Riflessione
Di Vincenzo Calafiore
26Gennaio2017Udine
27 Gennaio 1945 - 27 Gennaio 2017
“
Come abbiamo saputo, fin da principio, conservarci la nostra ignoranza per
godere di una libertà a stento concepibile, di spregiudicatezza, sventatezza,
audacia, letizia di vita, per godere della vita. E soltanto su queste basi
d’ignoranza, ormai salde e granitiche, di citazioni, ha potuto levarsi fino a
oggi la nostra conoscenza; la volontà di sapere sul fondamento di una volontà
molto più possente, la volontà di non sapere, d’incertezza, di non verità. Non
già come sua sintesi, bensì come suo affinamento. Per quanto infatti anche il
linguaggio qui come altrove, non abbia la possibilità di evadere dalla sua
goffaggine e debba continuare a parlare di antitesi, là dove esistono solo
gradi e una sottile gamma di variazioni di ignoranza, si va per citazioni”.
Non sono queste giornate per
parlare d’amore,
neanche per fare poesia; queste
sono giornate per fare “ riflessione “ venire a capo di un ricordo che pesa o
dovrebbe pesare sulla coscienza o sulle coscienze di questa società sorella
maggiore di quell’altra che ha dato origine alla “ giornata della memoria”.
Questa società che con tutta la sua conoscenza e intelligenza, con la sua
elevata cultura comunque ha permesso delle nuove Auschiwitz ancora da scrivere
nella storia, questa società che votata agli interessi geopolitici e economici
ha permesso ancora guerre e distruzioni, sgozzamenti e bombe umane, bambini
soldati.
E se dobbiamo discutere di cultura,
se dobbiamo fare cultura perché non avere il coraggio di esprimerla fino in
fondo correndo il rischio di essere criticati o giudicati e invece preferire a
questa l’abominevole, orrenda offesa alla cultura stessa, la citazione?
Prova a spiegare dunque alle
nuove generazioni per citazione la Shoah, e con una citazione prova ad
esprimere il dolore, la ripugnanza, il rifiuto verso la violenza in tutte le
sue forme e espressioni, provaci!
Ricordare Auschwitz è ricordare
Primo Levi e il racconto della Shoah
fino alla fine dei suoi giorni affinchè tutti fossero a conoscenza, affinchè
non accadesse più e invece è destinata a ripetersi. Giornata della memoria
quindi per comprendere il “ senso o significato “ di certi orrendi eventi che
si sono ripetuti e per tentare di capire con sforzo continuo della ragione
perché ciò sia potuto accadere.
Bisogna vedere la storia e i
suoi lutti, i lutti che propongono l’onnipotenza dell’uomo, tutti lutti da
giudicare, con la capacità di cogliere e comprendere le catastrofi del tempo;
ma c’è un Dio che non dimentica che si ricorda della cerva che giace nella
polvere e negli esilii e versa lacrime che bruciano più di tutto il fuoco del
mondo.
Il Papa ci ha parlato del
silenzio di Dio, Dio che nasconde il suo volto per tutto il male che
l’imbecille uomo riesce a fare.
La riflessione dunque dovrebbe
essere una costante…. E allora chiedersi se l’Olocausto va visto come essenza
di Dio o come assenza dell’umanità?
Si aprono dinanzi a noi,
angosciosi interrogativi, quelli ad esempio che la coscienza di ebrei, rom,
soldati, bambini hanno trovato ad Auschwitz, un abisso di dolore e di
disumanità, proprio questi dovrebbero sollevare angoscia sull’ontologia del
male…. Non sarebbero così intensi se tutto non fosse in gioco ossia, il destino
dell’umanità, il senso stesso della vita.
Ma tutto questo interrogarsi,
questo sofferto “ balbettare” ci riporteranno all’assurdo non solo umano di
questa storia.
Non giungerà dalla filosofia la
salvezza, la filosofia ha la missione di tenere vive le antiche grandi idee
della sfera etica e di riformulare in accordo nuovi modelli di società.
<< Non ci sono demoni,
scriveva Primo Levi, in “ La ricerca
delle Radici “, assassini di milioni di innocenti sono gente come noi, hanno il
nostro viso, ci rassomigliano.
“ Qualsiasi dittatura contiene
in sé la virtualità di Auschwitz “ !
E’ una meditazione o
riflessione del famoso detto di Adorno, secondo cui dopo Auschwitz non si
possono più scrivere poesie o meglio dopo Auschwitz si possono scrivere solo
poesie su Auschwitz!
Riflettiamoci.
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