Tornare all’anima
Di vincenzo calafiore
20 Agosto 2016 Udine
“ .. quella sensazione costante di sentirsi
soli,
di non sentirsi amati ne ascoltati, compresi.
L’unico che ci capisce veramente è Cristo! E
noi non lo ascoltiamo…. “ ( vincenzo calafiore)
La nostra civiltà, che possiede il controllo
della tecnologia ed ha abbondantemente soddisfatto gran parte dei suoi bisogni
elementari, ma anche quelli artificiali, quindi meno autentici, avverte, ormai
da troppo tempo, che il proprio patrimonio intellettuale non ha più risposte
buone e concrete da offrire.
E’ una civiltà che sta rischiando di farsi
rubare il futuro da un malessere che a molti filosofi e sociologi piace
definire < dell’anima >.
Non lo si può negare, ne far finta di non
vedere, la decadenza si vede, si tocca, si manifesta continuamente e si
trasforma in paure e indecisione permanente; è una civiltà che svenduta adora
il vile < dio denaro>, rovinata dalle sue stesse bramosie di avere tutto
di tutto.
La decadenza si vede, si tocca con mano, si
manifesta continuamente in continue umiliazioni della verità che questo modello
di società aborra.
A questo punto cosa, fare?
A che cosa possiamo ancorarci?
E soprattutto che cosa è rimasto come
riferimento?
Se ci voltiamo un attimo a dare uno sguardo
al nostro passato culturale, osserviamo che il Rinascimento è finito,
l’illuminismo anche, il Romanticismo è diventato una corrente per pochissimi
specialisti e, infine l’Umanesimo non è messo bene, così com’è, trascurato
nell’insegnamento poco più che un vago ricordo.
E’ un dolore dentro che si fa portare senza
dolore assistere al lento appassire delle coscienze, tanti come me avvertono
che bisogna reagire, prendere in qualche maniera posizione, scrivendo “pezzi “
per far reagire le coscienze, per ricominciare a sperare in un nuovo Umanesimo.
Non occorrono nuove filosofie, grandi
riforme, nuovi progetti, perché abbiamo tutto a portata di mano; è necessario
imparare solo ad avere rispetto e riguardo dell’altro, di gettare via
l’incoscienza-coscienza, di levare la maschera, ragionare per cercare di dare
risposte, forse ripartendo da Blaise Pascal pensatore francese.
Pascal chiedeva all’uomo di credere in Dio:
se lo avesse trovato, il suo premio sarebbe stato il paradiso, se non ci fosse
stato avrebbe comunque vissuto bene, senza perdere alcunché.
Oggi a distanza di tanto tempo, forse tre
secoli, quattro, visto il “ maraccio “ in cui siamo al nome di Dio si potrebbe
sostituire Cristo. E perché?
Così accadde che alla fine dell’Impero
romano, si fece la scelta di affidare al Cristianesimo il compito di
traghettare la civiltà antica, oggi dobbiamo e non si dovrebbe,
aggrapparci alla realtà più certa a nostra disposizione: Cristo.
Ricordando le parole di Benedetto Croce, del
celebre saggio “ Perché non possiamo non dirci cristiani “, dà importanza al
fatto che l’eredità di Cristo ha rappresentato una rivoluzione, dinanzi alla
quale tutte le altre infinite scoperte dell’umanità sembrano limitate. La
rivoluzione cristiana colpì essenzialmente l’anima dell’uomo e la cambiò
radicalmente.
Il mondo antico scommise su Cristo e convertì
i barbari, l’umanità sopravvisse attraverso la forza della nuova fede quando le
legioni romane furono distrutte.
E tutto accadde più per istinto di
sopravvivenza che per ordinato progetto. Dopo la caduta di Roma più che i
singoli precetti del Cristo si sono realizzati quei valori che poi sono entrati
in circolo nel sangue.
Vale a dire, l’uguaglianza, la giustizia per
tutti, la non violenza, la libertà, la stessa democrazia. Sono gli stessi
riferimenti che da molto tempo questo mondo moderno in crisi cerca e che sa che
tutto non si può risolvere col denaro.
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