martedì 30 luglio 2024


 

Come dissipare il malessere di questi tempi

 

Di Vincenzo Calafiore

31 Luglio 2024 Udine

La nostra “ civiltà” che è padrona e detiene il controllo della tecnologia e ha già soddisfatto la maggior parte dei suoi bisogni, anche se la maggior parte artificiali e quindi poco o addirittura meno autentici.

Si sente ormai da parecchio tempo che il patrimonio intellettuale non ha più risposte da offrire.

E’ una civiltà questa, che in qualche modo si è fatta rubare il futuro, da un malessere oscuro, un malessere dell’anima!

La decadenza sociale e umanitaria è palpabile, si tocca, si manifesta continuamente e si trasforma in paure, nell’essere permanentemente senza futuro e sentirsi anche dei precari in tutto.

La domanda è: che cosa è rimasta come riferimento?

 

 

Se ipoteticamente mi volto in dietro a guardare il passato culturale osservo che il Rinascimento è finito, l’Illuminismo pure, il Romanticismo è divenuto un corrente per pochi e infine l’Umanesimo, trascurato anche nelle Università è diventato poco più che un ricordo.

Di fronte al lento appassire delle coscienze, più di d’uno avverte che bisogna, c’è la necessità di invertire la rotta per ricominciare a sperare.

Per affrontare questa crisi non occorrono nuove filosofie, grandi riforme, poiché c’è già tutto a portata di mano è solo necessario “ imparare “.

Blaise Pascal  nel suo – celebre azzardo – chiedeva all’uomo di credere in Dio: se lo avesse trovato

Il suo premio sarebbe stato il Paradiso, se non ci fosse stato avrebbe comunque vissuto bene, senza nulla perdere.

 

Oggi a distanza di secoli, quella scommessa del filosofo francese andrebbe riscritta con tanti aggiornamenti.

Bisognerebbe tornare a Dio!

Così alla fine dell’Impero romano, si fece la scelta di affidare al Cristianesimo il compito di traghettare la civiltà antica, oggi dovremmo aggrapparci alla realtà più certa a nostra disposizione, cioè: Dio, anche per poterci considerare ancora cristiani.

L’eredità di Cristo è una rivoluzione dinanzi alla quale tutte le altre infinite scoperte dell’umanità sembrano essere limitate.

La rivoluzione cristiana colpì essenzialmente l’anima dell’uomo e la cambiò radicalmente.

Il mondo antico scommise su Cristo e convertì altri popoli. L’Occidente sopravvisse attraverso la forza della fede, alla fine dopo la caduta di Roma, quei concetti e valori etici sono entrati nella circolazione sanguigna.

Vale a dire l’uguaglianza, la giustizia per tutti, la non violenza, la libertà la stessa democrazia. Sono gli stessi riferimenti che da qualche tempo l’Occidente moderno in crisi cerca e sa che non può risolvere tutto con il denaro.

Tornare a scommettere su Cristo è un atto di civiltà, prima ancora che di fede.

Come insegna la filosofia moderna, c’è uno spazio per Cristo in ogni momento del tempo, della storia, al di là della fede del credere che ha il cristiano.

Cristo può essere soggetto a mille interpretazioni, ma non potrà mai essere paragonato a un evento di carattere culturale.

Cristo non è cultura, caso mai è la stessa cultura a essere cambiata dalla sua presenza e dall’incomprensibile “ realtà” di un uomo che muore su una croce per redimere l’umanità intera.

Come scrisse Immanuel Kant: Cristo è l’idea personificata della moralità

sabato 27 luglio 2024


 

Io del mare

 

Di Vincenzo Calafiore

28 Luglio 2024 Udine

  ….. i sogni morti, l’amore mancato,

gli amici perduti via via, non sono altro

che occasioni di vita. Ricordi cristallizzati

in un lembo di memoria incerta, snaturata,

senza definizione. Sono gli elementi sui quali

si è consolidata la certezza di non abitare qui

realmente, ma in un altro luogo.

E’ un dolore muto, ricordare la vita di

 un tempo o com’era stata; questa è la sua maniera

di coltivare una propria memoria, concentrata

più nel ricordare quei luoghi verso cui andare.. e

Quinto questo lo custodisce gelosamente ..”

                                          Vincenzo Calafiore

 

Premessa

 

Con  “ Io del Mare “ si conclude la serie

di brevi narrazioni  forse anche autobiografiche di Quinto Malatesta, un uomo che vive sospeso in un cielo tutto suo. In ogni luogo estremo,come quello in cui vive tutto sembra sfuggente, incomprensibile per certi versi, è un mondo vero, che si rigenera, così la mia vita che è poi

la vita di Quinto  appoggiata ai bordi di questo mondo, un cumulo di tante cose irrisolte sospese, e basta che il suo mare di dentro una di queste notti guadagni qualche metro di più che se la porterà via cancellando ogni traccia di lui. Ho raccolto i suoi pensieri per farne delle fiabe da raccontare ai bambini, solo che non ci sono più bambini per strada.

Dico Quinto (potrei dire io), ma la gente oggi lo conosce con tanti altri nomi, oggi è  Sacha, perché oggi si chiama così, e così è la sua vita,provvisoria …  quella di ieri l’ha abbandonata da qualche parte

 a – mare grande – e quella odierna non ricorda cosa sia e dove sia.

 

SACHA

 

La spiaggia non è solamente una striscia di terra fine, bisogna guardarla bene, insegna a guardare, insegna a guardare le cose, come quelle della vita da ogni lato e sapere riconoscere, trovare anche quello che sembra non esserci, perché non la si vede e invece c’è.

Ad esempio se guardo bene la sabbia io so che lì in quel punto si nasconde qualcosa, non si vede, ma guardando bene dal modo di come la sabbia si deposita sopra, so che li sotto c’è qualcosa; se ci pensi bene così è nella vita con le cose non viste, con le persone che si poteva amare o avere come amici e sono andate perdute, dopo rimane solo che il rammarico.

A volte penso che la vita sia uguale alla spiaggia,  le cose buone sono nascoste e bisogna saperle cercare, il resto, tutto quello che luccica è un abbaglio, un inganno, sono come pezzi di vetro, non valgono niente.

Ho sempre pensato che tutti sono uguali e invece no, me lo ha insegnato la vita, non ricordo più quante volte sono stato ingannato e tradito, ma anche la vita stessa è così, ad esempio la mia … quella di ieri è una cosa diversa, dimenticata.

