venerdì 26 giugno 2020


La Tregua


Di Vincenzo Calafiore
27 Giugno 2020 Udine

“ … braccia troppo stanche per
prendere una stella, troppo stanche
per raggiungerti … amarti come
si può amare l’alba che ora accende
il giorno che da te mi porterà via.. “
         Vincenzo Calafiore


La mia lunga notte “ turca “ finisce in questa alba indecisa nelle luci, nei colori, le ancelle mettono i timbri d’uscita sui sogni miei, l’ombra del giorno è lì a poco, col forte odore di sangue sull’arena d’una corrida svoltasi a porte chiuse, senza ovazioni di ricordi, senza rancori, più una silente rappresentazione d’una vita ormai del tutto frantumata, divorata dai mille ma, dai mille se.
E già sembra domani, è già passato, è futuro nell’attesa di una specie di nuova vita che torni a scorrere nella lentezza d’una senilità approssimativa, nelle distanze, nei distacchi.
Sulla mia “ Pegasus” navigo verso l’isola che non c’è, color sambuco, il cielo come il mare si riempie di nuovo, la processione interrotta ricomincia, centinaia di pensieri e immaginazioni arrivano a bordo dopo aver saltato la terra incognita dei sogni, la vita scorre di nuovo, bandiere e profumi, essenze, provenienti da Reggio.
A bordo della “ Pegasus “, lato terra, gli ultimi avamposti d’una umanità mendica di se stessa, la boscaglia selvaggia delle insoddisfatte realtà, le rovine della nuova Troia, il posto che Eleno figlio di Priamo ribattezzò con gli stessi nomi della patria perduta. Porta Scea, rocca di Ilio, fiume Xanto e Simoenta..
Sarande, la città dei sogni, è lì, presidia l’alba, mi preparo a sbarcare mella nuova vita!
Ora è alba, ora è il giorno, il mio giorno e l’incognita di dove come mare mi lascerà fino alla prossima marea.
E’ successo di notte, tutte le notti bianche, in mare aperto, il sentire la vita abbandonare, in mare aperto a Sud di Serande, la città perduta.
La mia vita ha avuto un brivido, è arrivato uno strattone al boma e alla barra, le vele piene di  maestrale si svuotano, si sono gonfiate al contrario.
Non è solo un cambio di vento è molto di più, è di perdita, di fine, che si tratta.
Una trasfigurazione di vita.
La mente arde, la temperatura aumenta, il “ mare “ diventa – bastardo- la mia vita come una barca, sbanda come ubriaca, l’aria diventa irrespirabile, rovente, secca come il Foehn. Cambiano anche gli odori, c’è il salso e la puzza di alghe morte. Comincia l’aria desertica della solitudine di questa mia età senile povera e meschina.
  






domenica 14 giugno 2020


Πάθος passione


Di Vincenzo Calafiore
15 Giugno 2020 Udine
 ..... noi siamo quello che  
non vorremmo essere; sappiamo
con certezza ciò che ci manca,
anche se facciamo finta di non saperlo ! “
  Vincenzo Calafiore ( Cit. )

