Le “ FOIBE “
Di Vincenzo Calafiore
9 Febbraio 2025
Alla domanda che mi è stata più volte rivolta dagli studenti :
< cosa sono le Foibe > ?
Ho sempre risposto alla stessa maniera
“ una forma di memoria ed identità personali cancellate dalla vergogna”.
Cosa sono le foibe? Sono delle grandi caverne verticali tipiche del Carso del Friuli Venezia Giulia che dell’Istria. Originariamente “ Foiba” si riferiva a queste cavità del terreno, inghiottitoi
( Foiba di Basovizza ) carsici, estremamente profonde.
Nel corso del tempo il termine di “ Foibe ” è diventato
sinonimo dei massacri subiti dai cittadini italiani tra il 1943 e il 1947 da
parte dei partigiani jugoslavi con la complicità dei partigiani italiani.
10 Febbraio
Il Giorno del ricordo è una
solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di
ogni anno, che ricorda i massacri delle foibe e l’esodo Giuliano e Dalmata.
Istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, vuole "conservare e
rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle
foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel
secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale". Al
Giorno del ricordo è associato il rilascio di una medaglia commemorativa
destinata ai parenti delle persone soppresse e infoibate in Istria,
a Fiume, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine
orientale tra l'8 settembre 1943, data dell'annuncio dell'entrata in vigore
dell'armistizio di Cassibile, e il 10 febbraio 1947, giorno della firma
dei trattati di Pace di Parigi. Sono esclusi dal riconoscimento coloro che
sono stati uccisi mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a
servizio dell'Italia.
Pertanto:
Alcune
considerazioni appaiono necessarie per stabilire la verità dei fatti e per
comprendere a fondo il “ massacro delle Foibe “ occorre andare a ricercare le cause in quella secolare
contesa tra la popolazione italiana e popolazione slava per il possesso dei
territori di
Nord-Est, cioè
quelli dell’Adriatico orientale. Tutto ebbe inizio con la fine del Primo
Conflitto mondiale, quando il confine tra Italia e Jugoslavia venne delineato
dalla cosiddetta:
“ Linea Wlison “:
gli slavi videro sottrarsi una cospicua detta d’Istria dagli italiani e circa
500 mila slavi si ritrovarono a vivere in territorio straniero.
Durante il tempo
della Seconda Guerra Mondiale, dopo l’8 Settembre 1943 l’Italia firmò
l’Armistizio con gli anglo-americani e i tedeschi assunsero il controllo del
nord della penisola.
Fu in quel momento
che, in Istria e in Dalmazia, i partigiani jugoslavi cominciarono a rivendicare
i possesso di quei territori, torturando e gettando nelle foibe gli italiani
fascisti e non solo…
Con la fine della
Seconda Guerra Mondiale, gli attacchi si fecero via via più intensi e più
violenti, nella primavera del 1945, l’esercito jugoslavo guidato da Tito marciò
verso i territori giuliani.
Tito occupò Trieste
e l’Istria obbligando gli italiani che lì abitavano ad abbandonare la propria
terra.
Molti furono i
cittadini che vennero uccisi dai partigiani di Tito, < i titini >,
gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Gli infoibamenti si
perpetuarono fino al 1947: Tito si impadronì dell’Istria operando una vera
pulizia etnica, sterminando coloro che si opponevano. Il massacro delle foibe
finì nel 1947 quando la Jugoslavia riottenne Fiume, Zara,, Pola, grazie a un
trattato che penalizzò pesantemente l’Italia: il trattato di Parigi.
L’Italia assunse
il pieno controllo di Trieste nell’ottobre del 1954.
NOTA:
Nel
maggio 1945, al termine della guerra, il movimento di liberazione jugoslavo
prese nuovamente il potere nella Venezia Giulia e vi furono nuove violenze e processi
sommari, come nelle altre regioni dell’Italia settentrionale,
da poco liberate. Furono arrestate molte migliaia di persone, alcune delle
quali vennero uccise immediatamente, spesso senza processo, altre vennero
incarcerate o deportate nei campi di concentramento sloveni, come il campo
di Borovnica, dove le condizioni di vita non erano migliori dei lager tedeschi.
In questo secondo periodo, tra maggio e giugno del 1945, le vittime furono
molto più numerose, probabilmente 4-5000. Alcune delle vittime, una minoranza,
furono gettate nelle grandi cavità carsiche sotterranee presenti in tutta la
regione, le foibe: le foibe sono ancora oggi il simbolo dei massacri
compiuti nella regione al termine della guerra.
