Ci vorrebbe il cielo
Di vincenzo calafiore
10 agosto 2016 Udine
Rimane alla fine la
“infinita” dolcezza del bacio, negli occhi pieni di felicità non c’è posto per
altre visioni, così resto tutto il giorno come legno in mare perduto in quel
mare più grande di me, un mare più grande del mare.
E’ ormai tempo questo
vissuto a grandi braccia se pure fatto di brevità venga preso per mano.
Nonostante io faccia
di tutto per rimanerci, vengo invece trascinato da una forza misteriosa che assieme a me inghiotte avidamente ogni
cosa.
Le lontananze si
accorciano come pure le distanze in cui si amano certi ricordi, la vita così
pare un’astronave a remi che naviga negli spazi infiniti portandosi tutto
dentro, per andare chissà dove.
E in tanto in un
tempo diverso si consumano così i giorni, tasselli di vita che faranno parte di
un mosaico ancora più grande, chiamato anche bagaglio.
Lei è qui.
In me, tra le mie
cose di ogni giorno, nella poesia quotidiana che si scrive da sola. E mi
accorgo che non basta mai, tanto è grande la sete dell’intima felicità, tanto
ho bisogno di lei.
Se la vita è poesia,
perché ridurla a mera quotidianità?
Perché non lasciarla
sogno che è?
Perché farne di lei
un contenitore di bruttezze?
Ecco saranno queste,
le bruttezze che mi hanno portato a ideare e quindi disegnarla e costruire la
mia astronave a remi, con la quale sfuggo ogni giorno alla lenta morte della
quotidianità.
La mia astronave che
mi porta ovunque negli spazi ancora da esplorare in cerca di una forma di vita
diversa, ed è quello che stanno facendo ora milioni di uomini e donne, bambini,
ammassati in aree circondati da pali e reti, una forma diversa dei campi di
concentramento, e usati come arma di ricatto, merce di scambio, per avere e
conquistare nuove posizioni, nuova voce, nuova rappresentanza alla corte dei
nani illuminati.
Ma c’è un nano ragioniere, il più terribile. Il nano
freddo e calcolatore che ragiona con le cifre e non con il cuore, ed è lui a
definire il destino di milioni di persone in movimento, assieme ai tanti che si
muovo in fondo al mare, indifferentemente se giovani o vecchi, bambini, tutti
lì ormai appartenenti al mare, nutrimento che poi nutrisce!
Ci stiamo mangiando,
massacrando, stiamo uccidendo per un pugno di cosa?
Ma è così davvero?
E’ cos’ davvero poco
importante lei, la poesia di ogni giorno che non scriviamo o non sappiamo
scrivere più?
Allora c’è da
chiedersi davvero che fine abbia fatto l’umano che un tempo si commuoveva e
accoglieva, l’umano che divideva il pane con chi non l’aveva?
Che fine abbiano
fatto quei sentimenti del muto soccorso ora che impazzano i nani?
I terribili nani che
abitano in sontuosi palazzi, in cui decidono i destini di tutti.
Questi trafficanti di
politica e di scambi sotterranei,
questi che in
superficie danno parvenza di pace e in sotterraneo vendono e alimentano morte e
distruzioni.
E’ per questo che
tutti i giorni salgo a bordo della mia astronave a remi e lì resto incapsulato
a immaginare e cercare una vita diversa, lontana dai nani!
Da uno degli oblò
della mia “ astronave a remi “ ho cercato il cielo, il cielo era lì, ma in
realtà navigavo in un oceano immenso buio, senza divinità.
E’ da tanto che remo,
per un viaggio senza fine, in cerca delle mie chimere e questa notte manca
proprio la mia terra: l’amore per la vita!
Nessun commento:
Posta un commento