
raggiungendo Orione.
I grandi si sono dimenticati che il vento parla,il
mare racconta, il cielo ti colora, che le pietre raccontano, scaldano,
guariscono.
I grandi non riescono più nemmeno a parlare tra loro.
Io ho cominciato a sognare e ho raccontato i sogni ma
solo perché ero in galera, e perché i miei compagni di cella volevano sognare…
ecco tutto!
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