A volte un sogno si
attarda
Di Vincenzo Calafiore
24 Novembre 2018 Udine
“ Pensi che io forse non
abbia argomenti
su cui scrivere. Dovrei forse
scrivere
della violenza, del sopruso,
della mancata umanità,
della povertà, della miseria,
della pedofilia, della violenza
politica? Ma ti rendi conto
che si tratta di pattume,
di dissacrazione di ogni
ordine di quei sacrosanti principi,
dei valori, di una umanità
ormai troppo violenta?
Ecco perché scrivo e parlo di
sentimenti che sono: l’Amore
e l’amicizia … di cultura,
di poesia! Che altro c’è o ci
è rimasto di cui valga la pena
di parlarne? ” Vincenzo Calafiore
La cosa più bella è
addormentarsi con quel pensiero in mente!
Svegliarsi ed avere
ancora la testa persa nella dolcezza dell’ultimo sogno che si è attardato a
uscire di scena.
In questo teatro di
periferia, noi attori di terz’ordine, ci siamo andati in scena tante di quelle
volte che si è perso il conto e ancora siamo qui, con tutta la nostra
esistenza, con le trascorse esperienze più o meno belle come lo è stata e lo è
ancora la nostra vita, una vita da “luci della ribalta..”.
E ancora dormiamo
tutti assieme nelle poche stanze che possiamo permetterci, con la nostra
intimità tutta sotto un lenzuolo o una coperta, che mai sarà o è stata violata;
e in quelle stanze ci cuciniamo il pasto misero e nobile allo stesso tempo.
C’è sempre una
finestra da cui guardare il cielo di notte, quando uno di quei sogni belli e
felice s’attarda ad uscire di scena e costringe invece il cuore a tenerti sveglio,
perché in quel sogno c’è un amore a cui andare o da tenere ancora affisso negli
occhi e nell’anima, c’è una donna che chissà da un qualsiasi altrove sarà lì
anche lei a guardare il cielo e a sperare in un tuo ritorno o arrivo, prossimo
o imminente che sia.
Noi e il cielo!
Separati da una
finestra, da una semplice lastra di vetro… a guardarla bene una finestra di
tanti riquadri e in ogni riquadro una scena diversa, e quindi tanti
palcoscenici da cui poter guardare il mondo, la vita che c’è oltre, o il sogno
da raggiungere, l’amore che non c’è, l’umanità perduta in un rigagnolo di
sangue che lento scorre lungo tutti i marciapiedi, che macchiandoli, putrefatto
esala un odore che sa di morte.
E’ notte alta ed è
quasi l’ora di andare in scena, e noi siamo qui, tutti … funamboli e saltimbanchi, giocoliere, la
ballerina sul ghiaccio e il domatore di leoni, l’attore di classe e l’attore
pezzente, tutti qui pronti ad andare in scena su questo palcoscenico sconnesso
e senza suggeritore, ognuno con la nostra parte da recitare a ruota libera,
nulla di scritto o imparato a memoria, è tutto vero è tutta vita, limpida o
opacizzata dentro in un bicchiere troppo piccolo per contenerla, un bicchiere
di vita da mandare giù e sbronzarsi di vita più che di morte!
Perché è di questo
che si tratta oggi e che va in scena replica dopo replica: Signori… la morte è
servita!
La morte bianca,
quella che ti affascina e poi ti lascia cadere rumorosamente a terra, quando ti
sei votato al successo e alla notorietà; ma anche quando hai cominciato a
rubare fino a diventare una bestia famelica e insaziabile a discapito di altri…
La morte solitaria,
quando non sei nessuno o peggio ancora quando ti fanno diventare nessuno,
perché privato dalla dignità di uomo, della libertà di uomo, dell’onore e del
significato di essere uomo!
Che notte dietro una
finestra a scrutare il cielo, in cerca di una stella in quel mare nero,
cercarla come un faro a cui dirigere per non affondare o morire annegato in un
mare di lacrime che dentro scorrono silenziose, prima goccioline come piccoli
diamanti, poi sempre più fiume, sempre più vita.
Ed è un pianto
miracoloso, che passando fa sbocciare profumati gelsomini… mentre lenta negli
occhi scorre lenta l’immagine di una donna che sorride, la donna che si ama, la
donna sogno di sempre, palcoscenico su cui andare in scena una vita per una
vita ancora!
Una donna da vivere
fino in fondo come sogno, come vita!!!!!
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