Dimmi come fai
Di Vincenzo Calafiore
17 Giugno 2017 Udine
A quest’ora di notte, che si avvia piano verso l’alba c’è la
necessità pare, di pensare.
E’ una notte senza respiro, che si aggira attorno a un
pensiero non del tutto definito, che custodisce in se il disaggio che ha in se
l’incongruenza.
E’ un pensare ad una felicità dalle diverse sfaccettature
che nelle sue diverse forme di farsi avvertire a volte è ombra di se stessa o
una quasi percettibile presenza nell’animo.
E’ difficile di per se già il cercare d’esserlo felice,
immaginarla poi a pieno anche come presenza fisica, come fosse una donna
…. Che disastro.
A volte la sensazione d’essere felice è così forte che mi
leva il respiro e quasi un sentirmi aquilone, mentre altro non sono che un
passeraccio in cerca di briciole nell’aridità quotidiana ove tutto è
centellinato e scandito il tempo da ritmo che concede poco.
E’ un imbattersi nella continua ipocrita “ apparenza “
invece dell’ “ essere “ quel verbo assai difficile da coniugare o solo
immaginare di “ essere”, esistere, in questo pandemonio di diversa incertezza.
La felicità dunque “
One- Way “ è una parvenza,
un’arrampicata ad un palo della cuccagna!
Difficile da raggiungere in questa notte piccola come una
noce, dal gusto amaro del vecchio, dello stantio.
Fa paura la sua aridità.
Indecifrabile il linguaggio, l’assurdo impegno ad alzare
muri alti a difesa di un’esistenza scialba e profana.
Intanto il tempo continua silenziosamente a scivolare nelle
sue stesse dissolvenze, e ogni mattino diviene quasi un cerimoniale lo scoprire
in tutta la pochezza l’incongruente esistenza; la voglia di fuggire verso un
altrove inesistente o immaginario suffragato dalla propria intima convinzione
che così “ essere “, esistere, sia la cosa migliore o l’aspetto migliore,
quando in realtà altro non è che un “ niente “.
Una vita così non vale proprio niente.
Non è possibile un’esistenza senza amore.
Quello che manca a questa notte è l’amore, ma è il talamo
ove ci si sdraia ogni notte sempre più distante, sempre più dall’esserlo.
All’alba quando il polmone comincerà a respirare, tutto
appare completamente diverso, come quasi a non riconoscersi più, come a non
sapere se ho dormito o sono rimasto sveglio ad interpretare la notte o
solamente l’averla attraversata come funambolo o vissuta come un saltimbanco, giocoliere.
La verità sta nel mio “ essere”, lo so d’essere di poche
parole, di vivere da estraneo in questa corte di allocchi, in cui si
avvicendano solo che comparse almeno ci fosse un attore vero in grado di
recitare e interpretare la parte che più piace, la parte più intima, come fosse
sempre un esordio.
Mi basterebbe una penna e un foglio di carta per disegnarmi
e descrivere la vita che voglio, ma in questa notte bugiarda non trovo l’occorrente
per poterlo fare, ma non c’è neanche il desiderio.
Forse è di te che mi sono stancato ed è forse il desiderio
di spedirti all’inferno… intanto sta facendo capolino all’orizzonte l’alba e tu
notte portoricana ti ritrai come un sipario dentro una scomparsa e lì resterai
dominata, rinchiusa come talpa fino a quando la luce ti concederà la
possibilità dell’ultimo valzer.
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