POETI
VIANDANTI
By
Calafiore Vincenzo
Forse
così accade ai clochard che si perdono per le strade, perdono anche il nome, il
ricordo di come erano, e vagano come ombre per le vie di città mostruosamente
ampie.
Sopra un’asta
c’è una bandiera stracciata che si agita nel vento, è, rossa e gialla gli unici
colori che non mi faranno perdere dentro l’ampiezza in cui mi muovo cautamente
e continuamente dopo aver lasciato per sempre Durazzo e Valona, Corfù, sogni in
cammino.
Quello fu un
viaggio che non ho mai voluto concludere.
Arriva un colpo
di vento di traverso la barca sbanda e s’inclina paurosamente fino a farmi toccare
con le spalle la superficie dura del mare che vorrebbe ad ogni costo prendermi
assieme al legno per portami giù fra i suoi cimeli di morte. Mi ricorda quella
disperata occasione quando camminando incontrai un fratello del quale ricordavo
vagamente un’infanzia perduta, qualche mattinata in riva al mare. Ci salutammo
e non ero pronto a ricevere quell’eco lontano, eravamo entrambi pronti al
massacro fino alla fine della battaglia per tornare alle nostre origini diverse
e distanti.
Io in
quell’inizio d’autunno segnato da una cattiva stagione, già ero lontano e
vagavo su un mare ancora più grande sempre in rotta di collisione con altre
terre, altre musiche provenienti dai mari d’Oriente. Forse non c’era più tempo
per riparare o di ricominciare a scrivere nuove pagine di una vita ormai alla
deriva dentro una specie di Purgatorio, il mare più tempestoso.
Verso il fiocco
la notte non è riuscita ad ingoiare una parte di cielo di poche stelle che spariscono nei continui
sbandamenti. Il cielo ondeggia lentamente sopra la crocetta dell’albero, mentre
la barca scivola dentro alte spruzzaglie di mancata civiltà.
Le voci dentro
mi sottopongono a durissime sollecitazioni, diventano animalesche e violente
nella coscienza memorica in fuga, mentre io anestetizzato dal continuo
beccheggio oscillo paurosamente nel rumoreggiare di vaga esistenza.
Ci vuole tempo
per risanare le vecchie ferite e tempo non v’è!
Strano. E’
strana questa vita che più ti caccia nelle battaglie e più incontri luoghi ove
uomini si parlano, usando lo stesso linguaggio di parole che diventano note che
riempiono l’aria di musica colorata dalle mani.
Così mi perdo
dentro pensieri e significati diversi, “ Agios”
in greco vuole dire santo, ma anche – unitario-. Agios è riconosciuto da
tutta la gente che lì si riconosce, ma è anche “ Hadji “ soffio nuovo nell’anima, è “ Anemos “. Mi
fermo, meglio tornare a dormire accovacciato nell’angolo in cui sono caduto,
troppo rancore in corpo.
Troppi nomi
nella mente, troppe vie, troppi campanelli, non capisco più dove sono. Nel buio
della mezzanotte passata da poco suona una tromba è una canzone che conosco, barcollando
danzo non so cosa e di quale cultura, ma danzo per me, per la vita che c’è in
me, per la felicità di vivere, mentre la mia ombra viene proiettata dalla luna
su una muraglia, ombra enorme….. come vecchio fantasma in film! Anemos, non c’è
più mare.
Nessun commento:
Posta un commento