lunedì 10 febbraio 2025


 

 

 

 

 

Come fosse vita

VINCENZO CALAFIORE

 

Sto commettendo lo stesso errore di cui incolpo me stesso, del compiacermi della mia sconfitta morale

elaborata come un fallimento nel modo in cui i peggiori corrotti che detesto si compiacciono della loro mediocrità.

E’ un suicidio arrendersi alla volgarità e mediocrità, ma è anche la peggiore mediocrità che si possa commettere arrendendosi … io non mi sono mai arreso e ricorro alla fantasia, la fantasia … è lei l’unica salvezza! E’ quello spazio ristretto da cui è possibile la fuga dalle cose morte è semmai una nuova partenza.

La penna si muove nuovamente nella penombra, su una pagina bianca, per la felicità di scrivere una

breve – felicità – ritrovata in una notte sulle pendici del Kamalu mentre vado attraversando i regni del mistero.

Io e il mio sogno, abbiamo rischiato di perderci … intorno a me tutto riposa nella quiete della mia mente. Mi domando cosa sta per accadere o potrebbe accadermi.

Sono seduto come sulla riva di un mare, un oceano-mare, so che è una sera di aprile, una sera che ho già vissuto perché in quell’aprile, nella mia esistenza, accadde un qualcosa di meraviglioso; anche se non  ricordo bene dopo tanti anni, la memoria archivia!

Tento di alzarmi senza riuscirci, ho invece l’impressione di essere dentro lo sguardo divino di Dio.

Non ho mai provato una simile pace, mi sento leggero, nello stato di grazia del salvato e sentivo una musica magica, ero sospeso galleggiavo nell’aria di un fascio di luce che entrava dalla vetrata, come un incantesimo.

La musica afferma Schopenhauer è un’immediata aggettivazione dell’anima, come l’Universo.

Anche l’aldilà diventa un sentimento del possibile; ho cercato di immaginarmelo e sempre allo stesso modo, la stessa visione di una valle tranquilla dove non ci si perde e ci si può stendere su un’erba

Morbida come la neve sotto una luna da sera d’estate, perché questa è l’eternità, un’attesa semplicissima tanto semplice da sembrare assurda eppure lo è, è un qualcosa che si avverrà!

C’è però una domanda alla quale non ho mai saputo dare una risposta capace di scacciare via ogni mio dubbio, avevo tuttavia in serbo un pensiero che poteva essere una risposta … mi fu sempre più chiaro via via che la vita altro non fosse che una messinscena di cui Dio era, è l’abile ispirato regista.

Il suo è un teatro della stupefazione e dell’immaginario e degli accadimenti arcani, ne produceva il verificarsi.

La vita dunque è un teatro che vive nella luce della verità, in cui non ci si può esimersi è senza ombre, trappole, maschere, falsi sentimenti.

Noi, i suoi attori, più o meno in grado di recitare, abbiamo provato a recitare e continuiamo a recitare

In quella luce di verità, smascherando l’inattendibilità della vita., il grottesco del reale quale crediamo sia la vita con le sue false apparenze.

Le visioni messe in scena, trasformano l’ottica mettono in crisi le certezze, proprio di quel mondo da cui costantemente cerco di evadere.

Mi siedo alla scrivania, per cominciare la mia giornata di scrittore, mi sento bene, sereno … e il rito prevede anche l’impagabile caffè del primo mattino, il buon sigaro.

Dopo tanto tempo, mi tornò il desiderio di quegli aromi, di quel sapore e degli azzurri di certe albe, dei rossi del crepuscolo che, quando formavano una sorta di magia intorno alla scrivania e alla penna stilografica, rappresentavano per me una sorta di scrittura sublime a cui aspirare … ma impossibile intraducibile, in parole … è un magnifico viaggio!

Il tema del viaggio, non solo metaforico, è un’ assoluta costante di fuga reale nel sogno.

Mi ricordano,la mia infantile passione per Caboto e Magellano!

Mi viene in mente: Danza della Gioia Cosmica che si tiene nello scenario del Capo Camorin, punta meridionale dell’India: rocce che si protendono nell’amara solitudine dell’oceano.

 

“ Di fronte all’ammirazione della gente per le emozioni che provano per tramite mio, provo una grande solitudine. Apparentemente, tutti sono disponibili a migliorarsi ad elevarsi a nuove mete dove l’egoismo è ignorato, ma poi, in realtà ciascuno pensa a sé, io continuo a rimanere da solo con la solitudine dello scrittore “ ( Vincenzo Calafiore )

  

 

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