QUESTO NON CI SARA’ PIU’
Di Vincenzo Calafiore
24 Novembre 2020 Italia
Questa “ morte rossa “ che ha
ucciso in ogni luogo del mondo, è della mano dell’uomo, ed è parte di un progetto più grande ,
misterioso nei suoi risvolti; non ha solo ucciso e quando da solo si spegnerà
la nostra vita, quella che conoscevamo forse non ci sarà più, inutile
nascondere che ha modificato tutto, oltre a distruggere le “ economie “.
Ma se qualcuno perde,
qualcuno ci guadagna ! E questi saranno i soliti, quelli che controllano il
pianeta tanto sono potenti.
Questo un tempo abbiamo
avuto, ed eravamo così certi e sicuri che non finisse mai che non lo abbiamo
apprezzato fino in fondo, contrariamente a un certo punto ci siamo pure
annoiati tanto quella vita era per noi scontata:
“ Nella
quieta penombra che pure nel bel mezzo di quelle prime giornate odorose di
primavera non abbandonò Piazza delle
Erbe ( Udine) rattrista camminare a
passo svelto ora, nel tempo della peste rossa, senza udire altro suono se non
il rimbombo dei propri passi, rimpiangendo il vocio di donne e di bambini che
fino a qualche tempo fa riempiva i vicoli insieme agli odori schietti e
generosi di cucina che evaporavano dalle finestre socchiuse dei ristoranti e
tra le bancarelle del mercatino, di basilico, maggiorana e rosmarino.
Qua e là, agli sbiaditi cartelli dei bar
e negozi che avvisano di indossare la mascherina, allineati ai bordi della
romantica piazzetta, s’intercalano i vicoli che portano in via Mercato Vecchio,
e non consola riflettere sulla situazione in cui sono recluso e limitato della
libertà di respirare o di abbracciare, stringere le mani, salutare con un
bacio.
Nel silenzio assordante, nel grigiore di
queste atmosfere di decadenza e paure, di terrore dell’altro che fino a ieri
incontrando per strada ci si fermava per abbracciarlo o baciarlo, viene da
chiedersi perché sia stata compiuta una così grande operazione commerciale ai
danni delle popolazioni del pianeta terra; penso ai giardini del Vescovo
floridi, nella luce feconda del giorno e voci di bimbi festanti, imposto a
questo vacuo budello dove, come avrebbe cantato De Andrè – Il sole del buon Dio
non da i suoi raggi?
Eppure basta poco a darsi la risposta, se
appena cambiamo il nostro punto di osservazione. Fermo i miei passi quando sono
nella Loggia del Lionello, appoggio gli avambracci sulle spallette di
travertino guardando verso occidente. Anche questa è una prospettiva inusuale,
tanto è più affascinante la veduta che ci si squaderna ad oriente, in basso la
stradina in ciottolato che s’inerpica silente al Castello, i resti delle
magnificenza Veneziana, a destra mezza
costa sul colle che domina Piazza Primo Maggio in fondo a sigillare il
paesaggio la bella facciata della chiesa Madonna delle Grazie sovrastata dal
massiccio delle Alpi candide d’inverno, verdeggiante d’estate, sempre eleganti
nella loro multicolore livrea autunnale.
Volgo lo sguardo a occidente, e scopro anche qui un paesaggio forse più usuale
e modesto, mi viene in mente con la colonia di uccelli acquatici che si affida
alla corrente per trovare nutrimento nelle acque generose dalla laguna di
Grado, al Golfo di Trieste, da Lignano , e lungo gli argini dei fiumi verso il mare, la
vegetazione ancora oggi ordinata e curata, nelle aiuole fiorite dei parchi e
nei brevi solchi degli orti ci svelerà il segreto di un nome che riscatta
dall’ombra e dalla solitudine a cui la città vecchia non è ancora
definitivamente condannata: Udine. “
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