La Verità, secondo
Socrate
Di Vincenzo Calafiore
06 Settembre2017 Udine
«… la filosofia ha la sua ragion
d'essere, e bisogna anzi riconoscere che chi non è passato per la sua strada
rimane incompleto per sempre» (Jean Piaget, "Saggezza e illusioni della
filosofia", 1965, Einaudi 1969, ed. 1975, p. 11). «Il filosofo troverà
nella storia del pensiero scientifico… la spiegazione dell'ordine e del
significato dei problemi della filosofia» (Federigo Enriques, "Il significato
della storia del pensiero scientifico", 1934, Barbieri 2004, p. 31). «…
tutti i grandi scienziati sono stati anche filosofi e hanno tratto ispirazione
dallo spirito filosofico» (Moritz Schlick, "Forma e contenuto: una
introduzione al pensare filosofico", 1932, Boringhieri 1987, p. 146). «Il
pensiero è grande, agile e libero, è la luce del mondo e la più importante
gloria dell'uomo» (Bertrand Russell, "Dizionario di logica, fisica e
morale", 1952, edizione 1993, Newton Compton 1999, p. 176). «… un insegnante
di filosofia… può insegnarci soltanto l'attività o arte di pensare… Immanuel
Kant… aveva detto di poter insegnare non la filosofia ma soltanto a filosofare»
(Moritz Schlick, "Forma e contenuto", p. 147).
“„Nessun uomo riuscirà a salvarsi qualora vorrà opporsi
lealmente a voi o al popolo e impedire che nella sua patria avvengano
ingiustizie e illegalità. “
Sviluppatasi sul terreno della sofistica problematica umana e
politica in Platone l’istanza socratica di oggettività si fa confronto
privilegiato con la matematica. In un mondo qualitativo la ragione filosofica
di Aristotele prelude poi alla ragione scientifica ellenistica. Il discorso
teorico di Aristotele sullo assiomatico metodo della matematica prefigura la
sistemazione pratica di Euclide di Alessandria. Aristotele fu il primo ad
interessarsi in maniera sistematica di metodo matematico: Aristotele trasse il
proprio modello dalle dimostrazioni geometriche ed offrì un primo abbozzo della
logica quale scienza del ragionamento matematico; gli Elementi di
Euclide furono la prima concretizzazione di questo modello. Tuttavia la
limitazione della logica di Aristotele alla forma soggetto-predicato ben marca
lo scarto tra il mondo qualitativo aristotelico ed il mondo relazionale della
scienza. Si sottolineava che nell’età della nascita delle scienze moderne alla
logica tocca di essere assimilata sempre più alla retorica: logica e matematica
divergono; causa ed effetto della divergenza è la restrizione linguistica della
logica tradizionale alla analisi della struttura soggetto-predicato delle
proposizioni; il linguaggio delle nuove scienze è viceversa essenzialmente
relazionale. Quindi la verità come definizione se finisce
per connotarsi ideologicamente e sfociare nel puro formalismo dell’eristica dei
sofismi e della controversia per la controversia, concentrandosi sull’uomo,
rinunciando ad ogni riferimento all’essere e lasciando sullo sfondo il problema
dell’oggettività la sofistica apre la strada alla riflessione di Socrate.
Socrate (469-399 a. C.) opera nella Atene del V secolo
avanti Cristo: l’Atene della democrazia, l’Atene di Pericle, l’Atene della
guerra del Peloponneso, l’Atene dei Trenta Tiranni e l’Atene della restaurata
democrazia. Socrate è assurto a simbolo e dell’uomo e del filosofo: Socrate è
filosofo in quanto è uomo ed è uomo in quanto è filosofo. Moritz Schlick
indicava in Socrate l’esempio più tipico di mente filosofica: Socrate si dedicò
alla ricerca del significato; mirò a scoprire le effettive idee degli uomini
quando discutevano di virtù e bene, di giustizia e santità, e con il famoso
esercizio dell’ironia mostrò ai discepoli la loro inconsapevolezza
dell’autentico oggetto delle loro più decise affermazioni e convinzioni.
