Un magico viaggio
Di vincenzo calafiore
08Dicembre2016Udine
Fra poco, tre giorni
“dovrei “ festeggiare i miei 70 anni ! Dovrei con chi mi vuole bene o che mi
ama fare come si fa in queste ricorrenze trascorrere dei momenti intimi, fare
magari cin-cin col bicchiere in mano.
Per me la data
dell’11 Dicembre rappresenta una sosta in una stazione intermedia del mio lungo
viaggio, è passato mezzo secolo seduto dietro un finestrino, ho visto e vissuto
molti cambiamenti, ho visto rinascere dalle rovine.
Il mio è stato un
viaggiare lento di un treno a scartamento ridotto, lungo binari che hanno sempre
costeggiato il mare, lontano dai riflettori.
Dunque sarà il
momento di fare quattro conti, pensare se continuare con la mia lunga deriva a
navigare su mari quasi sempre imbronciati.
Ci sono stati lunghi
periodi di bonacce, con le vele vuote di vento quasi dimenticato in mezzo a
mari sconosciuti, in attesa degli Alisei, o almeno di una bava di vento capace
di risollevare la chiglia e far tornare la mia nave a navigare.
Per mia fortuna a
salvarmi c’è la mia “ Pegasus “
l’astronave a remi, leggera, che con un
po’ di vento e la giusta spinta di remi, mi fa raggiungere i cieli di mezzo
dove soffiano forti venti che mi portano lontano verso Orione.
Ed è lì che vorrei
andare da una vita, lo vorrei se non fosse per i venti contrari che a volte
imbrigliano “ “Pegasus” e la fanno virare verso altri pianeti ancora più
distanti, ancora più lontani da Orione.
Dovrei gettare l’ancora,
smetterla di scrutare orizzonti ampi e lontani forse per esorcizzare la paura
della fine che a volte mi ha fatto ritrovare una difesa antica efficace pure
per combattere i fantasmi connessi alla miserevole limitatezza della condizione
umana.
Ho visto spesso la
mia vita come un’immagine che torna da un luogo e un tempo lontani, rompere le
leggi dell’irreversibile, per questo ho tenuto aperto uno spazio di fuga.
La piacevolezza di
intrattenermi coi ricordi è un quasi ritorno scopro così che il tempo, pur
finito, consumato e dissipato, in qualche modo pulsa ancora, ed è anche suono,
musica, poesia, sembianza, voce, è Amore.
L’amore come
linguaggio della Poesia, l’amore che viene da lontano che mi trasla in nuove
dimensioni temporali dando vita ai sogni che mi fanno mettere la prua di
Pagasus alla volta di Orione.
La poesia dei canti
leopardiani, del Foscolo, la poesia che c’è nell’amare una donna è un linguaggio che porta lontano, propone un
pensiero che va lontano oltre il visibile e il tangibile.
Amare è un vedere e
un oltrevedere, diventa distanza, passione, diventa autenticità, armonia e
disarmonia, canto e silenzio, soprattutto “ voce di assenza”.
Ma è allo stesso
tempo incontro che genera un nuovo tempo, forse una tregua momentanea,
sospensione del reale per sognare, per vivere.
Così accade che nasce
il desiderio del bacio, la congiunzione delle labbra, dei corpi che si cercano,
è il desiderio di vivere a lungo la piacevolezza dell’amore!
Così in compagnia di
questi desideri navigo supero le tempeste peggiori e più di tutto uomo che ama
davvero tutto ciò che mi contorna, tutto ciò che ho nel cuore, sconfiggendo
ogni forma di minacciosa distanza..
Chissà come sarò dopo
l’undici dicembre!?
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