domenica 13 ottobre 2024



 

Amo questa mia età

Di Vincenzo Calafiore

14 Ottobre 2024 Udine



A volte guardando il cielo

cerco il mio cielo, quello dello Stretto.

E trovo la solitudine, lo spaesamento!

Mi rendo conto di non essere ne Calabrese

ne Friulano, ma semplicemente: uno!

Che non vale niente! “

                                    Vincenzo Calafiore

 

 

 

Io Amo questa mia età, anche se povera e meschina, la sento addosso come un vestito comodo anche se è sdrucito, e non solo. La vivo anche come un tempo che non è stato mai tempo, come mare che ho solcato spostandomi spudoratamente lungo le sue arterie senza passaporto né documento di riconoscimento; la mia vita, una volta conosciuta, l’ho cercata sempre come si cerca un amico, l’ho vissuta, la difendo e la vivo su quelle cime d’onde spumeggianti, a volte in maniera irrazionale nel suo andare e venire a volte senza una ragione precisa.

L’amo.

 

L’amo come questo mare che ho negli occhi che m’intimorisce quando lo vedo spargere veleno e rabbia, ingoia e lascia lacrime. Lo amo questo mare che unisce civiltà e cose di una città divisa su due sponde diverse; nella stessa misura amo i ferryboat che vanno e vengono silenziosamente di giorno e di notte senza tregua, senza riposo, con cose e uomini sempre diversi; come asini sempre sugli stessi sentieri di campagna.

Ma lo amo ancora di più andando in barca, vagando sopra i suoi misteriosi fondali, in mezzo al canale dove il mare è più mare, più oceano, di altre parti.

E’ bello perché cangia colori continuamente come il cielo, ed è stretto fra due rive, perché da un lungomare si vede Messina.

 

Perché questo stretto è una scorciatoia che questo mare si è inventata per accorciare le distanze con altri mari ancora più grandi, con altra gente, con altre culture, con altri profumi e storie, musiche, canzoni.

E tuttavia affacciato da una ringhiera di una terrazza sospesa sul mare, corrosa dalla salsedine, invasa dai rifiuti e borse di plastica, aggrovigliate ai rami di cespugli secchi,  rimango incantato a guardare il sole levarsi su questo mare e le correnti misteriose che ricamano e disegnano questo stretto unico al mondo.

 

Guardare nella lontananza la striscia di fumo nero di un traghetto mi fa pensare alla vita che non si ferma mai, così alle mie passate battaglie perse, alle innumerevoli traversate su quei traghetti sempre più sgangherati, con le pareti delle stive pitturate di vernice bianca, alle mie ore passate dentro il bar immerso nell’odore forte degli arancini appena fritti, o alla ringhiera della passeggiata sul ponte da dove ho potuto vedere la sponda siciliana avvicinarsi con diverse tonalità di colori e velocità; e fu in quel bar che ebbe origine il primo dei miei viaggi verso un lontanissimo altrove.

 

Ma la cosa più strana che accade là in mezzo al canale è la magia di non sentirsi calabrese né messinese, ma neppure italiano. Si è semplicemente un uomo in mezzo al blu, un uomo libero, con il sapore del vento sporco di salsedine sulle labbra, con l’unico pensiero che in quel momento preciso gli balena in mente: libertà. Avendo la possibilità di poter guardare oltre l’orizzonte appena scavalcato e vederne un altro ancora più lontano, molto più vicino della vita stessa che in quell’aria dolce e serena pare una cosa lontana con tutte le sue precarietà.

 

E ancora io, maestro della disillusione che s’interroga e si cerca fino a ritrovarsi spoglio.

Ancora io desolato  e ironico, sprezzante del mio destino che si compie nonostante faccia continuamente degli scavi attorno con l’intento ingenuo di ostacolarne il compimento, che ugualmente invece va compiendosi con amarezza in ogni sua parte e sul suo senso della fine col conseguente impoverimento della mia immaginazione che non trovando ostacoli mi propone nuovi scenari, nuova vita.

 

Desidero chiedere a te che un giorno coraggiosamente prenderai in mano questo mio registro di navigazione, di spiegare a quelli come te sognatori e personaggi immaginari di questa favola che per meraviglia e per conoscenza si mettono in discussione, e non si perdonano gli errori. Uomini di mare, uomini capace di mare, cosa siano l’amore e la vita.

Chissà quante altre definizioni potrebbero saltar fuori dalla fantasia e io che non ci sarò o non potrò esserci desidero più che mai adesso lasciarti in eredità questo mio sogno perché è uguale al tuo.

Affinché si realizzi.

 

Affinché tu possa provare la stessa mia identica felicità nell’aver scoperto che l’amore e la vita altro non sono che la stessa cosa, mare! Mare che io ho navigato e in cui sono pure felicemente annegato ebro ancora di vita. Per questo voglio che tu sappia quanto grande sarai quando guardando una donna negli occhi sentirai nei tuoi una grande voglia di volare e raggiungere quei luoghi fino a ieri a te inaccessibili: hai cominciato a conoscere che l’amore è vita!

Un’unicità irrazionale, indifesa meravigliosamente indifesa, che ti farà grande! 

 


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