L’appiattimento
Vincenzo Calafiore
La
sferzata del vento gelido sul viso, che tormentava le foglie cadute a terra fu
come uno schiaffo.
Era
l’inizio di un giorno qualunque, il freddo pungente sembrava il preludio di un
mutamento in arrivo.
Le
scarpe scricchiolavano sulla ghiaia del viale che portava alla scogliera sopra
il mare, da cui lo si poteva vedere e annusare la salsedine portata alta dal
vento.
Mi
fermai come incerto, girai appena la testa per guardarmi alle spalle e passai
la mano sul petto per sentire il mio cuore battere, ero solo a tu per tu con il
mare.
Ho
pensato a quel tempo che trascorrevo a guardarlo e allo stesso tempo pensare, o
leggere un buon libro seduto su uno scoglio circondato dal mare; quella si che
era vita, c’era qualcosa in essa che ad ogni modo si faceva amare, desiderare.
Oggi si fatica perfino a vivere, siamo
diventati capaci di vivere in uno stato di simulazione gioiosa, capaci di
entrare in un immaginario, pur di salvarsi dal disincanto e dalla cattiveria.
La
televisione raramente offre qualcosa di buono, per la maggior parte produce a
cascata stupidari di successo pari alla loro euforica insignificanza;
analizzando questo insieme, viene fuori una impietosa radiografia tragicomica,
parodistica, surreale degli orrori quotidiani, contemporanei, della stupidità,
della violenza, della corruzione diffuse nella società, nella politica,nella
cultura, nei rapporti personali e persino nel tessuto psichico individuale.
O
forse “ Il mondo “ è già finito da un pezzo, e non resta che raccontare il suo
lento estinguersi nella farsa, in quegli uomini depilati, effeminati e con le
calze a rete e donne sempre più meno donne; e noi siamo li a guardare, arresi ,
magari con quella imprudenza di ridere, ritenendole normali.
E
invece è già tutto avvenuto, già sepolto, ricordando quello che era un vero
sorriso, una vera vita, come un fiore abbagliante sulla tomba del mondo!
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