mercoledì 30 marzo 2016





Perdermi negli occhi tuoi
Di Vincenzo Calafiore
30 marzo2016-Udine


A un certo momento, quando meno te l’aspetti, ti addormenti davanti allo schermo di un pc con la testa appoggiata sul tavolo, come quando eri piccolo e ti addormentavi sul banco scassato in un’aula! Ecco quel momento temuto è arrivato anche per me, io che spesso ho navigato più di notte che di giorno.
Ero, o sono stato, come un soldato in avanscoperta in territorio nemico, che di notte usciva allo scoperto per raccogliere informazioni e individuare obiettivi possibili da trasmettere a qualcuno che in un altro scenario li attendeva.
E’ un forte segnale, del mio essere vecchio.
Ho in mente da molto tempo un pensiero che mi costringe a non dimenticare, e cioè, di non scrivere più nulla lettere a parte a qualche amico e dedicarmi a quel che più ancora amo, ascoltare il grande Giuseppe Verdi.
Vorrei citare Fernando Pessoa: ma cosa stavo pensando prima di perdermi a guardare?
Questa frase sembra scritta per me e descrive bene il mio stato d’animo ricorrente: perdermi a guardare, inseguire visioni fuori dalla realtà, perdermi negli occhi di una donna, della donna che amo.
Una condizione la mia che per me soltanto si traduce in una partecipe ed emozionata insistenza del mio essere ormai un vecchio poco saggio, guerriero a metà, uomo a metà.
Sono finite le antiche battaglie notturne, al loro posto ahimè piccole schermaglie di breve durata che mi lasciano sfinito.
Sono rimasti, il pensiero, l’immaginazione, l’estensione dello sguardo che non è solo percezione, ma proiezione della mia sensibilità, del retroterra culturale, del discernimento critico, della curiosità.
L’immaginazione allora diventa uno strumento fotografico, in cui si condensa la magia di impressionare la pellicola di un incontro unico ed irrepetibile tra ciò che sta dietro l’obiettivo e ciò che vi si pone davanti, tra un sentire interiore ed una sollecitazione esterna: la mia dormiente sessualità.
L’andropausa, la menopausa, sono la fine biologica della sessualità che ci mutano uomini e donne in fiori che di notte si chiudono!
Di notte il dramma.
Il mio urlo nel silenzio ricordando quel che ero e quel che sono ora, ricordando quella sollecitazione che nel corso della vita interamente dedicata è venuta via via sempre meno nella teatralità quotidiana; le stranianti vicissitudini a cui la vita di quella che è l’amore invisibile e straniero mi ha sottoposto.
Il mio andare in realtà concrete nel mio immaginario animate dal mio tempo interiore ai confini dei luoghi della memoria.
Immaginare di poter amare una donna in questa mia condizione è un film di tante fotografie in bianco e nero, è un perdersi a guardare …  è un viaggio soprattutto nell’identità del desiderio carnale nascosto dell’approccio sessuale, un’emozione inesauribile.
Un viaggio affascinante che si può fare ancora con l’aiuto di certe perline blù e l’apporto delle visioni di un uomo che ancora riesce a sorprendersi tra le tracce di un passato così vivo ed eloquente ed un presente problematico ed inquietante.
In immagini che non saranno mai databili ma che mi proiettano in una dimensione trasfigurata e sublime, fuori dal tempo: gli occhi della donna che amo.! Nel nostro  speciale essere innamorati e amanti distratti che si perdono negli occhi, nella tenerezza di un abbraccio o di un ti amo ripetuto con certezza, con dignità, fuori dai luoghi comuni della sessualità cercata e bramata, spinta ai confini di un dettaglio. E non ci sarà bisogno di alcun regalo importante, di una cena, basta forse solo un sorriso che possa dire ancora alla mia donna “ ascolta, sono fra un’infinità di donne che sanno fingere, e capaci di donarsi, ma io amo solo te! “
 Ancora non mi do pace, sono così felice di averti trovata, non me ne capacito, è come se una parte del mio passato avesse preso vita e con lui tutti i sentimenti per cui ho lottato, per raggiungerti, per averti, per tenerti per sempre dentro i miei occhi: Ti Amo!

