Dirsi addio
Di Vincenzo Calafiore
10 Ottobre 2019 Udine
“ … a volte
molte cose
si danno
così tanto per scontato
che si
arriva a perderle… succede
e poi
arrivano gli echi di parole
dall’inferno…..
“
Vincenzo Calafiore
Chissà se il
mare sarà ancora come lo lasciai tempo fa… , a queste ore di notte, oltre il
buio attorno, lascio la stilografica dopo averla richiusa sui fogli già pieni
di segni e parole; in mente tutta la scenografia e i fondali dello spettacolo:
“ Socrates “.
Dal balcone
fumo la mia ennesima sigaretta e mi par di essere affacciato da una nave che
solcando il mare si allontana sempre più dalla vista, è uno sprofondare nel
buio totale, un salto nel buio dei secoli, con la paura addosso dell’ignoto che
attende e trama trappole infernali, per ricondurre all’inferno dal quale un
tempo, una sirena, Amore, riportò alla luce:
Socrates e
Pericles, due grandi, diversi e uniti dallo stesso unico pensiero: la libertà.
Ma c’è un
altro pensiero ed è quello di avere la parte più vera tradita, quella che si tiene più nascosta, quella che ha a che fare
con la musica e la poesia, con la conoscenza, con la vita!
Certe scelte, non scelte si fanno come se non ci
fossero alternative e invece ci sono sempre, solo che a volte il cuore fa finta
di niente e ubbidisce all’ignoto che c’è in noi e quando succede, è un
precipitare all’inferno.
E’ il corso della vita, nel bene e nel male,
nell’amore e nel disperato no.
Come dimenticare di quando andavo per mare
sperando di essere portato via da un’onda, come dimenticare quelle sere in cui
mi addormentavo solo sperando che la mia vita potesse assomigliare alle storie
di un libro che leggevo di nascosto, illuminato da una torcia sotto le coperte.
Nonostante ciò, non ho smesso mai di sperare in
qualcosa, qualsiasi cosa, che qualcuno mi abbracciasse, che qualcuno si
accorgesse di me, della fatica del mio vivere, allora in quella solitudine.
Come dimenticare le piccole vittorie, i dolori
dell’anima che come minuscole gocce d’acqua consumano il cuore, quando nel buio dicevo a
me stesso “tranquillo,ci sono io ” non avere paura! E ce n’era tanta; erano segni che andavano a riempire quel diario da cui poi
attingere, per ricordare a me stesso senza nulla dimenticare.
A queste ore
di notte i pensieri sono tanti ed è come darsi un addio, per sempre ponendo
fine a un mercenario allusivo; e capisco che le cose le puoi vivere mille altre
volte ancora come fosse la prima volta che si incontra la vita con lo stupore
di chi prova amare ancora.
Ma c’è
l’esigenza più per sopravvivenza di voltare pagina di un diario su cui sono
state annotate tutte le sconfitte, le volte che ho perso, per ricordare a me
stesso da dove giungo e cosa sono, essere tuttavia poi, alla fine ricordato senza
alcun rimpianto, senza dover riascoltare la voce della vita che verrà a dirti-
mi spiace, sono stata un sogno sbagliato- !
Io penso a quei
giorni, e li rivivo per non perderli,
anche se ormai sono stati annotati per gli anni che verranno, allora già
assunti come ricordi.
Verrebbe voglia di scriverlo
… - che pena
-
Qualcosa da salvare c’è, ed è l’orgoglio, l’orgoglio di
essere quel che sono!
Ma siamo così arroganti, così stupidi quando
pensiamo che la vita ci appartenga, dimenticando che ci è data solo che in
prestito per gestirla in un arco di tempo, più o meno lungo, tra le infinite
difficoltà generate dalla nostra cupidigia, dall’avidità, che al posto di ali,
ci fa avere delle braccia e delle mani, per stringere e trattenere, o lasciare e
gettare.
E’ la nostra stupidità, la nostra superbia a
farci vedere un mondo come a una finestra socchiusa, una di quelle finestre che
basta una folata di vento che si spalancano e ti mostrano in un attimo tutta la
meraviglia e l’amore che c’è. Che mi potesse bastare la mia immaginazione per
volare … ma certi giorni non arriva vento e ci saranno voci che non avranno mai
un volto, canzoni che non saprò mai quali cuori andranno ad accarezzare,
abbracci che resteranno nella memoria.
Chissà se nel tempo a venire avrò il desiderio e
la felicità nello scrivere, di creare qualcosa, qualsiasi cosa, che non sia più
mia. Qualcosa che poi, quando mi si spezzeranno le ali, perché succederà,
perché succede sempre, io possa rimanere a galla in quel blu che da terra ho
sempre guardato.
E’ un rimanere in mezzo a tanta solitudine, tra
le crepe e gli squarci, i vuoti, i legami spezzati, le inquietudini.
Che ottobre non mi lasci, quella sua malinconia
nell’attesa d’una felicità di dentro! Lontano dalle maschere, da chi sa bene fingere
e recitare le sue parti !
E tu vita ti prego non dimenticarti di quella mia
trascorsa di fronte al mare.
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