La ragazza dallo
strano nome: “ M “
Di Vincenzo Calafiore
17 Novembre 2018 Udine
In certe albe è facile perdersi nei paesaggi di terra e
d’aria, forme geometriche che si disperdono a volte, e vicine si presentano
ammuffite, giocano d’azzardo e troppo velocemente ingannano gli occhi.
Sono cattedrali dell’anima in cui ogni cosa reale è già
secolo di ieri, e una ragazza che passa veloce nello spazio ristretto di uno
sguardo è una cometa, passa veloce, e un’altra ancora, forse quella amata, come
un soffio di sogno, rimane impigliata nell’anima e nella memoria.
La ragazza dallo strano nome, rimane ai bordi della notte
tra le immagini più care mai uguali e insieme ad altre, a comporre la mia
storia degli affetti veri della vita, tra le cose tangibili e grumose e il
volare alto nell’aria del cuore, sulle ali della felicità, e assieme attendere
la fine di ogni incontro con un bacio.
Ha gli occhi di gabbiano che svelano parole impigliate nella
rete di distanze e lontananze e quando passa lascia di se, essenze che
rammentano una vita.
Impronunciabile il suo nome, la chiamo così d’istinto – M –
Emme!
Un nome veloce che la raggiunge sempre,ovunque si trovi… amarla
o poterla amare è un disegno geometrico in cui l’ordine, tragitti, tempi e voci
si compone attraverso i miei deragliamenti, le crepe, gli interstizi, il salto
degli intrecci dei desideri, le sbandate del mio sentirla profondamente in me
come un formicolio di parole e desideri che via via pensandola e immaginandola
sempre più s’intrecciano fino a divenire radici in fondo al cuore; tanto che la
mia vita si affaccia ogni dì alla nuova vita felice e si rintana nuovamente
nell’attesa, di un sì o di un passaggio veloce dinanzi agli occhi miei sempre
in attesa di coglierla e trattenerla fino alla vicina ormai nottata di sbandate
e annegamenti in un mare di solitudine con le braccia che stringono il nulla.
La confusa disperazione dei pensieri sempre di lei, davanti
al buio dinanzi agli occhi, il cercarla e desiderarla che non finiscono mai
colpiscono e feriscono, cedono a poco a poco passi alla notte che incombe
minacciosa e severa, finisco per sentirmi sempre più attratto, sempre più
innamorato, sempre più solo.
Nel buio si infittiscono i lunghi monologhi e i dialoghi di
un cuore che man mano impazzisce come onda anomala salta gli insoluti e dilaga,
stravolge l’anima; dialoghi interrotti e ripresi senza tregua, gli incisi che
preparano altre tensioni che il cuore si porta dentro, l’intreccio serrato e
aperto alle sue voci che da una distanza sopraggiungono, e sempre agisce una
frenesia d’amore che rendono volutamente un assetto asimmetrico l’assetto con i
vertiginosi incontri dei si, delle braccia che si intrecciano delle mani che si
cercano, dei corpi che si vogliono, si cercano.
La mia battaglia perduta di separare la presenza
dall’assenza, il desiderio dalla paura di perderla. E intanto passa la vita che
trasforma il desiderio in parole e versi e riscoprono quella fantasia inutile
come le preghiere della sera.
Cado a volte vittima di un realismo lucido e increspato, mostra
la dura ricerca della felicità e dell’amore, sorpassa la prevista mimesi del
visibile costringe a salire alla ribalta con visioni stravolte dal desiderio
delle sue labbra, delle sue mani, del suo corpo, del suo “ SI “, la ragazza dallo strano nome: “ M ” !
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