Per fortuna ho un amico, Francisco, io lo chiamo – Ciccio -, argentino, non so quando è arrivato qui, su questa spiaggia, ma me lo sono trovato davanti una mattina con una valigia in mano che trascinava piuttosto che portarla. Per me è un gran poeta, la sera quando facciamo festa, si lascia portare via dal vino, devo stare attento, perché si avvia al buio fino al mare e recita le sue poesie in una lingua che non capisco, mi ha detto che è spagnolo, ma io non so neanche dove sia la Spagna, e chi l’ha vista mai!

Io penso che lui non sappia scrivere, ma mi piacciono quei scarabocchi che fa sul quaderno, non so cosa siano o che significato abbiano, ma so che devono essere parole, anche se scombinate, importanti … o forse sono io a non saperle leggere e mi invento un mio significato.

Quinto o Sacha (solamente per questa occasione), di notte cammina per tanti chilometri sulla spiaggia, ogni tanto si ferma a guardare il mare che gli mette paura, gli chiede perché si trova qui, qual è lo scopo della sua vita o il suo significato di essere così, non si rassegna all’idea di essere nato in questo tempo sbagliato.

La domenica sera andiamo in paese, a fare un giro tra la gente straniera. I bambini ci aspettano alla fontana dove noi sempre andiamo a sederci e passiamo la serata a guardare le belle donne e sogniamo. Vogliono sentire le fiabe, si mettono tutti seduti a terra attorno a noi.

 Francisco suona la sua armonica, intona un tango, io mi lascio portare via da quella musica e ballo, come se avessi tra le braccia una donna bellissima, e nel mentre racconto la mia fiaba che invento al momento, dopo i bambini vanno via salutandoci con i baci. Io continuo a ballare con lei, fino alla spiaggia, poi smetto, perché nella baracca c’è  Carmen ad attendermi. Io e Francisco ci capiamo poco con le parole, ma abbiamo gli stessi sogni, le stesse emozioni e questo basta per farci vivere assieme.

Carmen è un manichino di donna, ha un viso bellissimo è bellissima, l’ha depositata il mare una notte su un cumulo di sabbia. Le manca un braccio, lei mi ha detto che un’onda grossa glielo ha strappato ed è caduta in mare, è stata salvata da un delfino; io le credo, perché la amo moltissimo.

A lei confido tutto. E’ una donna bellissima,dolce e serena, con lei ho un motivo per avere un ritorno.

Io di anni ne ho cinquantatre e mi vedo vecchio; Francisco ne ha molti di più e ne dimostra di meno; ho pensato che a tenerlo così siano tutte quelle parole scombinate che le girano in testa.

Nella mia invece le parole non si fermano così ho poco da ricordare.

E’ come se nella mia testa non ci fosse un  passato, ma solo un presente che non vorrei avere.

 

…… così le cose si muovono nella sua testa, facendo un gran rumore, che lo fa impazzire, lo sfiorano appena senza fermarsi, come a ricordargli la loro presenza.

Nella sua testa tutto rivive silenziosamente, passa veloce, senza affezionarsi e come il mare porta sempre qualcosa.

Ha viaggiato molto senza mai uscire dalla sua baracca, non ha mai scritto niente sul suo diario perché sapeva che il mare glielo avrebbe cancellato e allora tiene tutto in mente.

I suoi pensieri diventano fiabe che racconta ai bambini che lo aspettano due dune più avanti; lo chiamano Sacha perché questo nome gli piace, lo aveva letto su una pagina di un libro abbandonata sulla sabbia dal vento e da allora si chiama Sacha!

Cammina e agita vertiginosamente un barattolo vuoto legato a un spago, lo fa perché quel suono rassomiglia a quello del vento.

E’il rumore di un vento di tempesta, quello che lo porta via sempre da ogni vita!

 

 

 

 

 

giovedì 25 luglio 2024


  De la nada, la felicidad


Por Vincenzo Calafiore

26 de julio de 2024 Udine

 


" .... Hay pocos como nosotros

gente que ha viajado mucho, sin

salir nunca de la choza donde viven.

La mía es un poco grande y está sobre

 una duna de arena, sujeta

por la hierba que crece en los arbustos.

Está rodeada de muchas puertas diferentes

cuando quiero ir a otro lugar

entro por una de estas puertas...

Y ahora esta gente está cansada

aunque nunca hayan traspasado el umbral

de esas puertas, pero se llevan bien juntos

porque son felices con su -nada-.

Quizá la felicidad esté en la nada... Quinto

piensa en esto y se siente feliz, se queda solo .... "

                      Vincenzo Calafiore 




QUINTO


Hay pocos como yo, gente que ha viajado mucho, sin salir nunca de la choza donde vive.

La mía es un poco grande y está encima de una duna de arena, sujeta por la hierba que crece entre arbustos. Sólo hace falta que el mar, una de estas noches, avance un poco más y se la lleve. Está rodeada de muchas puertas diferentes, cuando quiero ir a otro sitio entro por una de esas puertas...

Y ahora estas personas están cansadas aunque nunca hayan traspasado el umbral de esas puertas, ¡pero son felices juntas porque son felices con su -nada-! Tal vez la felicidad esté en la nada... Quinto piensa en esto y se siente feliz, se quedó solo, el último, los demás nunca volvieron.

Solíamos vernos a menudo, quizá más en septiembre, cuando las playas se vacían y el mar recupera la orilla. 

Todos los domingos don Salvo venía a visitarnos a casa para traernos la comunión; llegaba con una silla, de esas de peluche, y se sentaba casi al lado del mar por donde llegaba.

Aquella era nuestra iglesia, una gran iglesia donde las gaviotas volaban en el cielo y la llenaban con sus cantos. De uno en uno, arrodillados en la arena frente a él, extendía una mano y cuando la ola la bañaba con ella nos marcaba la frente con la señal de la cruz y decía: 

"Ahora estáis en presencia de Dios, no debéis mentir ni ocultar nada, confesad todos vuestros pecados y Dios os perdonará".

El mar lo lleva todo a la orilla. Lo recogemos todo, guardamos lo que podemos vender y apartamos lo que no necesitamos.

Lo que ganamos nos basta para vivir.

Una noche el mar estaba tempestuoso y trajo a tierra un cajón lleno de cosas rotas y estropeadas, había una caja de hojalata muy bonita que no estaba estropeada, la cogí y me la llevé a casa.

La escondí en algún lugar donde nadie que entrara en mi choza pudiera quitármela, pasaron muchos días y pensé que era el momento de abrirla una noche; había un mar precioso ahí fuera, podía verlo desde lo que podría haber sido una ventana. Había una luz que incendiaba el mar hasta la orilla y pensé que era el camino de los ángeles, el que toman para visitar a las personas solitarias; yo no le tengo miedo a la soledad, porque nunca estoy sola, tengo al mar para hacerme compañía, me siento en la orilla y lo escucho, me dice muchas cosas, hasta me da las buenas noches.

