venerdì 2 novembre 2018


Tanto scappo lo stesso

Di Vincenzo Calafiore
03 Novembre 2018 Udine

… io ti parlo e non mi ascolti,
ti scrivo e non mi leggi, o leggi con superficialità
ma tu lo sai che dicendomi che sono – matto –
in realtà mi stai dicendo d’essere un uomo libero.
Libero dal preconcetto, di amare, di sognare…
e se non sono amato come tu credi d’essere
non importa io sarò sempre due passi avanti a te
perché c’è una follia in me e si chiama: amore! “
                                                                                                                                                             Citaz.  Vincenzo Calafiore
                   

E’ di prospettiva che si tratta, di visione o di immaginazione che si ha della vita, da cui dipende e si manifesta in tutta la sua ampiezza la nostra quotidianità o il nostro vivere.
A quest’ora di notte, < strabica> per la cecità della lampada che illumina il piano della scrivania, la luce, muove le sagome dei pensieri come fossero sagome di passanti nella penombra, sono pensieri che muovendosi levano il sonno, o sono tanto vecchio che una volta dormito quelle ore torno a svegliarmi e in piena mattinata, sono appena le 4,30 e ho già consumato il primo caffè, fumata la prima sigaretta.
Ma in realtà questo è il mio stile di vita ormai da troppo tempo, quasi da una vita.
Quello che angoscia la mia vita è la – prigione – non quella delle sbarre e dei cancelli, è la prigione in cui un sistema sociale mi costringe e da questa angolazione la visione della vita che appare non invita alla permanenza ma alla fuga ed io non so più da quanto tempo sto scappando credendo di non essere raggiunto e invece in questa follia mi ci ritrovo pienamente e forse inconsciamente ancora adesso alla mia età sto cercando ancora una via di scampo, un porto sicuro, un approdo felice, e questo potrebbe essere l’Amore non il sesso, la sessualità, questa semmai potrebbe essere un margine, o una conseguente pienezza.
Non so cos’è la follia, potrebbe essere tutto o niente. E’ una condizione umana, in noi è presente, esiste, come lo è la ragione.
Il fatto è che la follia resta ancora oggi un tabù.
Ecco, allora, che diventa fondamentale andare oltre la – follia – riconoscere la follia là dove essa ha origine, e cioè nella vita.
E per farlo è importante portare le storie dei matti come me o come te, come tanti milioni di altri, al centro della riflessione culturale; i matti non lo sono sempre o per sempre è che quando si capisce che così – non va-  che bisogna fare qualcosa e questo qualcosa non la si può fare e quindi subire, si entra in crisi.
Ma si può entrare in crisi per tantissimi altri problemi. E se invece di dare parola o seguito alla violenza verbale e non, se invece di dare ascolto al rancore e vivere da rancorosi, dessimo ascolto alla bontà, alla riflessione, all’ammissione, e soprattutto all’amore, cambierebbe la nostra vita?
“ Tanto scappo lo stesso “ ecco è questa una sana follia è così è stato per Artaud o Alda Merini, io stesso e per tutti coloro che ne soffrono del sognare e immaginare, dell’essere liberi, e di volare sopra la monnezza della quotidianità; persone fuori dal mondo-prigione, chiuse in un mondo-prigione.
E’ vita o sarà vita il sognare o per lo meno ipotizzare che è possibile che è un miracolo che potrebbe accadere ogni giorno ogni istante del giorno, vivere lontano da tutto ciò che obbliga o che restringe … è un cancro che corrode le ali e non ci fa volare via, spiccare il volo per andare a finire o a vivere o morire dove meglio ci aggrada.
La questione è che la società di ieri era una società della disciplina, quella di oggi è società dell’efficienza. E le competenze richieste in ogni campo, la competitività imperante accrescono sempre più il senso di inadeguatezza dell’uomo, della donna; così il non raggiungimento dei risultati, il non sentirsi all’altezza degli obiettivi aumentano i sensi di colpa e il misconoscimento della propria identità …. e quando non sai chi sei perché non ottieni risultati, non sai amare o non sei amato, perché lavori troppo o non lavori proprio che fai?
Il problema è che ormai ( e sarà sempre peggio) gli uomini e le donne, non sono più i soggetti della storia ma dei funzionari di apparato e devono funzionare esattamente come macchine, come computer, quindi sono guardati e considerati solamente per la loro efficienza e funzionalità!!!
Sono la –filosofia, la cultura- ad avere e dare un percorso alternativo.
Seneca sosteneva che la filosofia deve spingere a fare e non solo a dire, è anche vero purtroppo e Seneca lo sapeva bene che la filosofia e la cultura sono la volontà di potenza debole rispetto all’economia e alla volontà di potenza forte, per cui la filosofia soprattutto può descrivere la situazione attuale, può dire ad alta voce che – l’umanesimo è finito- !!
Chissà, forse le storie dei matti e io ne faccio pienamente parte sono le storie di tutti e la follia è costitutiva della nostra identità, anche due innamorati che tirano fuori la loro soggettività parlano come i deliranti ….
Ma la follia imperante è quell’essere straniero non solo l’uno nell’altro o nell’altra, ma anche ciascuno con se stesso. E’ come se ciascuno fuggisse da se stesso come dal peggior nemico.
I momenti di riflessione sono sempre meno e c’è un spazio vuoto, siamo presi dall’ansia e per questo invitiamo “ l’ospite inquietante” la solitudine dentro.
Per questo non potrò mai essere prigioniero: tanto scappo lo stesso!


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