Non
aver paura della solitudine
Di Vincenzo Calafiore
29 Giugno 2017 Udine
“ E’ possibile credere nel Progresso,
e non nel progresso materiale, ma morale degli uomini?
E insomma, è utile o vano lo sforzo per conoscere
Il Male e per contrapporre ad esso il Bene?
E da quali fonti si può attingere la forza per combattere il male,
e la speranza di far trionfare il Bene tra gli uomini, se non oggi,
in un futuro migliore? “
Quante volte a un certo momento viene ad aggredire la brutta sensazione
di sentirsi soli e avere allo stesso tempo paura della solitudine?
La solitudine o della solitudine non bisogna avere paura, poiché è in
essa che risiede il benessere e la serenità, la possibilità di ritrovarsi e
fare conoscenza di se stessi.
Per tanti la solitudine è un fatto monocromatico, un qualcosa che non
cambia mai di tonalità e quando ne avvertono la presenza o il sopraggiungere
vengono colti dallo stesso sgomento che probabilmente proverebbero di fronte
all’imminenza di un evento minaccioso.
Oggi in questo “ sistema idiota “ pur di non rimanere soli si ricorre a
degli “ riempitivi “, e ugualmente ci si
sente soli perché è lo stesso sistema a causarla o volgarmente a produrla in
abbondanza, tanto da fare ammalare o morire di solitudine in certi casi.
Per affrontare il grande senso di angoscia collegato a questa – sensazione
- si cerca compagnia nelle persone o in
quei rumori di sottofondo atti a rompere l’opprimente silenzio, un programma
televisivo qualsiasi, uno stereo acceso, una radio! Ma se invece di questi,
tenessimo fra le mani un buon libro o ascoltare la voce dell’acqua scorrere?
In maniera diversa si comportano quegli individui che accolgono la
solitudine di buon grado, con entusiasmo, viverla come un momento di grande
spiritualità per esorcizzarla forse, per fare di essa strumento o situazione
per rinascere dopo approfondita presa di coscienza, per capire quanto stupido e
crudele sia quel contorno da cui sempre si vuole fuggire.
Ci sono anche gli “ Artisti dell’evitamento “ che vorrebbero cancellare
le emozioni diluendole in una specie di anestetico attraverso l’isolamento
forzato dai contatti e da un fare frenetico che li impegni in maniera
totalizzante.
La più bella solitudine è quella di una spiaggia all’alba o al tramonto,
accompagnata dalla voce o dal canto della risacca, questa solitudine forzata
priva del colore e della musicalità che stanno nella socialità, nell’amore.
Costringe a giocare l’arte dell’evitamento ricorrendo a riempitivi
buoni a coltivare l’illusione della vicinanza con persone che come loro sono
alla ricerca di un antidoto all’angoscia o alla paura, terrore, di trovarsi
soli.
Navigare senza meta con l’immaginazione, il sognare o il desiderare di
trovarsi su un’isola deserta a contatto con il mare, sarà migliore del
ricorrere a sostanze stupefacenti o chimiche che stordiscono e immergono l’individuo
in un mondo di sensazioni allucinatorie ove la solitudine non può trovare
alcuna collocazione.
In ogni caso sia che si adottino strategie inibitorie sia esibizionistica,
le tipologie umane sono accomunate dallo stesso denominatore: la dipendenza.
La solitudine o la meravigliosa solitudine aiuta a prendere le dovute
distanze dalla stupidità insistente di oggi, aiuta a entrare in contatto con se
stessi per fare i conti con le proprie emozioni, valutare le proprie scelte.
Se ogni individuo, riuscisse ad interrogarsi sul perché non riesce a
stare solo, potrebbe allargare l’orizzonte fino a chiedersi perché non sappia
stare in armonia con gli altri … probabilmente osserverebbe che la
responsabilità è anche di questo sistema di tutto e di tanto e di niente!
L’estraniazione
non è solitudine. La solitudine richiede che si sia soli, mentre
l’estraniazione si fa sentire più acutamente in compagnia di altri. Nella
solitudine si può essere insieme con se stesso, perché l’umano ha la capacità
di parlare con se stesso o di ascoltarsi. Nella solitudine in altre parole,
sono con me stesso, mentre nell’estraniazione sono effettivamente abbandonato
da me stesso e da tutti. La riflessione si svolge in solitudine ed è un gran
dialogo fra me e me o fra me e Dio.
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