La caja de hojalata estaba bien hecha, me pareció que era de otra época, la abrí y encontré un cuaderno grande y empecé a hojearlo, algunas páginas se habían descolorido, pero podía leerlo, era de una niña. Ahora aquella niña debía de haberse convertido en abuela, leyendo sus páginas empecé a conocerla aunque nunca la hubiera visto; cuanto más leía más sentía que me conocía, como si las hubiera escrito para mí sesenta años antes, sus pensamientos se convirtieron en mi forma de pensar y de vivir.

Debía de ser una buena persona, una madre preciosa, una abuela angelical, escribía sobre su día a día; así que me parecía estar reviviendo su vida, ahora con cada día que pasaba también me quedaba claro su rostro, ¡era preciosa!

Comprendí por las cosas que escribía que esta mujer también era feliz como yo, ¡y como yo comprendía que la felicidad está en no poseer nada en lugar de lo máximo!

Vivía en un país muy lejano desde el que se podía ver y tocar el mar, quizás vivíamos igual en épocas diferentes, ¡era como si hubiera vuelto a mí como una niña!

".... La edad me ha teñido el pelo de gris. La barba ligeramente desordenada enmascara mis rasgos inciertos de hombre de mar, que ha pasado su vida, demasiado tiempo, en la orilla, pensando más en los regresos que en las partidas. Nunca llegué a escribir una especie de diario, en parte porque mis ojos no me lo permitían, nunca escribí un mensaje en una botella, porque mi vida es bella como es, sin grandes cosas. Ha sido una vida de muchas puertas por las que he entrado y salido de un mundo que me gustaba más; pero aquí, en esta franja de arena, todas las tardes me he visto embelesada por la magia y llevada a otro mundo, ¡a otros tiempos por la luz de tantos trozos de cristal que iluminaban mis ojos con la luz de la luna! Esta era la felicidad ! "


 Di  niente, la felicità

 

Di Vincenzo Calafiore

26 Luglio 2024 Udine

 

  …. Ci sono pochi come noi,

gente che ha viaggiato tanto, senza

mai lasciare la baracca dove vivono.

La mia è un po’ grande ed è sopra

 una duna di sabbia, tenuta assieme

dall’erba che a cespuglio cresce.

E’ circondata da tante porte tutte diverse

quando io voglio andare in un altro posto

entro in una di queste porte…

E adesso queste persone sono stanche

anche se non sono mai andate oltre la soglia

di quelle porte, ma si trovano bene assieme

perché sono felici del loro – niente -!

Forse la felicità sta nel niente … Quinto

pensa a questo e si sente felice, è rimasto solo  …. “

                      Vincenzo Calafiore

 

 

 

QUINTO.

 

Sono pochi come me, gente che ha viaggiato tanto, senza mai lasciare la baracca dove vivono.

La mia è un po’ grande ed è sopra una duna di sabbia, tenuta assieme dall’erba che a cespuglio cresce. Basta che il mare una di queste notti avanzi  un po’ di più che se la porta via. E’ circondata da tante porte tutte diverse quando io voglio andare in un altro posto entro in una di queste porte…

E adesso queste persone sono stanche anche se non sono mai andate oltre la soglia di quelle porte, ma si trovano bene assieme perché sono felici del loro – niente -! Forse la felicità sta nel niente … Quinto pensa a questo e si sente felice, è rimasto solo, l’ultimo, gli altri non sono più tornati.

Ci incontravamo spesso noi, forse di più nel mese di settembre, quando le spiagge si svuotano e il mare si riprende la riva.

Tutte le domeniche Don Salvo veniva a trovarci a casa per portarci la Comunione; arrivava con una sedia, una di quelle impagliate, e si sedeva quasi vicino al mare lì dove arrivava.

Quella era la nostra chiesa, una grande immensa chiesa ove nel suo cielo volavano i gabbiani e la riempivano dei loro canti. Uno alla volta in ginocchio sulla sabbia davanti a lui, allungava una mano e quando l’onda la bagnava con quella ci segnava la fronte col segno della croce e diceva:

“ Adesso sei al cospetto di Dio, non devi mentire o nascondere nulla, confessa tutti i tuoi peccati e Dio vedrai di perdonerà..”

Il mare porta di tutto sulla riva. Noi lo raccogliamo tutto, teniamo quello che possiamo vendere e mettiamo in un posto quello che non serve.

Quello che guadagniamo ci basta per vivere!

Una notte il mare era in tempesta e ha portato a riva una cassa, piena di cose rotte e rovinate, c’era una scatola di latta molto bella che non si era rovinata, la presi e la portai in casa.

L’ho nascosta in un posto che nessuno entrando nella mia baracca me la potesse portare via, sono passati molti giorni e ho pensato che fosse giunto il momento di aprirla una sera; c’era un mare bellissimo li fuori, lo potevo vedere da quella che poteva essere una finestra. C’era una luce che incendiava il mare fino alla riva e ho pensato che fosse la via degli angeli, quella che loro fanno per venire a trovare le persone sole; a me non fa paura la solitudine, perché non sono mai da solo, a farmi compagnia ho il mare, io mi siedo sulla riva e lo ascolto, lui mi racconta molte cose, mi da anche la buonanotte serena.

La scatola di latta era ben fatta, mi sembrava fosse di un altro tempo, l’ho aperta e vi ho trovato un grosso quaderno e ho cominciato a sfogliarlo, alcune pagine si erano scolorite, ma si poteva leggere, era di una bambina. Ora quella bambina sarà diventata una nonna, a leggere le sue pagine ho cominciato a conoscerla pur non avendola mai incontrata; più leggevo e più mi sembrava che mi conoscesse, come se le avesse scritte per me sessanta anni prima, il suo pensiero è diventato il mio modo di pensare e di vivere.

Doveva essere una persona buona, una mamma bellissima, una nonna angelo, scriveva ogni giorno la sua giornata; così mi pare di rivivere la sua vita, ormai ogni giorno di più che passava mi era chiara anche la sua faccia, era bellissima!

Ho capito dalle cose che ha scritto che questa donna anche lei è stata felice come me, e come me ha capito che la felicità sta nel possedere il niente invece che il più!

Abitava in un paese lontanissimo da cui si poteva vedere e toccare il mare, forse abbiamo vissuto allo stesso modo in tempi diversi, è come se lei fosse tornata da me bambina!