La domanda spontanea è: qual è il senso della vita senza la passione?
L’intendimento di questo scritto breve, è la visione caleidoscopica di quelle che sono le dinamiche interne ad un rapporto tra un uomo e una donna, o più in generale, tra un Soggetto e un altro. Cercherò di entrare nel tema da più parti, per cercare di capire ciò che avviene nella pratica tra due persone che sono in rapporto tra di loro, e nello specifico tra due persone che vivono un amore reciproco. La parola magica che fa funzionare questo rapporto è la : Passione! Tuttavia affinché noi si faccia conoscenza e esperienza di questa parola è necessario assolutamente che noi  lo si senta dentro, quel qualcosa da condividere e che sia anche condivisibile. La passione nasce in effetti come una condizione dell’anima in modo monocentrico, intimo, privato.  Di passione si parla nei classici della filosofia greca, passando per Cartesio, Pascal e Spinoza. La passione in realtà è una specie di cortocircuito di attività e passività e di attività, un luogo in cui potersi lasciare andare, come consegnarci in termini se si vuole di fedeltà e di fiducia, a qualche cosa che ci sovrasta e che è per noi irresistibile, ma che tuttavia non ci vede spettatori muti e attoniti di un evento interno del quale non ci si sente in parte protagonisti. Fino a renderci conto poi che la passione non è una astrazione, nel senso dei linguaggi  difficili o degli eletti, e che la nostra vita non è popolata di passioni ma di un Io e un Tu che ne costituiscono una pratica. In effetti, solo quando le passioni si determinano, si individuano in un soggetto, nel vissuto intimo di un soggetto, esse acquistano il loro carattere determinante. Ossia diventano passione per qualcuno. La passione individua la soggettività differenziale e nello stesso tempo le qualità personali di chi vive tale esperienza. La passione, per vivere, ha bisogno di un «chi» che la viva, ma soprattutto di un altro «chi» che gliela fa vivere: la relazione. Se l’oracolo di Apollo delfico  conclama: -Nulla di troppo-, d’altra parte Hegel scrive: -Nulla di grande è stato compiuto nel mondo senza passione-. Passione e Amore. Ovviamente non si può fare a meno di partire da Platone e dalla sua concezione dell’amore che emerge dai suoi dialoghi. Inizia con l’esposizione della sua teoria della divisione dell’anima in tre parti, razionale, irascibile e concupiscibile, espressa dal Fedro, nel Simposio poi approfondisce il concetto di amore come eros e passione, definisce l’amore come “un parto della bellezza, sia secondo il corpo sia secondo l’anima”. Ma oltre la bellezza dei corpi c’è la bellezza dell’anima e ancora oltre c’è quello della conoscenza, in una scala di contemplazione che arriva fino al bello in sé, come idea appunto. Accanto a questo amore sublime c’è quello che Platone chiama mania, come una follia amorosa di origine divina. Si giunge in questo modo all’ideale platonico, amando le persone buone e belle, senza abdicare alle capacità razionali ma nella metamorfosi delle volontà di aspirare alla bellezza delle anime, come nuovo valore, che viene cercata dagli amanti più perfetti. Su questo impianto idealistico la riflessione  è quella di amare ed essere amati; dove non si pone il prerequisito della corrispondenza tra gli amanti e in cui si esplica l’esempio del dono: l’amato è felice di donare non di ricevere doni, è dimenticarsi anche per un solo momento del proprio io e ricordare quei profumi di piacere




