Come dagli occhi di
un gabbiano
Di Vincenzo Calafiore
17 Settembre 2017 Udine
“ come dagli occhi di un
gabbiano t’amo!
E t’amo come una prigione,
come desiderio, come sogno. T’amo e non c’è più terra, solo mare sempre
in movimento, sempre diverso,
sempre più gabbiano
nei tuoi occhi infiniti…. “
La pioggia scivola sui vetri patinati di nicotina, c’è un
via vai dietro le quinte, cambi scena repentini turbano le mie ballerine nude che
si aggirano senza pudore, come perle sfiorite dietro gli occhi.
Quasi a non riconoscermi
son volati via in un colpo d’ala gli anni; nel mio incantato giardino sfiorito
nell’abbandono, ed è quasi sera e sono qui a dirti :
Buonanotte Amore!
Buonanotte a te ovunque
tu sia,
buonanotte a te che te ne
stai da qualche parte dell’infinito a cui stento andare nonostante i colpi
d’ala per innalzarmi sempre più nel tuo cielo.
E guardo questo amore
come un mare,
ti guardo come mare come
dagli occhi di un gabbiano!
E tu dove sei Amore che
di me sai e conosci i desideri, il coraggio di vivere, il mio tornare.
Sei le mie prigioni
turche o quelle di Kabul senza luce senza mare!
Care le mie puttane
ballerine, profumate e incipriate fino all’ultimo tocco,
care le mie puttane
prigioniere di un bordello dei bassi fondi di Napoli, che si animano nella mente
e come marionette ubbidiscono ai miei desideri, al mio compiacimento
voluttuoso, sempre appese a un muro cadente come è decadente il pensiero di
poter tornare a volare sopra un cielo ancora da farsi.
Io ti trovo Amore mio in
quelle strofe di poesie di bambini con un mitra nelle mani, ma tu spiegami,
dimmi perchè sono come uno di quei
prigionieri che hai conosciuto e amato nelle strade, nelle piazze, nelle galere,
nei campi di sterminio, nei manicomi, negli ospedali di questo mondo visto
dagli occhi di un gabbiano che appena lo sfiora alto per restare a volare.
Per amarti o poterti
amare, vivo da prigioniero che non accetta nessuna prigione che vive in un mondo
suo rovesciato, come nei miei occhi
rovesciati all’indietro.
Io che mi sono perduto
avventurato nella rischiosa strada che porta a un Regno dell’Oltre da cui si
può anche non fare ritorno, potrei amarti ancora, potrei volare, potrei
sognare.
Tutto nasce e muore in me
come su una strada larga e sempre più larga rompe gli schemi per dare spazio a
una visione da sogno, da acido, da follia; e mi pare anche più profonda la
cognizione del dolore nel lasciarti andare, nell’aspettarti in qualche alba
propizia.
Ti ho vista spogliarti nella
lunare passione, immersa in un sogno che non mi abbandona: Amarti!
Gaia e serena danzare
agli occhi di una fiaba da raccontare e raccontarmi fino al serrarsi degli
occhi sui tuoi seni tondi come il mondo.
Quante volte davanti ai
tuoi occhi mi sono sentito come un libro mai letto!
E quante altre volte da
un oblio ho potuto vederti sorgere improvviso come un bagliore di vita!
Lo scrivere è per me un
modo di lottare e sconfiggere l’isolamento, lottare e vincere il tempo anche
solo per un istante, un modo per ricongiungermi con le mie puttane con vecchi,
barboni, pazzi che sono come me e come me ti guardano come dagli occhi di un
gabbiano.
Ora non volo più,
ho smesso di scrivere.
Buonanotte a te che te ne
stai rinchiuso in una preghiera, più volte recitata.
Io ti guardo come dagli
occhi di un gabbiano e provo a volare.
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