lunedì 28 marzo 2016



Andar per vivere

Di Vincenzo Calafiore
26 marzo2016-Trieste

Ci fosse la possibilità di poter scegliere tra la vita e la morte, sceglierei la vita perché potrei continuare ad amare.
Ma per continuare ad amare dovrei prendere la mia coscienza e gettarla via per chiederne a Dio una verginale e ricominciare daccapo a camminare in questo strano mondo fatto più di apparenze che di verità, in cammino per l’avventura ogni giorno alla scoperta dell’ignoto.
E’ davvero difficile vivere in questo di aspetti diversi ove sono andate perdute le sensibilità, molteplici di genti e di luoghi sempre diversi.
E’ un vivere di ansia perenne.
E’ il sempiterno tema del “ forestiero, visitatore,ospite o aggressore della propria vita.
Popoli e singoli, colti e poveri, ignoranti, imbecilli, sorpresi nel loro vagare verso mete che non esistono, di diverse emozioni e proibite sensazioni.
Ma ci sono altri con diverse esperienze e molteplici  vissuti d’altrove con lontane prospettive che giungono  agli esiti proficui di convergente sensibilità, raccontano di vita o di vite sottratte alla morte.
Se c’è un luogo ove vivere  questo è – l’altrove -  l’altrove quotidiano o di una vita, fatto di miraggi possibili, con il conforto  di una meta raggiunta o da raggiungere dopo il viaggio!
Un viaggio solo per il luogo a cui tornare, e da cui poi ripartire  in un ciclo senza fine di emozioni, lontano da fascinosi traguardi di finzione e da un comune sentire inodore e sfumato.
A volte mi pare di essere in una allucinazione disperata di sangue e di morte.
A volte  in una di presunti e inviolabili privilegi!
Ma rimane il fatto invece che siamo popoli e singoli, colti o sorpresi persi in un vagare verso mete di diverse emozioni, di nuove ambizioni, di proibite  sensazioni; popoli e singoli, in fuga per sfuggire a qualcosa a qualcuno, alla deriva in un mare di sensazioni strane di vivere, ma non c’è vita.
In realtà questa umanità avanzata tecnologicamente in realtà è una colonna infame pregna di rancori, avidità,odio! Incapace di perdere le tensioni del vivere, incapace di amare nessuno oltre se stessa!
Ma rimane in me il desiderio della conoscenza di altri popoli di altri umani come me, ogni angolo di mari lontani.
Rimarrebbe comunque  la gioia di vivere, vissuta come metafora di un orientalismo rappresentativo di culture dell’ingenua bellezza e della spontanea allegria, per salvarci dal vuoto.
C’è pure – l’atroce – che non si vede e la glacialità dei calcoli matematici che non considerano nessuno ma mostra un sistema di comando oscuro e fantasma che comunque impera e miete vittime per il dio denaro!
E’ di vite sospese in un immaginario molteplice di variegate realtà lontane da Dio che si tratta, vite sospese dall’attimo della partenza a quella di arrivo da un viaggio mai iniziato.
Sempre in viaggio per un approdo voluto e cercato nei meandri dell’anima e poi del mondo.
Amo questa mia vita, amo sentire il suo dolce rumore in questa mia strana sensazione di viaggio con l’ansia dell’attesa, con il timore dell’inconoscibile.
In viaggio verso la mia fine, esorcizzata, interiorizzata o apertamente vissuta e comunque assunta a ideale di vita senza confini senza frontiere, in ogni guscio di universo di piccoli segnali di vita.
Li dove impaziente brulica la vita che s’immagina, lontana dalle ferite e pene di giorni, mesi anni, avviliti  in cui forse è facile perdersi.
Dio enumera le coscienze, ne patisce l’urto, l’insensata invadenza umana, l’invisibile informe che si invera e non lascia irretite nel brogliaccio ingombrante del suo peso; affascinato dalla follia di una umanità che preme al precipizio eterno.
Questo Dio che veneriamo e ricordiamo in questa Pasqua come una folla anonima, marinai, soldati, nani ragionieri, che passano nell’accanita ricerca, nella venerazione di un Dio tradito e abbandonato per riprenderlo a Natale.
Nani ragionieri trincerati in un angolo di esistenza fatta di certezze, membra, fisicità animale costruita e modellata, apparente, schizofrenica; lontani dal pensiero, dalla sospensione incantata, dall’angoscia distratta.

