Quel sentire chiamato
“ REGGIO CALABRIA “
Di Vincenzo Calafiore
20 Luglio 2024 Udine
“ … ho voluto essere padrone
di ogni attimo della mia vita
…. “
Vincenzo Calafiore
Se
mi venisse chiesta la mia età, non saprei cosa rispondere, gli anni non mi sono
mai pesati addosso, ma saprei raccontarla perché la ritengo una bella favola di
un lungo viaggio sempre in cammino, la scoperta dell’ignoto, fatta da indigeno
o da esploratore, in terra natia o straniera, senza mai fermarsi.
Ricordo quando una
sera sul lungomare di Reggio Calabria dissi alla mia terra: “ Lasciami, non
trattenermi .. “, sono partito e non ci sono più tornato per viverci, ma è
stato un viaggio di conquista, di conoscenza, di speranza, e comunque sempre
nel miraggio di un prossimo altrove, dove probabilmente il conforto della meta
raggiunta si confonde al sollievo del percorso concluso.
La mia città, Reggio
Calabria, ci è voluta, non fosse che per andarmene via e avere nel cuore e
nell’anima la propria città natia significa o vuole dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle strade, nel lungomare, nella città stessa c’è
qualcosa di mio che anche quando non ci sono rimane ad aspettarmi, e sono
queste le cose che a un certo punto costringono a tornare.
Nelle lunghe e
fredde serate qui al “ Nord estremo”, in un’altra terra, il Friuli Venezia
Giulia, diversa della mia Calabria, spesse volte incalzano nella nostalgia,
immagini, a volte crude, più spesso poetiche, talvolta visionarie.
E’ un viaggio nella
memoria con un orizzonte geografico, ma anche con una dimensione interiore; è
come se ci si immergesse nel profondo di se stessi, delle proprie nostalgie,
del proprio male di vivere in terra straniera, dove non sono ne carne ne pesce,
esisto solamente.
La vita finisce ogni
giorno e ogni giorno prolunga la mia esistenza con una magia della memoria che
occulta ciò che è in piena evidenza: la nostalgia della mia città, di Stefano
Federico l’amico, il fratello, il compagno silenzioso, ma so che c’è , è in me
sempre!
Ecco che appare in
tutto il suo splendore il Sud che intreccia la mia vita, la terra e la cultura,
non per vendersi meglio, non per smerciare patacche agli americani, ma per
mettere la sua aria nell’aria del mondo intero, quell’aria che a memoria ancora
respiro.
Un Sud capace di
essere miracoloso, magico, un sedimento mitico che viene da un mare gremito di
storia e di voci, di canti, di colori, di atmosfere romantiche uniche, che è
anche un grande paese con tanti paesi dentro, con tante culture e costumi,
usanze diverse, che è Grecia, Hellas, Ellade.
E’ un qualcosa in
più è: Calabria, Calavria!
E’ poesia!
Che ancora c’è nelle
nostre terre, è questa una magia! Che ci tiene insieme, quest’antica bellezza
che vogliamo a tutti i costi proteggere e accudire!
La magia che oltre a
tenerci assieme denuncia un imbroglio, quello dell’aver portato l’umano dalla
grande civiltà del segno, della cultura, alla civiltà della decadenza, dell’isolamento
economico, è questo il grande imbroglio.
Vivere qui al Nord è
un fare i conti con un mondo di fantasmi “ carico del già visto, del già
vissuto”, ma anche di cose scolorite, di irrimediabili perdite; si mescolano ai
continui ricordi, improvvise fenditure di malinconia in quello spazio metafisico,
le ore azzerate nell’immobilità che sempre più rassomigliano a un destino:
Vincenzo è dentro un gioco di cui non gli sono state spiegate le regole ferree….
Nessuno può impedire
ad un altro di coltivare una sua propria memoria concentrata nel ricordare i
luoghi verso i quali andare.
I gabbiani ogni
tanto mi sfiorano, mi conoscono, mi sfiorano senza fermarsi come per ricordarmi
la loro presenza. Si muovo tra un angolo e l’altro di questa porzione di
spiaggia a qualche migliaia di kilometri dagli occhi miei.
La luce tenua, i
colori smarriti, gli occhi di bambini incantati dalle favole che io seduto fra
loro racconto; la magia delle parole, coriandoli sospesi nelle magiche
atmosfere di sirene e regno fatato del mare.
Ho con me un
barattolo legato a uno spago, in cui mi pare di udire il mare!
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