Socrate vuole suscitare il dubbio e stimolare alla ricerca. Socrate ha il coraggio
di essere uomo e di accettare l’umana incertezza; e per essere pienamente uomo
e rispondere all’incertezza con la ragione si fa filosofo. Per Socrate l’uomo
ha in sé il criterio dell’oggettività; ma l’oggettività è una conquista
continua; l’enfasi di Socrate va in questo modo sullo scavo interiore e sulla
ricerca. La ricerca è per Socrate momento essenziale della vita e
dell’esperienza umana. Socrate non scrive nulla: agli scritti si consegnano le
dottrine, e la sostanza dell’insegnamento socratico non sono teorie definitive
ma è il pensiero umano, l’atteggiamento critico, lo spirito della ricerca. Al
suo insegnamento dello spirito della ricerca ed all’indipendenza intellettuale
è riconducibile l’accusa a Socrate di corrompere i giovani e di non riconoscere
le divinità tradizionali: nell’Atene della democrazia ripristinata dopo il
potere dei Trenta Tiranni Socrate è processato, ritenuto colpevole dei capi
d’accusa e condannato a morte. Alla morte per avvelenamento da alcaloidi della
cicuta Socrate avrebbe potuto sottrarsi: dopo la sentenza che lo aveva
giudicato colpevole poteva così scegliere l’esilio; ma la scelta di una pena
alternativa alla morte significava sempre ammettere colpevolezza, e Socrate
ravvisava la propria innocenza; rivendicava anzi il riconoscimento del valore
della propria attività di stimolo delle coscienze; e la sua rivendicazione
dell’importanza della funzione da lui svolta suonò provocatoria e portò a
votarne appunto la condanna a morte con una maggioranza più netta della
maggioranza con la quale il tribunale lo aveva giudicato e sentenziato
colpevole. Nel processo Socrate aveva affrontato da solo la propria difesa: l’Apologia
di Socrate di Platone riporta appunto la difesa che Socrate fa di se
stesso; Socrate pronuncia un discorso per difendersi dall’accusa, un discorso
sulla pena ed un discorso dopo la condanna a morte. L’esecuzione della condanna
a morte di Socrate dovette attendere il ritorno della nave sacra partita per le
feste Delie del mitico Teseo: Socrate aspettò in carcere per un mese, rifiutò
la fuga propostagli dagli amici ed infine si congedò dai familiari e
serenamente bevve la cicuta. Per Socrate ogni uomo doveva cercare in se stesso
le proprie risposte. L’accento sull’individuo, l’appello alla ragione, il
richiamo al libero pensiero critico potevano così far considerare Socrate una
minaccia per la coesione dell’Atene della democrazia ricostituita dopo il
regime aristocratico dei Trenta Tiranni instaurato in Atene da Sparta che su
Atene era uscita vittoriosa nella guerra del Peloponneso tra il 431 ed il 404
a. C. Nella crisi dei valori tradizionali la scelta razionale indicata da
Socrate diveniva effettivamente il criterio di riferimento per il nuovo sistema
di valori. Il criterio della coscienza personale aveva in questo senso
presieduto alle scelte indipendenti che Socrate aveva fatto nella vita. Socrate
era nato ad Atene nel 469 a. C. dallo scultore Sofronisco e dalla levatrice
Fenarete. Socrate ebbe una buona prima formazione; finché non si dedicò
completamente alla filosofia fu scultore come il padre. La giovinezza di
Socrate trascorse nella grande età di Pericle; e Socrate si allontanò da Atene
solo per servire la patria come soldato. Durante la guerra del Peloponneso
Socrate combatté così con valore, coraggio ed abnegazione; dopo il 421 a. C.