“…. La mia età ha colorato di grigio i miei capelli. La barba un po’ disordinata maschera i miei lineamenti incerti di un uomo di mare, che ha passato la sua vita, troppo tempo, sulla riva, pensando più ai ritorni che alle partenze. Non sono riuscito mai a scrivere una specie di diario, anche perché i miei occhi non me lo facevano fare,non ho mai scritto un messaggio in bottiglia, perché la mia vita è bellissima così,senza grandi cose. E’ stata una vita di tante porte da dove entrare e uscire da un mondo che più mi piaceva andare e tornare; ma qui su questa striscia di sabbia, ogni sera sono stato rapito dalla magia e portato via in un altri mondi, in altre epoche dalla luce di tanti pezzi di vetro che di luna riluccicavano negli occhi miei! Era questa la felicità! “


martedì 23 luglio 2024


 

Si può …

 

Di Vincenzo Calafiore

24 Luglio 2024 Udine

“..... ho conosciuto un uomo

che parlava con gli angeli, così diceva, è

da un lontano orizzonte che arrivano fino

ai limiti del mare.. poi c’è la terra

un confine da non superare.

Aveva gli occhi che potevano anche ferire

guardandoti, ma era un estraneo anche

con la sua vita e quasi si giustificava

della sua presenza. A ogni suo sguardo

corrisponde una piccola porzione di mare,

di cielo, la sua vita era da tempo scomparsa

all’orizzonte,  da quando aveva deciso di

seguirla con lo sguardo che ha un sorriso:

forse si può ancora vivere …. Forse si può ! “

                                  Vincenzo Calafiore

 

 

Siamo tutti condannati a scrivere una lettera, un messaggio a qualcuno, che non arriverà mai. E’ uno spettacolo di straordinaria follia, di oscenità, quello che ogni giorno va in scena davanti agli occhi . Forse se avessimo mandato dei messaggi in bottiglia, sarebbero chissà in quale mare, ma esisterebbero ancora. Ma ora, non c’è più mare, ci sono solo bottiglie vuote.

Può darsi che una di quelle onde abbia portato sulla riva, in un giorno e in un’ora imprecisata, qualcosa che rassomigliava molto alla felicità, ma forse era così irriconoscibile, e sfinita da non essere riconosciuta.

Camminando lungo una spiaggia abbandonata, tra mobili corrosi dal mare e pezzi di vetro, occhi che saprebbero riconoscerla, l’avrebbero trovata; un tempo ho potuto sfiorarla e  non l’ho saputa raccogliere. L’onda, arriva e lentamente scivola sui vetri colorati, l’acqua si colora di un leggero blu, poi ritornando su se stessa, diventa mare.

L’alba come sempre continua a riflettersi negli occhi miei, come in una finestra …. Che il mio mare dentro ha frantumato contro i dolori insoluti … poco prima della sabbia negli occhi. Ieri notte non c’erano più finestre, ma solo sabbia e nebbia negli occhi, mi chiedo cosa mi porterà il mio mare di nuovo, oltre me, alla prossima alba. Mi alzo sempre alla solita ora, è ancora buoi quando apro gli occhi è sento nell’aria e dentro di me che c’è un’aria diversa, è vento di scirocco, è un vento che arriva dalla Grecia, sarà una buona giornata!

All’alba dalla finestra si vede un panorama bellissimo: è il mare!

Ci sono tanti gabbiani girano sopra le barche che pescano, gridano e s’incrociano; cammino e spero che il mare mi abbia portato qualcosa, a volte lo nasconde, le cose più belle e preziose non sono mai in vista, le nasconde bene appena sotto la sabbia e bisogna sapere cercare. Questo mi fa pensare alla vita, alle cose che non da … io lascio al mare la decisione di farmi trovare qualcosa, e così non fa pure la vita?

In questa solitudine c’è una specie di pace, di tranquillità, tutto è avvolto dalla sua magia, dalla sua solitudine, dall’odore forte salino.

 

Come coloro che si sentono braccati e inseguiti, ho imparato a cancellare le orme dietro di me, come se non fosse mai passato da lì nessuno

I miei pensieri messi assieme anche senza un ordine preciso, diventano fiabe da raccontare ai bambini prima di addormentarsi, sembrano sentieri che vanno nei sogni, sembrano avvicinarsi a Dio e invece vanno lontano lontano da ogni cosa.

Anch’io a volte ho l’impressione di non esserci e di essere lontano, forse da molto tempo, ormai sul bordo di me stesso.

Mi è difficile persino ricordare il mio nome, ho il nome che ho scelto per stare su questa spiaggia, qualcuno parlando con me, mi chiama Tarquinio o Nicola, poca importa il nome, rispondo con naturalezza come se ci conoscessimo da moltissimi anni …. Si riduce in un – Tu – ma io non mi chiamo così, io non ho un nome preciso sono semplicemente mare e il mare è un ovunque, un ovunque immenso, grande, troppo grande perfino a pronunciarlo.

La riva è una porta, io entro ed esco da questa porta … ci vorrebbe un recinto di porte da dove poter entrare e uscire dopo aver guardato l’infinito.

Lo spazio di una porta contiene molte più cose di quanto si possa immaginare e penso agli occhi di una donna, una donna da amare … o forse sono i rapporti tra il dentro e fuori che lo spazio ristretto di una porta reinventa ogni qual volta,e finiscono per sorprendere, come fa una donna quando all’improvviso ti da un bacio!

Io non lo ricordo più cosa sia e che sapore possa avere un bacio, ma immagino sia dolce come una carezza della sera; una donna il cui sguardo abbia qualcosa di irraggiungibile.

Vivo qui, ma non ci ho mai abitato!

 

 

lunedì 22 luglio 2024


 

Il mare in un bicchiere

 

 

Di Vincenzo Calafiore

23 Luglio 2024 Udine

…. Ha  visto le montagne

toccare e confondersi con il cielo,

in lontananza e pensò che era lì

che viveva Dio, sospeso, tra il cielo

e gli uomini. Questo è la sua maniera di vivere,

- sospeso tra cielo e terra -,

da allora ! “  Vincenzo Calafiore

Ci sono due modi di guardare queste pagine, queste registrazioni per certi versi poetiche su un diario, una storia personale, forse autobiografiche, di un uomo privo di concretezza che vive da sempre ai bordi della vita o al bordo del mare.

Il primo è di prendere e far proprio il vostro punto di vista e guardare come se si guardasse il limite, ad un oltre.

Una prospettiva in cui il mondo appare lontano e schiacciato per sua mano.

La seconda maniera è l’opposto: guardare a voi da me, dal mio mare, dai bordi estremi del mio niente, dal limite del niente che il mare a volte rappresenta se manca una preghiera rivolta a Dio.

