VIAGGIANDO
By Vincenzo Calafiore
Non
avevo mai visto una luna così grande e illuminata, niente occhi, niente mani;
era così bella e vicina che mi fece paura.
Avrei
voluto accarezzarla.
Tornavo
da un viaggio in cui non è stato facile dimenticare i ricordi, sempre gli
stessi maleodoranti di muffa. Ci sono stati momenti in cui ho odiato la mia
vita pensando pure di ubriacarmi e farla finita, ma sono stato così
vigliaccamente attaccato ad essa, che ho continuato a sbronzarmi dietro
l’angolo di un casino portoricano. Entravano ed uscivano uomini che
orgogliosamente si accompagnavano con una puttana con le labbra di rossetto
rosso e gonna appena sopra le mutande: uomini felici e puttane finemente aggraziate
lorde di casino.
Io
ancora con il mio inverno dentro che aveva spento il sorriso, mi aveva ormai
ucciso con una morte indolore,tornavo richiamato da un ricordo.
Quanto
avevo pianto per esso e quanta strada fatta per scoprire alla fine di essa che
quel ricordo altro non era che il riflesso di tante bugie messe assieme. Almeno
se ci fosse stata al mio fianco Fatma io non sarei ora seduto sul marciapiede
con una bottiglia in mano all’angolo di un casino, un lurido casino.
Se
almeno una volta la vita fosse stata gentile io ora non sarei un organo
maschile che se n’è andato in giro per il mondo in cerca della città della
luce!
Che
stupido sono stato quando raccolsi dalle sabbie di Assekrem una specie di
diario ancora ben custodito e mai tradito dalla sabbia rubata da vento che lo
rilascio’ alla luce chissà dopo tanto tempo.
Vicino
all’oasi in mezzo ai cammelli all’ombra di rose, leggendolo notai che nessuna
pagina riportava una data, tutte le pagine però in maniere e umori diversi
narravano di una città della luce a nord di Assekrem, lontano dalle piste dei
carovanieri ancora prima del M’Zab il deserto degli scorpioni. Mi sono perso
tra le dune di fantastici deserti, ho dormito nel nord di una tenda per fermare
gli spiriti maligni, mentre i miei occhi socchiusi seguivano la donna che
dietro un velo illuminato da una candela mi fece intravedere il suo splendido
corpo senza potermi avvicinare la sognai. Con lei raggiunsi il monastero tra le
alture di Assekrem, ove venni purificato dai morsi di scorpioni velenosi nel
mondo dal quale venni mutato a larva d’uomo. Lei Fatma la gran sacerdotessa
della danza del ventre contesa da molte tribù, si era offerta di seguirmi e
guidarmi tra le dune; assieme seguimmo lunghe carovane che attraversavano i
grandi Erg e il Tassili degli Ajjer! Per raggiungere la città della luce.
Lei
danzò solo per me, la guardai e la seguii senza memoria, senza vita dentro…
eppure mi sentivo vivo pieno di tanti progetti e di ricordi ….. i più belli.
Ma
lei quella volta che si avvicinò ai miei occhi e non lo aveva mai fatto, mi
sussurrò: esci dal tuo rancore e impara ad ascoltare tutte le voci che il vento
si porta!
Lei
quella volta dietro quelle dune si fermò e tendendo il braccio mi indicò la
città della luce appena fuori dal petto, dentro un urlo di dolore, dentro una
lacrima cristallizzata da un sole che a guardarlo bene tanto rassomigliava a
ciò che era saltato fuori da un corpo abbandonato all’angolo di un casino
portoricano. Hadjra!
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