sposò Santippe, da lei ebbe tre figli e con la famiglia visse di una piccola
eredità. La vocazione di Socrate era naturalmente la filosofia; e le sue
migliori energie furono da lui impiegate nel dialogo filosofico pubblico per educare
a pensare e a prendere coscienza di sé. Socrate ebbe tuttavia anche incarichi
pubblici; ed anche qui non si smentì e mostrò tutta la propria autonomia. Così
Socrate da pritano del Consiglio dei Cinquecento solo si oppose alla sommaria
condanna a morte a furor di popolo degli strateghi ateniesi vincitori degli
spartani nella battaglia navale delle isole Arginuse nel 406 a. C. ma ritenuti
colpevoli di non essersi impegnati nel salvataggio dei soldati finiti in mare;
e nel 404 a. C. sotto i Trenta tiranni non temette di rifiutare all’antico
amico Crizia loro capo la collaborazione dell’arresto del democratico Leonzio
di Salamina. Suggello dello spessore della personalità di Socrate fu infine la
sua fermezza nell’intera vicenda del suo processo e della sua condanna a morte
nel 399 a. C. Il filosofo scozzese dell’Ottocento James McCosh attribuiva a
Socrate sommo amore della verità, buon senso e disprezzo della presunzione e la
conclusione che verità può trovarsi solo in ambito etico. Socrate ebbe pure
interessi scientifici. Degli interessi naturalistici di Socrate testimonia la
sua frequentazione dei fisici e la lettura di Anassagora. Socrate avrebbe poi
ben giovane incontrato Parmenide e Zenone di Elea ad Atene. Entro la
problematica impostata dai sofisti matura in ogni modo il fondamentale
interesse di Socrate per l’uomo.
La riflessione di Socrate muove dal riconoscimento della
necessità di conoscere se stessi e di prendere coscienza dei propri limiti: il
vero sapere è il sapere di non sapere. Il sapere di non sapere è ben la dotta
ignoranza che Socrate vuole estendere ai propri interlocutori. Nel dialogo
Socrate riconosce appunto di non sapere; e così può con ironia fingere di
accogliere le idee degli interlocutori, procedere con la dialettica ad una
confutazione che evidenzi la debolezza delle idee in questione e portare gli
interlocutori ad avvertire la propria ignoranza e l’esigenza di fare i conti
con se stessi per trovare le proprie risposte. Come arte della confutazione e
del dialogo in genere la dialettica è da Socrate impiegata anche positivamente
per aiutare gli interlocutori a partorire la verità: l’arte di aiutare a
partorire è l’arte della levatrice o maieutica; come la madre Fenarete era
levatrice e aiutava a partorire, così Socrate pratica la maieutica ed aiuta a
dare alla luce la verità. Verità è tuttavia definizione oggettiva: Socrate pone
la domanda: che cos’è? Per Socrate una definizione non è però una risposta
definitiva alla questione di che cosa sia una cosa: l’importante è interrogarsi
sul vero carattere delle cose, è cercare di cogliere quanto essenzialmente
distingue, accomuna e rende tali le cose, è ben sforzarsi di superare la
visione parziale, il punto di vista particolare per guadagnare una prospettiva
generale e giungere ad un concetto od universale delle cose. L’affermazione
dell’esigenza di ricercare una definizione dei valori esprime tutto il
razionalismo di Socrate. Il razionalismo morale riporta le scelte e la condotta
dell’uomo alla ragione: per Socrate è solo ragionando con se stesso che ogni
uomo può decidere consapevolmente, chiarirsi su come agire e comportarsi,
arrivare a sapere che cosa deve fare. L’accento sulla ragione porta così
Socrate a ricondurre la virtù al sapere: la persona virtuosa è la persona che
sa cos’è bene fare. Chi sa cosa è bene fare, chi conosce il bene non può però
per Socrate che fare il bene: conoscere il bene e non farlo sarebbe andare
contro se stessi, volersi far del male; il bene e il male sono, infatti, il
bene e il male di tutti. Per l’idea che la conoscenza del bene porta
necessariamente a fare il bene, e che quindi non si fa il male volontariamente
ma solo per ignoranza, si parla di intellettualismo etico di Socrate. La vita
etica impone per Socrate una presa di coscienza di cosa sono i valori: per
agire bene, vivere bene ed essere felici nelle varie situazioni non possiamo
prescindere da riferimenti morali razionali ma dobbiamo interrogarci sul
significato, chiarire il concetto, approdare ad una definizione delle virtù
umane per sapere, farci un’idea di che cos’è per l’uomo giustizia, coraggio,
santità. All’altissimo esempio di uomo si accompagna così in Socrate
l’espressione di una fondamentale esigenza di oggettività che si esplica nella
ricerca di definizioni linguisitico-concettuali.
Nessun commento:
Posta un commento