Il mare che lo rappresenta tramandando in noi il suo fruscio dall’orizzonte.

 

“ Nel mare da sempre cerco, gli occhi di Dio, immagino di vederli guardando il mare, mentre barbaglia gli occhi miei, mi immagino di vedere delle figure che non ci sono, ma che mi sembrano nascoste dal mare. Più di tutto preferisco le figure fatte dalle nuvole, che per me sono le mani di Dio. Ci sono alcune che rassomigliano a dei grandi gabbiani che volano, volano e tornano sempre allo stesso posto sopra la mia testa, o forse sono io ad essere fermo sempre allo stesso posto e loro invece mi raggiungono da lontano?

Ecco, così succede dentro di me, tutti i santi giorni, faccio dei pensieri, come quello di incontrare una donna che mi sappia amare così come sono – sospeso -, ma so che è impossibile come vedere un altro mondo, altri orizzonti, altri mari, ma so che non esistono.

Perché, stando sempre qui, su questa spiaggia davanti a questo mare, dove sono seduto, conosco tutto, barche, sassi, scogli, i gabbiani, le nuvole, l’orizzonte che mi inganna.

Vedo immagini che gli altri non vedono, sento voci che gli altri non sentono, e mi pare di colloquiare con Dio; lo so è la mia immaginazione che me le fa vedere e mentre immagino, mi faccio una vita, un presente, una nuova esperienza, intanto che il tempo passa e se ne va, come se ne vanno via i giorni i miei anni, la mia vita.

Amo questa vita, perché è mia, è la mia vita! Come amo questo mare che mi barbaglia e mi distrae tanto che mi lascio prendere dai miei pensieri, ecco perché sono – sospeso- .

Quando sono sullo scoglio, sono più alto della spiaggia dove mi siedo è da lì che posso guardare lontano lontano nell’orizzonte e vedo una vita migliore, una vita possibile che non ho.

La mia vita è come il mare in un bicchiere!

Io avevo per me altri sogni, ma qui in questo mondo piccolo io sono un sasso colorato in mezzo a tanti, milioni di sassi colorati e grigi, neri, e come sassi il mare ci prende e ci trascina su e giù per le rive, per tutte le rive del mondo e sai come funziona la vita degli altri? Si perché la mia vita è degli altri e per averla ho lottato molto.

Pensa alla pesca del pesce spada, ad esempio, lo devi colpire al primo colpo perché lui fugge, scappa via nelle profondità dove non lo si può raggiungere, né vedere.

Per averlo, devi colpire prima la femmina, così il maschio rimane lì a farle compagnia fino all’ultimo istante della sua vita, diventa un bersaglio facile; se invece colpisci il maschio, la femmina scappa via, non la vedi più.

Ma la domanda è : perché gli uomini non sono capaci di amare come il pesce spada ama la sua femmina? “

 

“ Della sua vita gli sono rimaste impresse nella testa che poche emozioni, tutte senza data, senza un giorno preciso.

Ma lui ricorda il suo giorno, il giorno in cui per la prima volta, le sue mani poterono accarezzare il viso di una donna, questo ricordo non ha tempo, perché per lui il tempo non ha una misura.

Nella vita tutto si ripete, si ripetono i giorni, le misure, le distanze, ma no le emozioni, sono uniche, e quando ci sono tutto cambia.

Ama una donna, dolce e serena, è di un altro uomo, lui non va più in la … la ama in silenzio come quando guarda il mare e pensa che in fondo il suo mare tanto rassomiglia a quella donna.

Lui e la sua vita in un attimo… solo che lui non è mai ritornato in quell’attimo di vita, inventata! “

 

domenica 21 luglio 2024


 EL MAR


Por Vincenzo Calafiore

22 de julio de 2024 Udine


"Dedicado a mi querido Amigo

SALVINO BASILE que del mar

¡como yo ama todo y vive del mar! "

                     Calafiore Vincenzo



"¡Qué manera más bella de honrar a Dios, hablando o contando de su criatura más bella: el Mar! Y para hacerlo, de mí, invento un personaje 

Y para hacerlo, de mí, me invento un personaje "QUINTO" para contarlo, y lo hace en primera persona, no sé si de la manera correcta, porque ambos personajes, Quinto y yo, no sabemos escribir, y para hacerlo utilizan un lenguaje propio, ni pulido ni académico, pero es el de la gente del mar, de los que han hecho de las playas, ¡todavía hacen catedrales en las que rezar! "


Hay momentos en la vida en los que me gustaría distanciarme de mis propios ojos, situar las palabras y los pensamientos en una zona libre, donde yo y los demás estuviéramos en pie de igualdad, sin presente, sin pasado. Hacerlo sin ninguna protección, capaz de mostrar al otro la sinceridad de confesar las propias derrotas, los propios fracasos e incluso los propios. Una sinceridad lo suficientemente grande como para que las palabras derrota y fracasos, términos vacíos, carezcan de sentido.

Una sinceridad sin retórica capaz de redimirlos desde el principio.

Hubo un tiempo en que ya no hablaba con Dios, me sentía solo incluso cerca del mar; estaba enfadado con él, porque me había dado el don que me hacía hablar con el mar; y la gente me veía y decía que estaba loco, decían que Quinto se había emborrachado.

Pero yo amo el mar, me gusta cuando me susurra historias de peces y fondos marinos en flor, de la granada roja bermellón que crece al pie de las grandes rocas. Me quedo aquí y lo observo. 

Miro para ver si hay algo que se parezca a mi vida. 

Mira, ten cuidado, hace un rato había un aire ligero, una corriente de viento, ahora se ha ido, ¡ya no está! No es fácil de explicar. Los pescadores, los marinos lo llaman la "caricia de la novia" porque es suave y delicado, como la caricia de una novia, de una mujer hacia su hombre; no se ve, pero se ve su magia desplegarse sobre el mar, que apenas se ondula, como si una mano invisible y ligera lo rozara suavemente. Es muy hermoso.

Esto me hace pensar en una mujer muy dulce, sentada aquí conmigo, a mi lado, que no me pide que hable, me deja con mis pensamientos, mirando el mar, e imagino una caricia suya tan dulce que mueve el mar dentro de mí.

No me parezco al mar, pero el mar quiere igualmente que me parezca a él.

Me gusta todo del mar, pero más porque es inmenso. 

No he hecho grandes cosas en la vida, no tengo dinero, ni siquiera tengo tierra ni casa propia, mi casa es una choza, y basta que el mar suba un poco más para que se la lleve. 

