Un mare da attraversare
Di vincenzo calafiore
18 Agosto 2016-Udine
“ Continuo a combattere,
io credo in te, piccola vita”
Capita nel corso
della “esistenza” di scivolare piano senza accorgersene in quelle zone d’ombra
dalle quali a volte è difficile uscirne e se si riesce si rimane frammentati e
con la consapevolezza di essere nel “ marrone” assoluto, ( non chiedermi cosa
sia il marrone).
Sono le personali
fragilità a portare a queste condizioni quando vengono a cozzare con una realtà
cruda e violenta, spasmodica. Ma c’è anche quella necessità persistente,
continua, del chiedersi: chi sono e cosa ci faccio qui, dove devo andare, qual
è il mio significato ora su questo gomitolo di lana chiamato pianeta terra?
Me lo chiedo sempre e
mi do risposte sempre diverse, sempre con un interrogativo alla fine che porta
da altre parti, che porta dolore da lenire e a cui dare risposte una ragione
per continuare a sopravvivere e non a vivere che è un’altra cosa, con tutta
l’attenzione a non coinvolgere quei, bene e sentimenti che sono le
appartenenze.
La brutta razza dei
“sognatori “ o dei “ spiaggiatori “ a
cui appartengo, cioè di coloro che ancora posseggono un sogno o che vanno per
le spiagge della vita in cerca e li raccolgono non per ornamento ma per farne
vie, segni, da seguire, da trattenere per farne terra in cui seminare affinchè
altri possano trarne nutrimento.
Vivo con le mie paure
Vivo con i miei
disagi
Vivo
nell’indifferenza casuale della vita stessa.
Mai soggiogato.
Ma è un altro
discorso.
Sono nato in una riva
al sorgere del sole e venivo da una culla di madreperla con una tipografia
degli affetti e come il mare mi muovo, a volte travolgo e ferisco, a volte
placido e sereno; una fascinazione antica che percepisco attraverso il
linguaggio dei sogni. C’è l’interminabile legame con mia madre, il legame con
la vita, la sopravvivenza, la sussistenza che diventa amore. Ho cercato di
mettere in scena di lei i gesti, la poesia, la quotidiana lotta contro
l’indeterminato destino, come da quella volta su una spiaggia a oggi anche se
lei a sua volta è diventata pensiero.
La mia vita dunque si
snoda tra le parole, nell’idea stessa d’una sacralità della parola intesa come
vita, le parole che danno vita ,le parole che rivendicano verità…
Mi piace la verità
perché non basta essere nel mondo e negoziare l’esistenza occorre rimettersi al
mondo ogni giorno e ripensare alla storia, non basta edificare se stessi,
bisogna anzi c’è necessità di edificare il mondo con la pace, in mezzo a uomini
combusti dall’odio e dal rancore, dalla cupidigia, dal potere e dalla
sopraffazione, dal razzismo, dalla violenza.
Ma c’è un mare da
attraversare: il senso della vita!
Con quell’insana
parola: magari… all’insegna della vertiginosa e incessante indagine su una
profonda insoddisfazione …. È’ un logos avvilito, incapace di salvarci,
destinato a celebrare la deriva del senso.
Con una coscienza
ebbra e in astratta absentia!!
C’è un retrogusto
amaro del senso di esistere elaborato con sapiente retorica, un retrogusto con
andamento progressivo che legge il mondo disperato e magnifico, frantumato e
totalizzante, in una luce di radicale fatalità, per quello staccarsi dai
dettagli delle tessere dal limite dei sogni.
“…. che ne sanno gli altri se prima non indossano
i miei panni di ammuffita speranza di un sogno! Quando invano l’aspettai sul
ciglio di una strada, poi venne la morte
ebbe i miei occhi!
Nessun commento:
Posta un commento