mercoledì 10 giugno 2020

Il colore della solitudine

Di Vincenzo Calafiore
11 Giugno 2020 Udine

“ …. Difficilmente saprai chi Io sia
o quale sia il mio significato. Non è
importante per te, lo è per me.
Potrai sentire la mia presenza
ascoltare la mia voce e non trovarmi.
E allora non scoraggiarti, se non mi trovi qui, potrai trovarmi in un altro
 posto … sarò lì ad attenderti …… “
                Vincenzo Calafiore ( Cit.)
Inciso.
So bene che saranno i soliti pochi a leggermi con attenzione per cogliere un messaggio o i tanti diversi contenuti, in un mio qualsiasi pezzo; è una questione di “ centimetro “, centimetri di pelle, di pensiero, di parole, di anima, di cuore. Ecco perché le mancate presenze, le letture
“ al volo “ i mancati approfondimenti, le mancate domande. Ma ugualmente scrivo per quelli di Mosca, San Pietroburgo, Cina, che scrivono, raccolgono, ne fanno tesoro. Per questo ne vale la pena. “
Questo pezzo conclude la “ Trilogia di un pensiero umano” che è iniziata con il pezzo:
Agli occhi di un amore – L’oblio dell’essere in vita- e quest’ultimo, - Il Colore della solitudine-
C’è un filo conduttore attorno al pensiero.
Tutto questo ha un senso, lo deve avere, come lo dovrebbe avere il “ nostro vivere”
permeato attorno a un asse esistenziale: l’amore! La colonna vertebrale dell’umanità.
Si è talmente abituati a vedere svendere la propria onestà che non si fa più caso; in realtà è l’unica cosa che ci è stata data e che abbiamo. E’ l’ultimo lembo di terra di confine all’interno del quale non siamo schiavi. Tutto ha fine, tutto, tranne quel centimetro. Perché è l’unica cosa al mondo per cui valga la pena di combattere, per averla, onorarla.
Stanotte è una di quelle notti che non rilascia nulla, ma prendo ugualmente, ruberò la brillantezza negli occhi di chi non è capace di guardare se ci fosse un solo lampo di luce perso che questa notte non è in grado di elargire.
Una luna ruffiana all’angolo di un cielo screziato da scie bianche svaporate agli orli, come perle dai riflessi argentati, addolcisce il grande senso di solitudine, l’ovattato vuoto esistenziale, l’incompiuto volere amore, il mancato desiderio di rimanere più umani piuttosto che umanoidi, plastici. Questo è l’indegno, il degrado, la mancata umanità, la mancanza del sogno principe .. quello che fa volare sopra i diversi pattumi di questo immane degrado.
E’ una notte in cui accendere ceri, tenerli accesi come fari guida, come una preghiera rivolta al cielo. Il mio sguardo perso che cerca invano un senso da dare a questa notte che va morendo, o spegnendosi gradualmente fino a svanire. Difficilmente saprai chi Io sia o quale sia il mio significato. Non è importante per te, lo è per me. Potrai sentire la mia presenza ascoltare la mia voce e non trovarmi. E allora non scoraggiarti, se non mi trovi qui, potrai trovarmi in un altro posto … sarò lì ad attenderti.
Sono fatto di solitudine e di sogni, con la testa tra le nuvole e gli occhi che cercano lei.
Sono fatto di piccole cose, più di tristezze e fragilità come un arcobaleno tra cuore e anima; uragano che travolge e coinvolge, sono di sale e di mare.
Il mare è la culla, una culla di madreperle, una casa, un punto di partenza, non di arrivo.
Quando me la sono trovata davanti e l’ho vista, ho sentito il suo profumo, udito la sua voce, mi sembrò d’essere finalmente tornato a casa.
Lei è stata sempre con me anche da sconosciuta, bella, bella come una fotografia sul letto di un soldato… l’ho sempre amata; ecco, sono un caos di emozioni, penso a lei e tutto cambia, perfino questa notte avida.
Dalla finestra, come da un oblò di una nave, improvvisamente vedo comparire i miei settant’anni  …. Settant’anni dopo!
Mille domande nascono e vogliono risposte…
Ci riconosceremo io e i miei settant’anni?
Ma odo la sua voce, sento il suo sguardo addosso … lei è qui! Come sarà …. Nuda?
Succederà ancora di annegarci d’amore ora, adesso, in mezzo a tutti i negativi pensieri?
Ah…la vita! Così fragranza, così sensuale, così puttana! Questa vita che non riesco a stringere.
E mi chiedo se è bella, se ha lo stesso sapore, lo stesso odore di primavera.. ma poi mi vede e mi guarda, noi due scopriamo di non esistere, che il tempo non esiste, che la vita perduta è stata una fugace folata di vento!
E siamo nuovamente noi, lì … su quei tavolacci e tutto questo mentre le stavo scrivendo con una sigaretta tra le dita.. insieme  andare al mondo nostro, la mia vita settant’anni dopo.
Che importa se ho l’età sfocata, se ancora lotto per la mia dignità, per la libertà, se arrossisco per un complimento, se amo smisuratamente. Sono rinato anche quando mi hanno spezzato e mi sono ricomposto incollando i pezzi dell’anima e del cuore.
Che m’importa se il mio viso e il mio sguardo mostrano i segni di antiche cicatrici?
C’ è il vuoto di lei, l’assenza dei colori che dona, la pagina su cui vorrei scrivere il mio
 – ti amo -.
Lei  è il colore dove nasce il piacere, dove i sogni trovano il loro palcoscenico per materializzarsi in silenzio, dopo aver recitato in testa i più nascosti desideri e voglie di lei.
Brutta è la sua assenza, il nulla in cui mi perdo.
Celestiale la sua seduzione, il suo fascino sottile che sa di peccato, è la sua purezza che dona l’assoluto compimento..
Ci sono le ombre d’amore che mi seguono tutto il giorno sul suo finire, aprono la porta ai sogni.
Di seta le lenzuola sui cui il suo corpo si muove sinuoso, il cuscino odoroso su cui sparge i suoi capelli.
Amo la sua pelle d’ambra su cui scivolano le labbra!
Se solo avessimo vita…. In questa notte vuota e avara, con i se,  i colori della solitudine, i colori dei miei settant’anni di solitudine!