Todos los días de mi vida han sido iguales que hoy, nada ha cambiado, todo es igual que el mar, plano. 

Mira, un barco pasa por encima y lo abre, una vez pasado por agua se cierra ..... ¡así es la vida creo yo!

Flotando una botella se acerca a las rocas, alguien debe haberla tirado, ¡no hay ningún mensaje en ella! 

Nunca he mandado un mensaje en una botella, ¡a Dios si! Cuando voy a la iglesia a hablar con él dejo dos conchas y un guijarro en el altar, son cosas suyas, que recojo para él, ¡como para recordarle que he estado en su casa!

Si tuviera que enviar un mensaje en una botella, sólo lo enviaría al mar; pero le hablo y eso es suficiente.

Quizás no haría falta hablar, bastaría con mirarse a los ojos .... como hacen los peces, pero en cambio la gente sólo quiere hablar, sólo quiere palabras que le guste oír, son sólo palabras y ya está; dentro de esas palabras no hay nada, son cajas vacías, no tienen corazón, ni alma... como en esa botella vacía ..... y hablo de él... así las palabras se lanzan una tras otra sin pausa, sin amor, sin mar y así uno cree que habla, pero no habla.

Miro en el suelo entre las piedras hay trozos de baldosas, y cristales que solo brillan si los baña el mar, al verlos parecen diamantes, pero es un engaño, y trozos de ladrillos.  Todos tienen una vida, un pasado, como el mío que yace en la arena bajo mis pies.

Aquí en la "scombinata" el mar es siempre más bello, siempre trae algo a tierra, que yo recojo.  A veces parecen cosas que han pertenecido a mi vida, o se parecen tanto a mi vida, que las recojo todos los días. No sé ni entiendo por qué lo hago, pero siento que debo hacerlo.

Yo aquí en mi playa, pienso en Dios y cuanto más miro el mar, más pienso que el mar es algo que Dios creó por una razón que desconozco, pero por eso es por lo que más amo el mar: es lo único sincero que tenemos en esta tierra, es la vida es la muerte, al mismo tiempo es una mujer hermosa ¡para amar siempre!



sabato 20 luglio 2024


 

Per i suoi occhi che ascoltano

 

Di Vincenzo Calafiore

21 Luglio 2024 Udine







….. Seppe che al mondo

molte cose potevano ridiventare buone

e che per realizzare questo bastavano

due persone.

Vedeva un sole che riempiva il cielo.

Paradossalmente il sole era anche il mare

 e scaldava piuttosto dal basso che dall’alto.

Forse è così il presente, quando non fugge via! “

                       Vincenzo  Calafiore

                    ( alba sul mare di Senigallia )

 

Quinto.

I suoi occhi sono mobili come quelli di un gabbiano, hanno la loro età, la sua stanchezza molto di più. Non ha un posto preciso in cui vivere, ma vive nel suo mondo.

Qui lo chiamano Quinto e se un estraneo chiede di lui dicono di non averlo mai visto. Ha un nome che evoca tempesta ma è anche una striscia sottile di vita tra il niente e il mare.

Ho conosciuto Quinto tanto tempo fa, su un pezzo di spiaggia di fronte a Messina. Scoprire in Quinto una certa maniera di essere poeta è come scoprire che l’orizzonte non è solo orizzonte, cioè un filo nero lontano, quasi irraggiungibile, ma è coscienza, è conoscenza di se stessi, è moto di una umanità affascinante e ignorata il più delle volte.

Quinto ha preferito vivere in disparte, lontano dalle grandi cose, dai grandi pensatori che da buoni manipolatori sanno vivere senza alcuna dignità; lui, Quinto sa che per vivere ha bisogno del mare, come il mare ha bisogno di lui, della sua poesia, della sua maniera di andare alla deriva nella sua stessa esistenza.

Ha visto l’orizzonte confondersi con il cielo, in lontananza ed ha pensato che lì probabilmente abitassero gli angeli e che lì, la vita poteva rimanere sospesa.

Questa da allora è la sua maniera di vivere! Al mattino dalla sua finestra guarda verso il mare senza vederlo, lui è lì da sempre, sulla riva o su un scoglio. Parla con il mare.

Guarda quei fili colorati dello stesso colore del fuoco che galleggiando vanno a confondersi con il fuoco più avanti che viene dall’orizzonte, e pensa che la vita sia cosi, un entrare e uscire dai sogni.

Non sa distinguere i limiti perché conosce gli spazi infiniti in un’onda che si alza alta nel cielo per arrampicarsi sugli scogli e raggiungere il confine tra mare e terra.

Lo chiamano Quinto, ma non hai mai smesso di amare!

Lui lo sa cosa dice il mare, quando gli parla. Il mare gli dice: ama quel sentire dentro!

Vede un gabbiano e si commuove e dice:

Senti il mare? Lui parla piano e gli uomini gridano.

Vedi i gabbiani … gli uomini dicono che sono cattivi e invece non è vero; guarda quello laggiù, lo vedi? Sta parlando con il mare!

Forse poche persone, forse come lui, non sentono la necessità di possedere qualcosa. Lui ama tutto ciò che incontra per caso.

I gabbiani volano molto in alto, così facendo rispettano il mare; gli prendono solo quello che gli serve per vivere.

A volte rimaneva in spiaggia ad attenderli, ma non sempre tornano; così è la vita quando l’aspetti e non arriva!

Loro hanno i loro scogli, hanno dei luoghi ben precisi sul mare dove si fermano e si lasciano portare dal mare lontano.

Io ho sempre pensato che il mare rassomiglia agli occhi di una donna. Il mare ha quei colori, quei riflessi; così gli occhi di una donna, non ti stanchi mai come il mare di guardarli.

Credo che le donne siano mare! Un mare in cui sarebbe bello poterci annegare, è un mare che ti porta lontano. Lontano da qui, ma davvero lontano lontano, non ci sono mai arrivato; ma ho sempre sperato che gli occhi di una donna mi guardassero e mi vedessero e mi amassero così come sono,anche con il mio tempo da lontano.

Io, dentro di me, credo di avere il mare. E quando gli altri mi chiamano terrone, mi arrabbio, perché se c’è uno che sulla terra  è sempre stato poco, quello sono io.

Quinto è il nome che mi è rimasto addosso sin da bambino, era per me la cosa più bella, perché è un nome che mi ha fatto pensare sempre.

Ogni tanto viene qualcuno a cercarmi perché dicono che io posseggo la magia che hanno i bambini; i bambini a volte come è successo a me restano bambini per sempre!

Io come faccio a spiegare che la magia mia è quella di sapere amare una donna, ma è come un’isola che gli altri non sanno vedere, ma che esiste.

