L’ultima marea
Di Vincenzo Calafiore
20 Dicembre 2016
Trieste
Barba bianca e
capelli arruffati dal vento, da ogni vento del mare, carnagione olivastra, gli
occhi piccoli verdi, mobilissimi, pronti a seguire le spericolate traiettorie
dei gabbiani:
Andrea delle maree!
Gli bastava scrutare
il lento andare delle nubi all’orizzonte, poco sopra gli ultimi scogli, per
capire se il mare sarebbe stato generoso coi pescatori, oppure non uscire
affatto in mare per sfuggire alla burrasca.
La sua vita seguiva il
ritmo delle maree, delle onde e l’intensità della luce del sole, piegandosi ai
voleri della luna solo quando era tempo di razziare sogni al largo del mare più
grande, i bianchi unicorni facilmente addomesticabili, nelle ore notturne,
grazie alla complicità della luce lunare.
Andrea, oltre a
conoscere il mare era un narratore di sogni!
Le sapeva raccontare
le storie con toni e pause con cui i vecchi narratori incantavano gli
spettatori delle tragedie greche in riva al mare, e le raccontava ai bambini
che incontrava per strada o nelle piazze, sui gradini di una chiesa.
La voce profonda, resa
leggermente roca da un sigaro stretto nell’angolo delle labbra, le immaginarie
geometrie disegnate nell’aria con le spesse dita, ne facevano il miglior
narratore delle leggende del mare; non c’era onda di cui non conoscesse i
segreti.
Storie che
incantavano i bambini!
Spiriti d’indomiti
marinai s’univano nei suoi racconti agli angeli tessitori delle maree, al canto
delle sirene e c’erano pesci d’immensa bellezza, allegre stenelle pronte a
saltare davanti allo scoglio ove andava a sedersi.
Andrea aveva un
amore!
La donna dagli occhi
di gatta, che si aggirava nei suoi sogni, sinuosa e graffiante, figlia di un
amore più grande tra la terra e il mare. Amore sancito con la complicità di un
gabbiano che aveva rubato i raggi alla luna per farne lunghi capelli e ciglia e
le raccontava di lui.
Lo sapeva pure il
mare.
L’aspettava ogni sera
davanti alla finestra dove spesso si addormentava, ma la magia si svelava di
notte nel sogno più bello, fino al mattino che gliela portava via, lasciando
scie di sabbia che dal letto finivano in mare.
La terra e il mare
con l’aiuto del sole la nascondevano fino al tramonto, e quando saliva la marea
lui era lì nel vento ad attenderla ogni volta con un anno di meno, sempre più
bianco, sempre più salsedine.
Lei ogni alba lo
accoglie a ridosso dello scoglio, con le sue braccia di seta blu, gli accarezza
i bianchi capelli e la lunga barba, ascolta la sua voce e s’incanta, sente le
sue mani e si stende fino a diventare mare che lo avvolge e lo solleva fino in
paradiso.
L’ascolta quando lo
sente raccontare le sue storie negli immensi abissi dell’infinito amore. Parla
di luccicanti schiere d’onde, alte e maestose che lo accolgono in paradiso,
quando le naviga col suo gozzo, dritto a poppa con il legno del timone stretto
tra i polpacci e una ciurma di bambini intorno.
Una notte di luna
grande e piena di luce, lei lo trascinò nel suo letto coprendolo di baci e di
carezze come solo lei sapeva fare, la sua donna!
Qualcuno giura di
sentire ancora nelle notti di maggio, il rombo del motore della sua barca
riverberarsi tra gli scogli.
Altri raccontano d’averne
scorto la fumata sagoma d’onda, durante la tempesta che risucchiò la notte,
mentre Andrea scivolava sulla schiuma di una marea lunga una vita dove ancora è
possibile amare senza inganno, con la poesia che dell’amore conosce i battiti d’ala
che segnano l’aria di forme e geometria. Come una vita, come un sogno!!
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