Appresso, appresso
Di Vincenzo Calafiore
1 Novembre 2017 Udine
“ … per questo io sono ancora qui
ad aspettarti, per il tuo profumo, per i tuoi occhi, per la tua pelle …
che non ho! “
Era emozionante l’attesa,
lì davanti a un mare calmo e sereno, dall’altra parte le sagome geometriche,
alte e basse, lineari, come fosse un presepe.
Si! Era davvero un’emozione
attendere la luce che illuminava il proscenio e un mare che dividendo univa, allora
come oggi, come le parole a volte fanno.
C’è sempre qualcosa da
raccontare, se ancora adesso dopo una vita “ ciò “ è ancora lì in quel
proscenio memorico, è di amicizia che si tratta è di vita che pur dimenticata
in una di quelle stazioni lontane ai confini della memoria, è ancora lì uguale,
ugualmente piena di vita e di emozioni e ancora con le stesse voci, con la
stessa età.
Nel frattempo quel che
ero all’inizio è ancora per certi versi appeso a una parete in attesa di un’alba
come quelle da un balcone affacciato al mare, io non lo sono più perché crescendo
incontrai lei: la parola.
Così appresso a lei ho
attraversato città viste dall’alto, sospeso su un filo di vita sopra un baratro
di immane solitudine, in perfetto equilibrio, conscio che sarebbe bastato un
leggero sbuffo di vento che potrebbe farmi precipitare.
Da funambolo prima,
saltimbanco e giocoliere poi, quando decisi di scendere su quelle diagonali e
incroci, pullulanti di formiche impazzite come un fiume che nei versi contrari
si mescolava e si rigenerava.
Io agli angoli di quei
marciapiedi, raccontai con le mie parole le emozioni che hanno i versi che di
notte nei sottoscale, trascrivevo su fogli di carta portati dal vento; erano
parole genuine come coscienza, come amore, come amicizia, ma lei ancora tardava
a venire.
Costretto o forse meglio
spinto da quel desiderio che si chiama Amore tutte le volte ritornavo in dietro
con la speranza di incontrarla e riconoscerla fra mille, riconoscerla dal suo
profumo, dalla sua maniera di muoversi, dalle sue mani grandi, dalla sua pelle
morbida e vellutata come onda che copre e scopre nuove emozioni.
Così a questa maniera tra
un andare e tornare, a volte quasi a raggiungerla per perderla nuovamente, sono
passati lesti lesti gli anni, ma è la mia vita, la mia vita che se ne va.
Se tu sapessi quante
parole ancora ho da dirti,
se tu solo potessi
sentire il mio cuore in accelerazione quando le narici avvertono il tuo
profumo,
se tu potessi udire le
parole che per te ho raccolto nella memoria, allora ti fermeresti …. Ti fermeresti
ad ascoltarmi recitare per te e solo per te quel che il mio cuore e la mia
anima serba per te.
Ma tu sei di un altro!
Un Mangiafuoco che a
volte in sembianze di nano ragioniere riesce ad affascinarti, a farti rimanere
alla sua corte, prigioniera dei suoi giochi, delle sue trame a te ignote e da ignota
vai.
Tu non riesci a sentirmi,
non riesci a vedermi, e
mi lasci lì in parte in quello strano gioco del si e del no, o del voler
prendere e poi lasciare.
Che strano.
Eppure nonostante “ ciò “
io sono ancora qui saltimbanco e giocoliere, forse anche parola di cui ci si
dimentica o si ricorda, la si recita e la si pronuncia a fior di labbra come
fosse rossetto del colore che vuoi per il giorno o per la notte quando tra le
lenzuola sogni gli abbracci e i baci, quando sogni l’amore e ti svegli con la
bocca di sabbia e cerchi acqua che come parole vanno dritte al cuore.
E’ la mia vita che se ne
va e tu ancora non sei!
Appresso appresso gli
anni uno dietro l’altro infilati dentro la cruna di un ago che non riesce a
trattenerli, cadendo in un precipizio svaniscono, come me ad ogni alba come
fossi una parola che il vento si porta via.
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