Io la guardo da sempre.

La mia magia è una donna che sa come guardarmi….. “

 

Quinto parla, e lo fa senza guardarmi. Non abbassa gli occhi, semplicemente li tiene fissi più in là, dove c’è una donna, guarda lei ed è come guardare il mondo da dentro i suoi occhi!

 

 

venerdì 19 luglio 2024


 

Quel sentire chiamato

“ REGGIO CALABRIA “

 

 

Di Vincenzo Calafiore

20 Luglio 2024 Udine

… ho voluto  essere padrone

di ogni attimo della mia vita …. “

                      Vincenzo Calafiore

 

 

 Se mi venisse chiesta la mia età, non saprei cosa rispondere, gli anni non mi sono mai pesati addosso, ma saprei raccontarla perché la ritengo una bella favola di un lungo viaggio sempre in cammino, la scoperta dell’ignoto, fatta da indigeno o da esploratore, in terra natia o straniera, senza mai fermarsi.

Ricordo quando una sera sul lungomare di Reggio Calabria dissi alla mia terra: “ Lasciami, non trattenermi .. “, sono partito e non ci sono più tornato per viverci, ma è stato un viaggio di conquista, di conoscenza, di speranza, e comunque sempre nel miraggio di un prossimo altrove, dove probabilmente il conforto della meta raggiunta si confonde al sollievo del percorso concluso.

La mia città, Reggio Calabria, ci è voluta, non fosse che per andarmene via e avere nel cuore e nell’anima la propria città natia significa o vuole dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle strade, nel lungomare, nella città stessa c’è qualcosa di mio che anche quando non ci sono rimane ad aspettarmi, e sono queste le cose che a un certo punto costringono a tornare.

Nelle lunghe e fredde serate qui al “ Nord estremo”, in un’altra terra, il Friuli Venezia Giulia, diversa della mia Calabria, spesse volte incalzano nella nostalgia, immagini, a volte crude, più spesso poetiche, talvolta visionarie.

E’ un viaggio nella memoria con un orizzonte geografico, ma anche con una dimensione interiore; è come se ci si immergesse nel profondo di se stessi, delle proprie nostalgie, del proprio male di vivere in terra straniera, dove non sono ne carne ne pesce, esisto solamente.

La vita finisce ogni giorno e ogni giorno prolunga la mia esistenza con una magia della memoria che occulta ciò che è in piena evidenza: la nostalgia della mia città, di Stefano Federico l’amico, il fratello, il compagno silenzioso, ma so che c’è , è in me sempre!

Ecco che appare in tutto il suo splendore il Sud che intreccia la mia vita, la terra e la cultura, non per vendersi meglio, non per smerciare patacche agli americani, ma per mettere la sua aria nell’aria del mondo intero, quell’aria che a memoria ancora respiro.

Un Sud capace di essere miracoloso, magico, un sedimento mitico che viene da un mare gremito di storia e di voci, di canti, di colori, di atmosfere romantiche uniche, che è anche un grande paese con tanti paesi dentro, con tante culture e costumi, usanze diverse, che è Grecia, Hellas, Ellade.

E’ un qualcosa in più è: Calabria, Calavria!

E’ poesia!

Che ancora c’è nelle nostre terre, è questa una magia! Che ci tiene insieme, quest’antica bellezza che vogliamo a tutti i costi proteggere e accudire!

La magia che oltre a tenerci assieme denuncia un imbroglio, quello dell’aver portato l’umano dalla grande civiltà del segno, della cultura, alla civiltà della decadenza, dell’isolamento economico, è questo il grande imbroglio.

Vivere qui al Nord è un fare i conti con un mondo di fantasmi “ carico del già visto, del già vissuto”, ma anche di cose scolorite, di irrimediabili perdite; si mescolano ai continui ricordi, improvvise fenditure di malinconia in quello spazio metafisico, le ore azzerate nell’immobilità che sempre più rassomigliano a un destino: Vincenzo è dentro un gioco di cui non gli sono state spiegate le regole ferree….

Nessuno può impedire ad un altro di coltivare una sua propria memoria concentrata nel ricordare i luoghi verso i quali andare.

I gabbiani ogni tanto mi sfiorano, mi conoscono, mi sfiorano senza fermarsi come per ricordarmi la loro presenza. Si muovo tra un angolo e l’altro di questa porzione di spiaggia a qualche migliaia di kilometri dagli occhi miei.

La luce tenua, i colori smarriti, gli occhi di bambini incantati dalle favole che io seduto fra loro racconto; la magia delle parole, coriandoli sospesi nelle magiche atmosfere di sirene e regno fatato del mare.

Ho con me un barattolo legato a uno spago, in cui mi pare di udire il mare!

 

lunedì 15 luglio 2024


 

Pino ( Giuseppe )

 

Di Vincenzo Calafiore

16 Luglio 2024 Udine

“…. da figlio che eri, diventi padre.

Insegni ai tuoi figli cose come dignità

e orgoglio, ma anche libertà, umanità.

E speri che i tuoi figli facciano quello che tu

hai fatto per i tuoi genitori…..speri…ma

Il più delle volte ti ritrovi solo, come se non

avessi mai avuto dei figli…. “

                                 Vincenzo Calafiore

 

 

I suoi occhi hanno dentro il mare e si muovono come quelli dei gabbiani.

Hanno dentro ancora la forma delle onde, conservano i bianchi e i blu, i verdi, del mare, ma soprattutto la sua vastità, il suo essere immenso, profondo.

Giuseppe, per gli amici  Pino o “ Fricina “ , era conosciuto più con questo soprannome che con il suo vero nome; lui era mare e il mare se lo portava addosso, se l’è portato addosso per tutta la sua vita, e se gli domandavi come fosse stata la sua vita, ti rispondeva : “ a Dio non avrei potuto chiedere una vita più bella di quella che mi ha regalato!” .

Padre di due figli: Margherita e Paolo. Questo è morto in un incidente sul lavoro e Margherita una volta diventata adulta se ne andò lontano da casa e da tutto.

Lui e Anita l’hanno attesa invano per tanti anni, pian piano svanì nel nulla perfino il ricordo di lei, che non poté avvisare quando Anita si ammalò e poco tempo dopo era volata in cielo.

Rimasto solo, la casa per lui era diventata molto grande ove ancora echeggiavano le voci, quelle voci che gli facevano compagnia di notte.

Nessuno sapeva dove andasse tutte le mattine con il bello e il brutto tempo, d’estate e d’inverno, con la sua barca; partiva al mattino e faceva rientro all’imbrunire, la ormeggiava dietro lo scoglio

“ Nettuno “ , lo scoglio più grande il più alto, a forma di vela.  Respingeva il vento, e quando il mare era agitato teneva a riparo le barche.

