Più in là di una carezza
Di Vincenzo Calafiore
30Dicembre2016Udine
“ Sono e vogliono essere i miei personali auguri di un fine anno che ci
ha visti emozionati, ancora capaci di sognare e di amare. E’ stato un viaggio
meraviglioso che abbiamo fatto assieme, io e voi! Donne e uomini, coi capelli
canuti, con le nostre rughe che invece di devastare abbelliscono i nostri visi,
con negli occhi il desiderio di vivere che è luce, che è vita! Per me autore preda
di una sana follia, che ha voluto con ogni parola, con un verso, con una pagina
tenervi affianco su quella immensa astronave a remi la “ Pegasus” con la quale
ogni notte abbiamo viaggiato dentro e fuori di noi, dei nostri cuori, della
nostra anima di picari! E’ un dirvi grazie, grazie di avermi supportato e
sopportato, è gratitudine che conservo nel mio cuore di anima ribelle che sono,
di pirata, ladro, saltimbanco e funambolo, ma sempre con quella matita in mano
che traccia ogni notte una nuova rotta a cui portarvi. Auguro a tutti voi di
provare a credere che tutto è possibile perfino arrampicarsi al cielo, che è
possibile amare, dire ti amo alla persona che si ama, di porgere una mano a chi
è in difficoltà, di amare anche coloro che si sono dimenticati di noi, della
nostra esistenza, del nostro saper amare. A voi tutti auguro che quel libro di
sole 12 pagine che a breve andremo a scrivere sia un coro che esalti tutte le
bellezze che sono più in là di una carezza! Buon Anno 2017 a voi tutti lontani
e tutti in me… a bordo della “ Pegasus “ la nostra – Astronave a remi - Ciao, Vincenzo Cala Fiore”
Dalla penombra di un
angolo a lato di un grande e massiccio armadio in noce, con lo specchio
sull’anta corroso dalla ruggine, legno in parte tarlato e rilasciato a terra
come fosse fine polvere biancastra, che lei dall’alto del letto immaginava
fosse polvere caduta dalle ali degli unicorni che di notte venivano a trovarla
per portarla lontano in quel mondo che c’era appena fuori dalla sua finestra.
Da quella penombra,
Filippo che una volta e per sua fortuna per lungo tempo aveva letto e recitato
poesie e storie di altri, ogni sera, prima che la luna raggiungesse la cima più
alta del cielo, lui le recitava la sua storia, quella che aveva scritto per
Margherita ormai da molti anni inchiodata in un letto, paralizzata dal bacino
in giù, quando andando per mare un’onda di mare bastardo oltre a travolgerla la
sbatté violentemente contro la scogliera rischiando di annegare.
Con la sua voce,
bassa e rauca per le tante sigarette fumate, restavano per qualche attimo sospese
nell’aria prima di diventare scie luminose e svanire con uno scintillio sempre
più fievole fino a scomparire del tutto.
La stanza di antichi
suoni si apre alla storia, la storia, terragna e volatile, si gremisce di volti
e i volti solari di chi prima volava in punta di piedi.
Prima del grande
inverno la terra s’era raggrumata come le nuvole attorno al cielo, era come
fosse di cartapesta, fragilità come
anime in attesa del calore di una mano.
Margherita e la sua
soffice attesa di un evento, come scavata nelle ossa nelle afose ore, nello
stordito mormorio di un desiderio chiuso nello scrigno crudele dei suoi riti.
Le parole si muovono
nell’aria, ed ecco il volto fissarsi in un ovale che oscilla e si muove come
per raccogliere luce e rinviarla sfocata o fiammeggiante a una luna che sola se
ne sta a guardare come il cielo certe volte guarda il mare a levar colori.
La voce è di tante
voci che sono dentro, echi remoti di parlate piane e di sorrisi, baci, e onda
sottostante di musica che conduce a cruda verità; portava all’incastro del
sacro nel profano, la sapienza e il desiderio di tornare a volare nel
fantastico mondo raccolto in una frase franta, in una scheggia aguzza di
dolore, nel rimbalzo di un grido, di un ti amo!
Un fiato di ricordi
basta talora a suscitare in lei un vento forte e potente di emozioni che come
marea la solleva verso il confine oltre la carezza << oltre >> e
sente nell’aria il profumo della pelle, sulle labbra il calore di altre labbra.
Per la prima volta il
fissarsi dolce delle vite che da troppo tempo attendono d’essere liberate dal
bozzolo, ed è intreccio, coniugazione di un verbo che prende vita, cambia e
rivolta, rinascere sulle ali leggere e fantastiche di un si.
Filippo la guarda incantato,
lei lo guarda silenziosa e socchiude la bocca e ha denti bianchi come
gelsomino, mani come mare che sanno abbracciare.
Come un pianto
dirotto e disperato scoppia la passione: dona amore e gioia, là oltre il
confine di una carezza.
Tanto tempo passa da
quel tempo: 12 pagine raccolte in un fascio come di rose rosse!
E ancora la sua voce,
che si smorza e rilascia ancora amore in quel tempo avanti ormai negli anni ;
soli nella stanza vivono un nuovo amore di tanti < ti amo > ancora
sussurrati.
La vita è un
temporale che gira come il tempo vuole!
La loro vita che si
mischia con quella del fantastico che c’è in una carezza, in un bacio: un
popolo minuto circondato dall’attenzione di un Dio che vuole che questo accada.
Amare è un qualcosa
di immutabile che sfida le epoche ed è il sapore della vita che nasce e muore
se manca il calore di un ti amo, come fiamma arde e brucia.
Dall’ombra esce una voce forte e grande come un dio, nel
lungo e interminabile monologo che porta oltre la linea scura che c’è più in la
di una carezza.
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