lunedì 11 novembre 2024


 

                                     La paura dell’Amore

 

Di Vincenzo Calafiore

12 Novembre 2024 Udine

 

Mi è venuta in mente la mia vita in questa alba strana, e non l’ho riconosciuta! Questa che ho non la considero come tale e mi sento uno fuori da ogni logica a salvarmi è stato sempre il pensiero da primate, cioè di rimanere sull’albero e nutrirmi di foglie.

E’ una sopravvivenza, un sopravvivere quotidiano, fatto per lo più di rinunce e di lontane abbandonate speranze.

Potrebbe essere considerata questa cosa, vaga rassomiglianza alla “ vita”, a una costrittiva solitudine, sarà così?

Vero anche che ogni individuo ha della solitudine una percezione tutta sua mentre per alcuni rappresenta la noia del fare ogni giorno le stesse cose, un po’ come un criceto che corre dentro la ruota … e ci sono quelli che accolgono o accettano la solitudine di buon grado, quasi con un pizzico di entusiasmo.

Un po’ per snobbarla, un po’ per esorcizzarla! E’ dunque inevitabile invidiare la capacità di costoro con cui ne intrattengo il rapporto.

Questi sono gli “ artisti dell’evitamento, essi vorrebbero cancellare la noia  diluendola con le finte emozioni, una sorta di anestetico per non sentire il dolore.

In ogni caso, sia che adottino una strategia inibitoria sia, al contrario, una strategia esibizionistica, hanno in comune lo stesso denominatore: la dipendenza, infatti, gli artifici cui ricorrono finiscono per illudere e vivere una vita da specchio.

Se ogni individuo, infatti riuscisse ad interrogarsi ( pochi hanno il coraggio di farlo ) sul perché non riesce a rimanere solo potrebbe anche pensare perché non sappia stare in armonia con gli altri.

La “ paura di guardarsi dentro “ rappresenta il più delle volte la molla che fa scattare il timore del silenzio, identificato col “ nulla”, col “ vuoto esistenziale”.

“ Solo “ può definirsi colui che oltre ad allontanarsi dagli altri, evita di entrare in contatto con se stesso.

Se gli incontri interpersonali, si realizzassero sotto l’auspicio del riconoscimento reciproco, e se la gioia del donarsi si coniugasse con un analogo atteggiamento dell’altro, potrebbero nascere rapporti e contatti autentici, privi di paure e pregiudizi insensati e quanto meno sgradevoli.

Da dove si potrebbe ripartire nei rapporti umani?

Forse dal considerare che la sfiducia verso se stessi e poi verso gli altri sia l’errore più grande e che è importante invece ritrovare l’amore di sé smarrito, per non perdere con esso il treno della vita.

Cercando l’amore di sé continuamente nella conferma degli altri non lo si troverà mai.

Se invece lo si alimenta dentro la propria soggettività, sarà la vita tutta un’altra cosa.

La solitudine quindi si rivelerà una preziosa alleata della nostra stessa esistenza; potrà essere riconosciuta come “ l’angolo tutto nostro” ove riparare per ritrovarsi.

Ma in tutto questo fare …. Manca una figura molto importante necessaria ed è Cristo!

Che non bisogna mai lasciare, semmai trattenerlo il più possibile nella memoria!

Cristo << non è cultura>>, quell’uomo appeso alla croce non può essere confuso con  un avvenimento culturale.

Caso mai è la stessa cultura che viene cambiata dalla sua presenza, come del resto la nostra vita, e dall’incomprensibile fenomeno di un uomo che muore per redimere tutti gli altri.

Forse ancora oggi, il miglior tentativo di compendiare il pensiero di Cristo: “ Cristo è l’idea personificata della moralità ! “

Rimane infine che una cosa vera e unica sia il nostro viaggio da 100 a zero! Non è tanto importante la durata di questo viaggio, quanto il vissuto a volte crudo, talvolta visionario, talvolta poetico.

E’ un viaggio senza un orizzonte geografico, ma di dimensioni interiori. Come ogni viaggio esistenziale, che si rispetti bisognerebbe immergersi nel profondo di se stessi e lì trovare Dio, per offrirgli tutte le nostre paura, tutto il mal vivere in questo tempo provvisorio infestato di cinghiali e cannibali…. Quei divoratori di anime!

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