giovedì 24 marzo 2016




Il fiume di sangue

Di Vincenzo Calafiore
24 marzo 2016- Trieste


Assistendo a quanto accade ogni giorno, tutti i giorni, verrebbe da pensare che ciò sia una condizione o un pensiero, o quanto ci meritiamo da parte divina; ma non è così poiché ( per chi ci crede) Dio in questa storia non c’entra nulla è tutta opera terrena, tutta immondizia umana.
Dietro tutte queste cose ovunque quelle tragedie accadano c’è la lunga mano dell’interesse economico, questa è una guerra che segue una sua strategia, un suo percorso fino al raggiungimento di uno scopo ben preciso che è quello di seminare destabilizzazione caos e lasciare dietro una lunga scia di sangue.
E’ la strategia del terrore psicologico impresso nella mente con le donne e gli uomini bomba!
Spagna, Parigi, Bruxelles,  sono altro che l’inizio di ciò che ancora dovrà venire, il sangue e la distruzione che ancora ci saranno, se non li fermiamo in tempo.
E’ chiaro che con le candeline, la musica, i fiori, i messaggini, i manifesti, cortei, i grandi discorsi, con la tolleranza, con il porgere l’altra guancia, non si conclude nulla.
Non ci vogliono mezze e pallide misure, ci vogliono fatti, azioni mirate e precise.
Se non si vogliono attuare drastiche misure restrittive, allora teniamoci la paura, gli attentati, e i morti che ancora ci saranno, lasciamo campo a loro, facciamogli costruire ancora moschee, diamo loro quel che non diamo agli italiani, denaro e alloggi; diamogli tutto o meglio ancora diventiamo pure i loro servi, accogliamoli nelle nostre case come qualche intelligentona ha suggerito di fare.
Dio perdoni il mio pensiero, ma l’impotenza dei governi di questa fallita unione europea di fronte a tanto dolore, fa oltre che schifo, anche rabbia.
Tutto questo che sta accadendo è frutto della scelleratezza francese e inglese che si sono da soli autorizzati ad andare a rompere le palle in Libia aMu'ammar Gheddafi; ma non basta ci sono, la Siria, Afganistan, la famiglia di Saddam Hussein distrutta, da qui il caos in cui ora ci stiamo trovando e pagando un prezzo altissimo per colpe che indirettamente o direttamente ci appartengono.
Gli americani hanno creato Osama bin Laden che poi si è rivolto contro l’occidente!
Non nascondiamoci dietro un dito, quello che hanno fatto Francia e Inghilterra è stata una vera porcata!
Tanto che Tony Blair ebbe a dichiare: sulla guerra del 2003. “Posso dire che mi scuso per l’aver ricevuto delle informazioni sbagliate dall’intelligence, anche se Saddam usava armi chimiche di massa contro la sua popolazione” !
Lo afferma Barack Obama che uccidere Gheddafi è stato un gravissimo errore.
Ecco sono queste cose a mettere paura, che fanno capire pure in che mani siamo e che La menzogna è uno straordinario strumento di persuasione a cui spesso la politica fa ricorso.
E ora come ci mettiamo e cosa dovremmo fare per fermare questo terrore psicologico,questo disastro e la scia di sangue?
Certo è bellissimo vivere in città blindate, sono bellissime e costruttive quelle trasmissioni in cui  è di moda il dovuto bla bla bla inconcludente, di esperti di guerra, psicologici,  esperti di chiacchierio, ogni giorno dal mattino a sera fanno dispensa della loro sicura certa conclusione.
Ma a che cosa servono se poi da qualche parte un pazzo o dei pazzi in nome di una inesistente religione si fanno esplodere seminando morte e distruzione?
A che servono le rassicurazioni fatte attraverso le televisioni?
A che cosa serve tutto ciò?
Ora penso che sia troppo tardi, sono troppe le bombe che hanno distrutto intere città, sono troppe le civiltà cancellate, sono troppe le umanità perdute, la verità è che dolenti o volenti si dovrà finire in un bagno di sangue totale.