Le vittime delle
foibe
Nelle foibe
vennero gettati i fascisti e gli italiani non comunisti che erano considerati
nemici. Vittime di queste ondate di violenza e dei massacri
delle foibe non furono soltanto i fascisti e i collaboratori del fascismo. I
partigiani jugoslavi
di Tito colpirono
soprattutto coloro che avrebbero potuto opporsi all’instaurazione di uno stato
comunista: furono perciò uccisi i membri del Comitato di Liberazione Nazionale
(CLN) di Trieste e Gorizia, perché per i comunisti sloveni l’intera Resistenza
italiana non comunista costituiva un ostacolo alla realizzazione di uno Stato
comunista. Le vittime furono soprattutto italiani, militari e civili, perché
coloro che volevano mantenere la regione d’Istria unita all’Italia erano
considerati nemici da eliminare. Secondo alcune ricostruzioni le vittime furono tra
le quattromila e le seimila, secondo altre addirittura diecimila. Tuttavia si
crede che il numero sia ben superiore, furono almeno ventimila i morti tra gli
italiani, e ben 250mila gli esuli. Ad essere uccisi, come
abbiamo detto, furono soprattutto forze militari, come carabinieri, poliziotti
e guardie di finanza, poi i militari fascisti della RSI e i coloro che avevano
in qualche modo collaborato con il regime e che non erano, alla caduta del fascismo, riusciti a scappare. I massacri erano
brutali, prima di essere gettati nelle cavità carsiche i
condannati venivano legati l’un l’altro con un filo di ferro e fatti mettere
sul bordo delle cavità. Veniva aperto poi il fuoco non su tutto il gruppo, ma
solo sulle prime tre o quattro persone della catena che, colpite, cadevano a
peso morto nelle foibe, trasportando gli altri compagni ancora vivi e
costringendoli a morire lentamente tra sofferenze atroci in quelle cavità
carsiche. Tra loro alcuni riuscirono a sopravvivere e a raccontare l’atrocità
di quei massacri.
L'episodio
passato alla storia come Treno della vergogna si colloca all'interno di
questo scenario: nel 1947 alcuni esuli provenienti da Pola approdano ad Ancona,
dove vengono accolti con ostilità. La convinzione diffusa è infatti che la
maggior parte degli esuli sia composta da fascisti in fuga dal regime di Tito, gente ostile
al comunismo e al nuovo liberatore. Da Ancona gli esuli
partono su un convoglio alla volta
di Bologna: si tratta di un treno merci che una volta arrivato in città
permetterà loro di rifornirsi di viveri della Croce Rossa e della Pontificia
Opera Assistenza per i profughi. Ma una volta arrivati in stazione, i
ferrovieri si ribellano, considerando quel treno il treno dei fascisti, come verrà appellato. Parte lo
sciopero e il più importante snodo ferroviario del paese si blocca: le persone vengono
lasciate senza cibo, impossibilitate a scendere dal treno.
Alcuni esuli ricorderanno nei loro memoriali episodi in cui il latte destinato
ai bambini viene rovesciato sui binari e il cibo gettato nell'immondizia, pur
di non essere dato a chi viene considerato fascista.
Reazioni di diffidenza e
aperta ostilità nei confronti degli esuli in tutta Italia fu più frequente di
quel che si immagina. Per questa ragione molti di loro, anche a distanza di
anni, racconteranno di aver vissuto per tutta la vita con il timore di
raccontare la propria storia per paura di subire discriminazioni. Una forma
di memoria ed identità
personali cancellate dalla vergogna.
La storia ci ha
insegnato, poco o niente e lo dimostrano i vari conflitti sparsi per il mondo, di
cui tanto si parla e di cui invece non si parla, e sono le guerre dimenticate,
ma ci sono, e causano morte e distruzioni, dolore. Gridare in Italia e
sbandierando il «pericolo fascista» è pura propaganda una - pretesa già in sé
discutibile nel contesto odierno di una Nazione libera e democratica facente
parte di un’ Europa unita, pacifica e democratica - non può giustificare i
comportamenti e l’odio a priori, a ogni costo, di una certa e obsoleta corrente
politica.
La violenza
politica non è mai sul «lato giusto della storia».
Credo che
oggi l’odio e il rancore di una parte
politica verso e nei confronti di coloro che ancora credono nei valori della
Patria, e nello Stato, siano innegabili; come è innegabile che i moderni
comunisti non abbiano mai fatto una revisione storica, non abbiano mai avuto il
coraggio di ammettere che lì nell’Istria come a Trieste è stato compiuto un massacro su cui è stato
preferibile stendere un velo, come se quelle vittime non fossero mai esistite o
che non ci appartenessero, piuttosto che parlarne.
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