venerdì 5 giugno 2020


Quegli occhi tuoi pieni di mare

Di Vincenzo Calafiore
05 Giugno 2020 Udine

“…. Noi siamo quel punto esatto
in cielo, ove s’incontrano il giorno
e la notte! E’ lì che noi viviamo
e ci amiamo in quel perenne che
si chiama amore…. “
                       Vincenzo Calafiore

Guarda! L’onda corre verso la riva, come a voler lasciare il mare, e il mare la rincorre e le sussurra: ogni volta che tu ti allontani e vai verso la terra io corro, correrò sempre a riprenderti tra le mie braccia, perché questo è l’amore!
Amarti penso sia il dolcissimo supplizio del rimanere dentro gli occhi tuoi, amarti in qualsiasi posto tu sia.
Io sono quello che sono, perché credo nella bellezza dell’amore, ho l’anima inquieta e ribelle, sono l’uragano e amo chi mi parla e mi cerca con gli occhi, chi non ha paura dell’amore, chi è in grado di andare oltre, oltre i miei pensieri, oltre il superfluo …. Amo la complicità totale.
Ma amo la mia libertà, amo te che sai stare da sola, perché sono convinto che solo queste persone si cercano è per la voglia di farlo davvero: per questo ti amo!
Se ti avessero chiesto di non essere in grado di sopportare un uragano, penso che tu risponderesti: io sono l’uragano! Ecco perché ci amiamo, siamo uragani dell’amore.
Io e te, siamo coloro che si fermano a guardare il mare in tempesta, perché siamo quelli che la tempesta l’abbiamo dentro sempre!
Ecco, questa notte avrei voluto dirti nel sogno in cui ci siamo incontrati, ho l’anima che brucia, arde e si divora, negli occhi la tempesta delle tempeste … rimani con me?
Vedi amore mio? Tu sei come me, a volte spiaggia solitaria e sperduta, a volte mare in tempesta o spiaggia deserta e silenziosa; altre volte oceano, immensa come un abbraccio e quando mi abbracci sento quel tuo canto che mi fa urlare quel ti amo!
Noi abbiamo il mare dentro e quel mare vuole la sabbia, il vento che l’accarezza come pelle, abbiamo bisogno della luna che illumini i nostri sogni. Forse abbiamo bisogno di un’altra vita, forse di solo noi due persi in quell’uragano che si chiama – amore - .
Quelli come noi … quelli che si sanno amare e aspettare vivo di correnti e di maree di tenerezze e carezze, di passioni.
Hanno in se la magia dei baci, si sanno stupire, si cercano nelle profondità più intime, perché quelli che come noi sono mare sono anime burrascose e accoglienti conchiglie in cui si vorrebbe vivere per sempre.
Amami!
Aiutami a rimanere mare! Fa di me uomo capace di raggiungerti ovunque, dammi quello che più desidero, di cui ho bisogno: amami!
Poi, lo sappiamo, come marea moriamo all’alba, non c’è niente che ci possa salvare, se non fosse così non avremmo senso. Guarda, le stelle cadono e allunghiamo le mani per prenderne una, una stella fiammante che possa illuminare la nostra notte d’amore!
Io ho bisogno di sapere che mi ami.
Ho bisogno che me lo dici sempre, perché quelli come se ne possano rendere conto…
Ho bisogno di sapere che tu ami solo me!
Ho bisogno delle tue attenzioni, dei tuoi occhi addosso, delle tue labbra sulle mie, delle tue mani strette alle mie
Ho bisogno di sentire il tuo profumo, la tua brezza marina, dei tuoi occhi che mi cercano, tu chiedimi amore, toglimi il fiato, fammi morire tra le tue braccia, nei tuoi occhi pieni di mare.
Quando ti ho conosciuta, ho dovuto combattere per averti, ogni giorno come fosse da una vita.
Ho lottato contro me stesso, contro te perché non mi volevi o perché eri sogno .. ma io ti avevo già dentro, ti portavo dentro, eri sogno, un sogno che mi piaceva amare, ecco perché ti ho cercata, ho cercato l’onda più bella, la più maestosa, la più alta, la mia onda Amapola!
Ecco perché ti ho nei sogni nuda tra le mie braccia, ecco perché ti amo!