venerdì 18 marzo 2016



Shalom aleikhem
שלום עליכם


Di Vincenzo Calafiore
17 marzo 2016- Trieste


Shalom aleikhem che significa, "che la pace sia su di voi" che bello sarebbe potersi salutare così al mattino, durante il giorno, alla sera, con un saluto così e sentirsi bene, in pace.
E invece oggi  questo saluto ha perso il suo senso, snervato nel suo stesso significare, a causa dell’orrenda stupidità umana che con armi in mano perfino in quelle dei bambini, ha ripreso a farsi del male cedendo allo stupido errore delle “ guerre di religioni “ è una guerra in realtà mai finita!
E’ come una sorta di maledizione, questa guerra stupida, che sta mietendo vittime in tutto il mondo. Ma la cosa peggiore è quel sottile piacere di “ uccidere” con l’uso di altri uomini, donne, bambini imbottiti di esplosivo e fatti saltare in aria, nelle chiese, nei mercati, ovunque ci siano affollamenti.
Ma ci sono carnefici che hanno affinato l’arte di uccidere col mettere in delle gabbie metalliche degli uomini e arrostirli, ma anche a sgozzarli, in nome di una religione che è sempre la stessa, anche se diversa nella scrittura perché è sempre allo stesso Dio rivolta.
Questo misfatto accade mentre noi presi da altre crisi come quella economica, con quell’Europa più indaffarata a controllare la cassa che gli aspetti umanitari. Ci vengono proposte immagini di scene di morte a ora di pranzo e di cena, al mattino appena svegliati tanto che la “ morte” è divenuta cosa comune che non suscita più dolore, non suscita più desiderio di vita se non quello di aggiungere dolore al dolore, morte a morte.
Strano quel sottile piacere sfrenato o desiderio di uccidere che serpeggia ovunque, non riconoscendo che siamo tutti coinvolti, tutti partecipi bianchi e neri, gialli; cristiani e musulmani, indù, tutti al baratro di un conflitto nucleare planetario.
Incoscientemente lasciamo che dei bambini in una specie di terra di nessuno, dormano e vivono nel fango, trattati come bestie.
Mi fanno male quelle immagini di bambini che in pieno inverno sono costretti a lavarsi con l’acqua gelida piedi e scarpe infangate e rimetterle su bagnate, immaginarsi che dolori e sofferenze!
Tutte inutili, tutte disumane!
Questo accade mentre gli “ illuminati” pensano ai soldi, ai bilanci, a chiudere le frontiere, a scacciarli via come appestati, a costringere un fiume umano a muoversi a piedi, a morire per strada, a essere rinchiusi in aree come bestie in un parco zoo, ma questo non è un film, non è uno zoo sono persone che fuggono dalla distruzione e dalla fame, dalla morte che trovano poi lontano dalla loro terra, dalle loro case, dalla loro vita che noi esseri umani la svendiamo, la commerciamo, la usiamo come mezzo per ottenere qualcosa, come ricatto, come immagine di noi stessi: miseri e stupidi, inumani!
Penso a un tempo migliore ormai perso, penso a questi orribili tempi di morte e distruzione e mi sento soffocare, mi sento indegno di considerarmi uomo.
Penso che tutti indistintamente apparteniamo alla terra dove torneremo cenere, e non che la terra ci appartenga!
Penso che non ci sia cosa peggiore di una guerra santa perché questa non avrà mai fine, e sempre più porterà divisioni, odio, rancore, sangue, odore di morte.
Penso che non vi sia più una terra verde e non bruciata dall’odio, a cui andare e vivo come dentro una prigione, sperando in una libertà, in una giornata primaverile, in una giornata senza telegiornali, senza informazione, senza immagini di sofferenze: perché è già una sofferenza vivere in questo odierno bruttissimo e opacizzato dal grigiore della morte!
Abbiamo dimenticato Auschwitz, le Foibe?