DIMMI, RACCONTAMI DELLA FELICITA’
By Calafiore
Se io ti chiedessi cosa sia la felicità, mi risponderesti
che la felicità è trovarsi in una situazione diversa dalla solita.
Sai che non è vero poiché la felicità non è una situazione
ma è semplicemente “il trovarsi” a vivere per una donna,per quella -unica donna-
e potersi specchiare nella luce dei suoi occhi che ti guardano e ti seguono in
ogni tuo ovunque specialmente quando ti senti “spento”. E non solo per lei!
Dunque su quella veranda da dove si vedeva il profilo di
Capo Spartivento, sopra un mare turchese, provai a parlare con Dio. Certo al
momento mi era sembrata cosa impossibile, mi sentii come uno stupido e stavo
per ritornare dietro la vetrata e sedermi sulla mia comoda poltrona messa là,
al centro per poter guardare tutto il mare che la vetrata poteva contenere, per
ore e ore. Ma io con Dio ci volevo palare e quindi non me ne andai, rimasi lì
all’in piedi con le mani sotto le ascelle per scaldarle; cominciai io e gli
raccontai un po’ della mia vita anche se ne ero certo e lo sentivo, lui di me
già sapeva tutto. A mano a mano che mi raccontavo nasceva una specie di
racconto sgrammaticato e zeppo di errori, ma era la mia vita. Avvertii in me
una strana serenità che mi fece volare sopra il mio vuoto esistenziale e non so
per quanto tempo sono rimasto davanti a quel mare ma so di essere tornato
diverso. Dopo steso sul letto con gli
occhi chiusi nella morte apparente
la sognai quella felicità.
Avevo più o meno 68 anni e s’erano già consumati molti bonus
del tempo a mia disposizione, guardai il rimanente nelle mie mani e c’era pure
la mia richiesta fatta a Dio, c’erano le mie speranze di una vita non migliore,
ma uguale perché ancora è in me quel sottile piacere di continuare a saziare la
mia sete di conoscenza, dell’umiltà e della ragionevolezza, di credere e quindi
di continuare a parlare con l’unica persona che non mi avrebbe mai tradito:
Dio.
Se pur in prestito a questo mondo lontano, mi sono diverse
volte messo in viaggio su mari sconosciuti dove ho rischiato di annegare con
tutto quell’amore che ancora volevo donare alla donna che ho da sempre amato
senza maschere, con le mie casuali bestemmie, con i miei slanci di vaga
giovinezza polverizzata già sul nascere. Con i miei fallimenti e le rare
vittorie, ma sempre uomo, sempre eterno a Dio.
Dunque, vivere è raccontare la felicità quella vera che si
prova stando vicini in un grande letto pelle con pelle e labbra con labbra, con
le mani sul viso, con la luce negli occhi e le parole mancate sussurrate lontano
dal mondo. La felicità quotidiana di poter incontrare un amico con cui
sorseggiare un caffè, ascoltarlo con attenzione consci entrambi di non essere
più soli in questo deserto senza Tuareg. E’ felicità quando sai di essere
atteso da qualcuno non importa se dalla tua donna o dal tuo migliore amico,
sapere d’essere amato senza un fine diverso per quel che sei e per quel che
vali.
E non bisogna cercarla né trovarla nella futilità o nel
godimento provvisorio di un bene materiale; ma sentirla in se ascoltando il
silenzio e il suono della pace interiore senza menzogne, senza rancori, senza
lontananze da Dio che sta dentro e cova, e scalda,non ti fa morire inutilmente.
Ama ciò che hai! E’ questa la fonte della felicità non v’è altro.
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