martedì 17 gennaio 2017



Oltre il mare ci sei tu

Di Vincenzo Calafiore
18Gennaio2017Trieste

io non posso immaginare un mondo senza te,
Tu che vieni uccisa, sfregiata e umiliata, sfruttata.
Non posso e non voglio che ci siano al mondo uomini
capaci di questo, ma voglio che tu sappia che ancora esistono uomini piccoli che ancora sanno amare, che sono capaci di sbagliare, di soffrire, di chiederti scusa. Uomini che all’improvviso diventano grandi, sorgente di vita grazie a te, al tuo “esserci” un po’ dolce e un po’ amara, un po’ vera, un po’ sogno! “
Un paio di volte al giorno, dalla mia finestra a oriente, posso scorgere il mare; un mare che non c’è  ma del quale sento gli spruzzi in faccia portati dal vento, il rumore del suo infrangersi sugli scogli, l’odore asprigno della salsedine.
E’ questo l’unico segno che mi rammenta il mondo dal quale provengo, un segno discreto, e così lontano e pure così capace di turbare anche se fuggevolmente la quiete in cui sono immerso.
Vedo le onde rincorrersi trasversalmente, quasi a scivolare su una superficie di cristallo, che alzandosi vaporizzano in nuvole bianche, poi il vento quasi per incanto smette di soffiare e lasciandole ricadere in acqua le lascia morire sulla scogliera.
E’ un momento di nostalgia che ha in se la consueta forza di scemare fino a sparire in qualche ricordo; ricordo silenzioso più di quei trenini elettrici con cui sin da bambino desideravo giocarci e non c’è mai stato.
E’ un’immagine in un certo senso indelebile, non saprei immaginare nulla di più vero, di più bello ai pensieri che vado elaborando quando siedo allo scrittoio.
Io lo so, al di là del mare ci sei tu, bella più che mai, fissa in mezzo agli occhi.
Ti guardo, controluce, ancora più bella, più chimera, così mi arrendo proprio come le mie onde davanti agli scogli io davanti ai tuoi occhi.
La luce della lampada da tavolo muove le sagome di tutte le mie immaginazioni lasciate in giacenza nella penombra della stanza, come fossero bagagli dimenticati in un bagagliaio di una stazione sperduta ai margini della mia esistenza.
Mentre là fuori infuria una tremenda bufera di neve vedo il mio paese sospeso tra le nuvole, stritolato da un’atmosfera pesante, mostra una fila di prigionieri che incatenati ai piedi, offrono squarci di un’umanità incredula per il gelo imprevisto: le dimenticanze.
C’è in me un vento incessante che non smettendo di soffiare come un aquilone mi porta in alto nella beatitudine d’una felicità intima e preziosa, dispensatrice di sogni, sei tu amore che vai, amore che vieni fino a quando avrò età.
Reclino la testa all’indietro fino a toccare lo spigolo del muro del mio recinto privato, inattingibile, e sembra che ogni cosa te compresa si avvicini al mio orizzonte.
Così rimango prigioniero di un filo d’orizzonte ove sono certo tu arriverai o arriveresti da un momento all’altro, come lo è certo il mio amarti; mi ci troverai sempre! , ecco perché ovunque io vada c’è un orizzonte.
Non potrei immaginare una vita senza di te! E’ come se alla vita stessa mancasse la poesia.
Perciò per trattenerti mi invento ogni giorno parole nuove che lascio diluite in un calamaio affinchè diventino inchiostro con cui scriverti tutto il mio sentire; perché sia certezza e non diventare come già accade di uomini e cose ridotti  a “ sagome” come se ciascuno fuggisse da se stesso come dal peggior nemico ….. da un mondo senza amore.
Io sono felice anche se qui allo scrittoio, davanti a un mondo che scivola via indaffarato  ad invitare sempre di più un ospite inquietante nella sua casa, nella sua interiorità: il nichilismo.
A salvarmi da ciò sei tu, e basta che ti muovi, che tu sorrida, che mi guardi che già cambia tutto, si comincia a respirare un’aria pura, anche nella pace di una badia in cui ogni volta il tuo sguardo mi pone, nella serenità di una congiunzione con il resto del mondo.
A volte non so se ciò che accade tra noi  sia vero o è sogno, ma è anche vero che io e te siamo ove il vero e il sognato si mescolano facendo sbocciare ogni giorno quel grande amore.
E’ di questo che si tratta, è questo che siamo.
Solo tu sai cosa io sono, solo tu sai farmi sognare o darmi forza nelle mani per continuare a nuotare in questa mia esistenza…
Sei quel rigoglio di visioni , scandite come metafora del viaggio verso il cuore dell’esistenza, della mia esistenza, in cui regni sovrana.

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