La casa era poco distante dal mare e lui passava molte ore seduto in balcone dietro i vasi di basilico a osservare il mare, ad ascoltare la risacca o il mare infrangersi contro gli scogli, ove di tanto in tanto andava a raccogliere le – patelle – e i ricci che gli piaceva molto mangiare crudi con il limone.

C’erano dei giorni che non usciva con la barca e rimaneva sullo scoglio come un gabbiano a guardare il mare o si tuffava in acqua e scendere fino a dove gli scogli sbucavano dalla sabbia bianca; era un abile nuotatore e sapeva come pescare i cefali e i polpi di cui era molto goloso.

Lui dallo scoglio parlava a Gesù! Gli raccontava il suo mare di dentro, ma erano cose che già conosceva, gli piaceva che lui gliele raccontasse e glielo faceva capire con il linguaggio del mare, con il suo continuo cambiare colori, ora chiaro, ora verde, blu, rosso corallo.  

Pino ha sul comodino il suo mare in bottiglia!

“ Ma quando senti il silenzio calare sulla vita e si sono spenti i ricordi che l’avevano animata fino a un momento prima fermati: ascolta il sussurrare di quel silenzio! E non aver paura.

Non avere paura di quel silenzio, sa parlarti più di quanto immagini di quanta bellezza c’è dentro di te e che il mondo non riesce a vedere.

Ascolta quel sussurro è una carezza, è la mia carezza, la carezza dello Spirito Santo, lasciati portare via da lui verso nuovi mondi, inesplorati e affascinanti spiagge d’esistenza.

Abbi fede in Dio. La sua misericordia è l’eterna melodia che senti giorno e notte su questa riva, la voce della risacca. “

Adesso la casa aspetta un ritorno, tutto è come in quel tempo che qui si è fermato; e ci sono lettere, tante lettere sparse ovunque, scritte e mai spedite

 

domenica 14 luglio 2024


 

 

Le giare

 

Di Vincenzo Calafiore

14 Luglio 2024 Udine

 

 

Quel settembre del ’76, ormai lontano nel tempo è polvere argentea sui capelli, è una dolcissima nota nella memoria.

La casa poco distante dal mare era immersa in un campo di bergamotti, sul retro aveva una vasca rettangolare ove si abbeveravano le giumente a sera ….. Dalle finestre si poteva vedere il mare e per riparare le sale e le camere da letto dal sole davanti alle porte che davano in terrazzo erano appesi dei lenzuoli di lino bianchi, consumati; che si gonfiavano come vele di  brezza, che risalendo passava sulle cime degli alberi.

Ai lati della scalinata in marmo che si divideva in due braccia, fino al terrazzo, c’erano due enormi giare di terracotta smaltata da Caltanissetta, con le ortensie.

Pamela la “ milanese “, una ragazza bionda, lattiginosa, ogni estate i suoi genitori la mandavano da giugno a settembre dai miei genitori, che le avevano riservato la stanza blu.

Questa camera da letto ha le pareti colorate di blu e il soffitto bianco brillante, ha ampie finestre che si affacciano sul mare e non sul terrazzo; davanti alle finestre mia madre vi ha appeso dei teli di lino grigio, ancorate al pavimento da grosse pietre raccolte in riva al mare.

Con lei mi incontravo a ora di pranzo e a cena. Il più delle volte a sera, si mangiava la granita al limone sul terrazzo fiorito, ascoltavamo la musica, altre volte si andava ad assistere al tramonto in riva al mare;mio padre per evitare ogni problema trame e la ragazza, ogni giorno mi mandava a lavorare assieme agli operai nelle tenute lontane da casa; la mia stanza da letto è sul lato opposto e si affaccia sui giardini; di notte la stanza si riempie del profumo di zagara.

Sono stato tentato più volte vinto dalla curiosità di spiarla in qualche modo quando si ritirava nella sua stanza nei pomeriggi assolati, ma mio padre conoscendomi mi mandava sempre nella campagna assieme ai lavoratori della terra, aveva capito che la ragazza mi interessava molto.

Una domenica mentre eravamo a tavola la invitai a fare un giro in barca con me, cosa che lei accettò subito; così finito di pranzare lei andò in camera a cambiarsi; mia madre mi chiamò in cucina e porgendomi un cesto di frutta e le bottiglie di acqua, mi disse: “ mi raccomando, comportati da gentiluomo, evita di fare brutte figure … con la ragazza, ricordati che i loro genitori l’hanno affidata a noi…….“

Di nascosto dei miei genitori, la notte mi arrampicavo sul grande ciliegio ad angolo con la casa, da cui si vedeva bene la camera da letto di Pamela; era bellissima con i lunghi capelli biondi sulle spalle, seduta sul letto a scrivere sul suo diario, che ripone nel primo cassetto del grande comò sotto la finestra piccola che si affaccia sul lato ove c’è la fontana che zampilla nella vasca.

Me ne ero innamorato molto, la desideravo e penso che anche lei mi desiderasse, si era accorta di come la guardavo, con quegli occhi dei vent’anni; ogni anno tornava sempre più bella; bellezza risaltata maggiormente dall’abbronzatura e dalle lentiggini sul viso, mi piaceva molto, da morire.

Con l’assenza ci convivi, ma col desiderio è guerra, è tempesta e in me c’erano delle grandi tempeste!

A tavola nei momenti giusti lei mi guardava e il suo sguardo mi diceva tante cose era un vento di fuoco come quello che salendo dal mare piega le cime degli alberi accende il canto delle cicale, fa riparare gli asini sotto l’albero di carrube. Il suo vento mi bruciava, mi faceva ardere di passione che spegnevo andando a tuffarmi in mare.

Io mi ricordo!

Ricordo il primo bacio quando organizzammo una serata in riva al mare, nella spiaggia dei gabbiani. Cenammo a tramonto finito, a lume di candele; mio padre stranamente quella sera parlò di me, dei miei studi in agraria, del mio destino di prendere in mano la sua eredità.

Guardavo la barca dondolarsi, trattenuta a riva da una lunga fune legata a uno scoglio; spudoratamente davanti ai miei genitori la invitai a fare un giro in barca, cosa che lei accettò immediatamente.

Piano piano la barca uscì dalla luce lunare che illuminava il mare, mi fermai a ridosso degli scogli e alzati i remi in barca, mi avvicinai per baciarla……. L’incanto finì immediatamente interrotto dalla voce di mio padre che mi chiamava….