Da qualche parte
( ci incontreremo)
Di Vincenzo Calafiore
28 Gennaio 2019 Udine
“ …. C’è stato un tempo
in cui tutto era possibile o
poteva esserlo.
Era il tempo delle finestre
aperte, spalancate al sole
e c’era nell’aria la sempre
primavera.
Allora le giornate erano rallegrate
Dalla Radio “ Minerva” che
diffondevano
“ Che sarà, sarà “ la
cantavamo un po’ tutti….!
Già …. ero felice, felice di
affacciarmi
a una vita che avevo visto
meravigliosa
e c’eri Tu, con quegli occhi
….. “
Vincenzo Calafiore
Già, ero felice,
felice di affacciarmi alla vita!
E c’eri Tu con
quegli occhi grandi di mare e smarginati, belli da guardare; era quegli occhi
che una volta guardati rimangono dentro nell’anima impresse nella memoria come
orme lasciate sulla battigia di un’età
che sapeva di eterna primavera.
Quel tempo di un
pezzo di pane condito con olio e di ginocchia sbucciate….
Tu, scampavi alla
guerra e attraversasti un tratto di mare in barca fino alla riva di una terra
che conoscevi poco, mi desti alla luce e inconsapevolmente al mare, mi bagnasti
di mare.
In fretta imparai a
camminare, senza fretta a crescere …. Le volte della scuola marinata per andare
a camminare sulla riva o a sedermi su uno scoglio a guardare il mare.
Tu, lo sai, oggi in
questa mia età, un tempo di velocità mia asincrona, più di sottrazioni e di
limiti ho ancora quell’incoscienza addosso che mi rimproveravi.
Io e lui che mi
raccontava e mi faceva sognare, pensare, quel mare che mai ho lasciato solo; lo
amavo e l’amo, mi mette ancora paura, mi
faceva scappare come a volermi mandare via, e restavo lì, poco più in su sulla
riva a guardarlo, come fosse una sfida tra me e lui.
Via via nel tempo mi
sono reso conto d’essere stato e lo sono, qualcosa che gli appartiene:
“ …. Una
volta che hai visto il mare, non ne potrai più farne a meno, e camminerai per
strade da cui potrai guardarlo sempre “ lo scrissi allora e sarà
così sempre.
Sono andato per
mare, sempre, come uno spiaggiatore a raccogliere ciò che lui la notte mi lasciava
sulla riva, e sono andato poi sempre per strade da cui vederlo sempre…
Dopo la scuola, una
volta superata la marina, levate le scarpe, tornavo a casa coi libri in mano e
facevo finta di avere una ragazza affianco a cui raccontavo del mare, della sua
poesia, del suo essere infinito.
Facevo finta di
avere una ragazza … la immaginavo e la sognavo, disegnavo il suo volto sulle
pagine di un quaderno, già conoscevo i suoi occhi, eppure non sono mai riuscito
a trovare.
Tu, l’avevi trovato
quel quaderno e leggesti i miei brevi pensieri che poi più tardi cominciai a
chiamare poesie!
Oh… sapessi Tu, “
Mamma” come mi mancano quei giri che facevamo assieme alla Upim, quando ci
fermavamo davanti a quel grande banco di saponette profumate, ti ricordi? Io le
annusavo tutte mi piacevano quei profumi e oggi
ho un cassetto pieno di saponette profumate, tutte le mattine, una
diversa…
Quanto dolce mi era
rimanere con te quando passavamo il tempo tu a cucire, io a parlare… seduti su
un balcone assolato e fiori; e ti raccontavo dei miei sogni, della già
solitudine, del mio modo per sentita scelta di vivere.
E Tu, sei da qualche
parte dalla mia lontananza, chissà dove sei e cosa starai facendo o chissà in
quale entità sei tornata o stai per tornare. Qui dove io sono s’ode pregnante
il lamento del vuoto e c’è un freddo non ritorno.
Se mi vedessi ora!
Non ho più quei capelli ricci che ti piacevano tanto, bianchi e pochi; sono
cresciuto modellato dal mare, un po’ funambolo, sognatore che sogna e spera di
tornare sulla stessa riva da cui tutto ha avuto inizio.
Ti confesso che a
volte mi sono svegliato stanco di vita, uguale a una barca stanca di troppo
mare e ti ho cercata tra le mie cose in una scatola di legno, ti cerco a volte
nei luoghi sbagliati e invece tua trovo la mia vita di sabbia di granelli più o
meno uguale, come fossero tutti fatti dalle stesse mani: le tue Mamma!
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