100 PAGINE IN UNA
C’era una dannata voglia di vedere il mare in me quella
notte. Un forte desiderio di sentire la sua voce, e i suoi racconti.
Lei, ha un vestito di seta fluttuante e morbido, dello
stesso colore del cielo sui lunghi fianchi tante piccole lontane stelle, le
maniche di pieghe antico tempo e quando canta tutto l’intorno si veste di
magia: la risacca; sale e scende le scale di sabbia, gira intorno a lunghe
spirali che vanno dritte al cuore tra i rami di rosso corallo.
Da bambino ascoltarla mi faceva uscire fuori dal tempo, con
lei più volte si sono incontrati i nostri occhi ed è forse lì che ora risiede e
da lì, di notte viene a chiamarmi.
Dalla mia stanza di poche cose, intravedo il mare e a
guardarlo mi viene voglia ogni volta di aprire le braccia e librarmi nell’aria
allo stesso modo dei gabbiani per cadere fra le sue braccia; ma dall’ultima
volta che lo feci è passato tanto tempo. La figura riflessa allo specchio per
certi versi mi rassomiglia forse negli occhi e nel mento ove è rimasto il segno
che lei la risacca una notte lasciò impresso col dito; il resto è per me
sconosciuto.
La mano appoggiata alla parete accanto allo specchio, la
testa china sotto la fievole luce delle due lampade, bianca come la neve.
Alzo gli occhi e fissando i suoi occhi accenno a un saluto,
con la mano seguo lunghi segni profondi lungo le guance di un volto asciutto e
secco come una noce, quando gli occhi gonfi lasciano cadere gocce bianche e
lucenti che correndo si unisco all’acqua nel lavandino: sei vecchio!
Perché quello che ho dentro non può prendere vita,
manifestarsi interamente nella sua splendida età?
C’è sempre stata la dannata voglia di vedere il mare. E ho
camminato lungo strade da cui avrei potuto sempre vederlo. Ma la vita non è
vero che sempre premia a volte inganna mostrando cose che si possono avverare
come il sogno della notte prima, quando su una barca remando raggiunsi la risacca su altre spiagge
dimenticando la mia dove mossi i primi passi.
Ho incontrato la peggiore razza umana di ciarlatani e buffoni
di corte di un re spavaldo e tiranno, ma c’erano anche i funamboli e
saltimbanchi che per pochi denari sfidavano tratti si spiagge senza la risacca.
Io ero fra questi, sono stato con loro per tutto il tempo
tanto da non riconoscermi più.
Su quelle spiagge di notte, di nascosto, dopo aver lasciato
le mura delle prigioni, assieme a quei prigionieri abbiamo danzato e ubriacati
di libertà, giurata vendetta e anarchia nei confronti di un re folle: il
sistema.
Apro lentamente gli occhi e in quell’immagine mi dico ciao!
In quell’immagine ritrovo una memoria rinverdita da tanti
ricordi di battaglie perse, di tanti tramonti e albe attese in catene di una
lunga fila di prigionieri che camminando attraversava una lunga spiaggia
deserta senza risacca e di poco mare. Forse spariremo come tanti che ci hanno
preceduti, il re non ci ama!
Non so perché ma mi viene in mente Pierangelo Bertoli con la
sua “ A muso Duro” e penso ai miei giorni liberi quando incosciente ( oggi sono
peggiorato)
andavo incontro alla vita. Sbattendo la porta sul muso dei servi.
Servi dei re.
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