Come sarà il mio tempo?
Di Vincenzo Calafiore
15 Novembre 2024 Udine
“ La fortuna di trovarsi qui,
adesso
in questo fottuto millennio
di rovine e di disastri,
e di avere ancora voglia di
vivere e di amare
nonostante tutto la vita!
Perché sai, la vita non è
quella di questo girone d’inferno!
La vita è quella che tu hai
dentro, quella che ogni giorno
scrivi pagina dopo pagina e
nel mentre sentire l’ebbrezza
dell’amore, la voglia di
arrivare ogni giorno in riva al mare
per iniziare un nuovo
viaggio!
E’ questa la fortuna, la
fortuna di essere, di esserci, di riuscire
a pronunciare ancora adesso
in questo fottuto millennio:
<< Io Amo >> !
Vincenzo Calafiore
Attorno a una
visione o immagine, scriveva Calvino nella sua lezione sulla visibilità, ne
nascono delle altre ed è come se si formasse un campo di analogie, di
simmetrie, di contrapposizioni.
Sta alla scrittura
poi di cercare l’equivalente dell’immagine visiva, in uno sviluppo
tendenzialmente coerente, tendenzialmente perché in realtà è una molteplicità
di possibilità che si connette tra sensazioni e pensiero, perché la somma di
informazioni, di esperienze, di valori solo potenzialmente si identifica in un
mondo dato in blocco, senza un prima e un poi.
Il paesaggio della
memoria finisce con l’apparire distante,
alternativo alle visioni e alle sensazioni del presente.
Ed è nell’abitare
questa distanza che forse sarà possibile cogliere le modalità delle forme che
si accompagna al diverso percorso mentale.
La vita che si è
persa.
La vita che non si è
vissuta.
In una situazione
visione-memoria che scandisce l’accaduto con tutta l’irrevocabilità del
giudizio e che fissa inesorabilmente ciascuno alla propria storia. Un paesaggio
che non è così semplicemente, come appare ad un primo sguardo.
Una forza estranea e
indistinta, seduta da qualche parte, provvede a riordinare i ricordi dando loro
significato e freschezza,come una storia del giorno prima. E allora rassegnarsi
e proseguire per strade impervie.
Gli arabi chiamano “
pianura proibita” quei territori della scrittura dove lo stile pianeggiante
nasce dopo un lungo sforzo e difficili prove.
Forse si potrebbe
usare di Stendhal un epigrafe: “ la scrittura è come uno specchio portato lungo
una strada- La strada come metafora della vita. Lo specchio, iconostasi tra
soggetto ed oggetto, tra segno e significato, come metafora della mente.
In dicembre,
l’undici dicembre, suonerà la campanella di una casella testé superata, sarà il
mio compleanno. Che non festeggerò, semmai prenderò nota sul mio portolano,
scriverò di come è stato questo viaggio fin qui compiuto, basteranno poche
righe per compensare il significato della mia età.
Dovrei sentirmi
onorato, perché il mio capo canuto indica o sta a indicare saggezza; ma non mi
sento un saggio contrariamente semmai un “ picaro” un lestofante, un furfante
che si aggira tra le stelle a caccia di sogni da realizzare, e volerlo,
desiderarlo con tutta l’anima realizzare tutti i sogni che di notte cadono
nella mia rete. Da ladro di coriandoli quale sono non ho monete nella mia
scarsella ma solo sogni, per pagare Caronte …..
Ma mi chiedo invece
come sarà il mio tempo all’indomani dell’undici dicembre?
Certo non ci sarà
alcuna forzatura, alcun tentativo di apparire inossidabile, per apparire “trendy”.
La dignità umane del
congedo è fondamentale per chi va ma anche per chi resta a ricordare,
schiacciato dal peso del rimorso che lo corroderà dentro come un tarlo fino
alla fine.
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