Prova a raccogliere cielo
Di Vincenzo Calafiore
19 Dicembre 2016
Trieste
Succede a volte e,
succede di notte, quando tutto ha lo stesso colore e si perdono i confini.
Tutto è uno spazio
unico, e allora nascono i sogni che riemergendo da un nulla portano con se
quello che manca o che c’è e che continua.
Succede che dalle
quinte si rianimano certi personaggi chissà da quanto tempo rimasti impolverati
in un sonno che a un certo punto non volendoli li vomita sul palcoscenico
assieme ad altri già operosi e recitanti; avvertono la distanza, avvertono quanto
è andato perduto e non hanno parole, non hanno occhi per sentire il calore che
c’è e si sente al di là della luce, il pathos di tante anime che amano ancora
nonostante tutto.
Tu sei lì, bella più
che mai, in quell’angolo di cielo a cui vado con quel mio dentro che a volte
debordando scivola insinuandosi in altre volte sconosciute, così a vedermi non
mi riconosco neppure io tanto sono distante, tanto sono lontano, eppure di
tanto amore.
Capita pure a me di
volare, lasciare questo stomaco profondo che tutto macera per raggiungere
chissà dove tu nascondendoti ai miei occhi mi attraversi come fossi un’immagine
di tante altre, sempre più dolci, sempre più mielose.
Così accade che nasce
il desiderio di fermare il tempo, frenare la folle corsa che in qualche modo mi
prende per farmi burattino uguale e identico ai tanti che annaspando cercano
salvezza, magari dentro uno sguardo o un sorriso, in una parola, in un ti amo
che a volte non c’è.
Capisco che non c’è
più mare, ma solo una forma uguale alle altre, di tanti desideri che non sono
riusciti a prendere il cielo.
Io e te proviamo a
prendere o a fare cielo, proviamo a volare dentro flussi che ci traslano in
altri altrove, impariamo a conoscerci, impariamo ad amarci.
Se tu almeno provassi
a dipanare la notte e le sue tenebre, se tu provassi a raccontar le fiabe che
conosci, se tu provassi a sorridere, pensare alla luce, al calore, a un ciao, a
un ti amo!
Sai che da lì a poco
potrà nascere un’alba e l’attendi con ansia come fosse una prima volta, pensi a
lei e già prendono sopravvento le misere condizioni del rimanere fermi e venire
portati via senza provare ad alzarsi in volo.
Allora forse,
affinchè si possa ancora narrare, o raccontare un’ altra esistenza, imparare
invece ad amare, quanto l’aurora al suo sorgere rilascia.
Prova a prendere il
cielo, prova a sognare che al di là del mare ci sta un altro mare più grande,
un mare che non ingoia, che non annega, semmai ti solleva per lasciarti in una
specie di sospensione assieme a sogni e desideri.
E’ uno scorrere a
volte lento, a volte veloce, di cose più o meno belle, la vita!
E tu sai che la tua
vita è quella che tu vuoi che sia; pensa al pane, caldo e profumato. Pensa a un
pane da dividere con chi più ami o vorresti che ci fosse e non c’è ma che è in
te pur se nelle lontananze, nelle assenze, in cui esiste e torna.
Senti e percepisci la
poesia che ha uno sguardo!
Viene da lontano, da
un ti amo! Da un volto che formandosi si nasconde lasciandoti nell’immaginazione
di quel qualcosa che potrebbe da un momento all’altro sopraggiungere con un
viaggio e una storia da raccontare.
Immagina che sia
così, immagina solo per un momento di essere in grado di fare e pronunciare
parole che fanno bene all’anima, immagina che tu potrai essere alba o tramonto,
luce e mare o grande mano che tutto prende!
Quanto m’è dolce
vivere se in questo ci sei tu, lo dico sempre più per darmi coraggio a
continuare a cercarti tra le tante uguali, tra le tante assenti.
Ci provo ogni sera e
ogni notte fino all’alba, quando sparirò assieme ai sogni che mi videro
unicorno tra le stelle verso una sola stella, la più luminosa, la più bella.
Cercando di essere
quaderno, il tuo quaderno!
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