Un Sogno

Di Vincenzo Calafiore
3 Giugno 2020 Udine ( Giornata della liberazione )

… vorrei tornare a casa mia,
e intendo…. , tornare tra le tue braccia ! “
     Vincenzo Calafiore




Sai che cosa è la bellezza?
Non sono i capelli ben curati, le unghie perfette, la pelle ambronzata da lampade solari, i denti bianchissimi. No la bellezza non è questa!
La vera bellezza di una Donna è il viso, quella donna che ha il sapore delle lacrime, i segni del tempo, gli occhi stanchi, le tracce delle tante battaglie, che meravigliosamente, nonostante tutto, sorridono sempre, sono talmente belli quegli occhi … che si possono vedere anche al buio, ecco io credo sia questa la bellezza!
Allora amore, vieni a prendermi in qualche sogno e andiamo via, scappiamo via, io e te soli verso un ovunque qualsiasi, ma assieme, lontani dal caos, dal cicaleggio di bocche vuote.
Promettimi che stanotte verrai a trovarmi nei miei sogni … promettilo che rimarrai con me, giusto il tempo di rubarti un bacio, una carezza, di cogliere nello sguardo tuo l’amore.
Io, me lo ricordo il sapore delle tue labbra, sanno di mare … di felicità, quei baci che mancano, quei baci che fanno sognare, il desiderio di rimanere per sempre nel sogno in cui sono.
Ti ricordi eravamo nascosti in quel sogno di pioggia, abbiamo ascoltato abbracciati la pioggia cadere, abbiamo visto strade lucide di pioggia e vetri ricoperti di gocce, abbiamo visto abbracciati da quel letto, fulmini tagliare il cielo e sentito i tuoni lacerare il silenzio, ci siamo amati.
All’alba te ne vai, come i miei sogni svaniscono,  così ti ho vista andare via, ti dissi: ti prego .. torna a trovarmi nei sogni, vieni a trovarmi affinchè io possa continuare ad esistere a vivere … anche se solo in sogno, almeno lì posso amarti, abbracciarti, vivere, possiamo continuare a vivere.
La verità è che io senza te non so stare, non sto bene. E’ come se mancasse la parte più importante della mia vita, quella più dolce, la più vera, la più intima.
Un tempo mi chiedesti cosa significasse per me tenermi le mani, te lo ricordi?
Ti tengo le mani amore, per farti sapere che sarò sempre conte,
per sostenerti,
per non farti cadere o perderti…
Mi piace molto tenerti le mani, mi fa sentire sicuro, perché si sappia che tu mi appartieni,
che io e te siamo: noi!
Ti tengo le mani per dirti che ti amo e sempre ti amerò comunque vadano le cose, comunque vada dove i sogni ci abbandoneranno.
Ti tengo le mani perché ti amo!
Mi piace giocare coi tuoi capelli, sconvolgerti la notte.. Mi piace stringerti ai fianchi, disegnare nuove vie sulla tua schiena, ti terrò stretta a me per proteggerti dai peggiori incubi, ti bacerò, e assieme vedere una nuova strada, un viaggio da fare assieme, nei sogni sempre più lunghi.
 Il mio sogno è quello di prendere il tuo viso tra le mani e baciarti , con delicatezza senza dire una parola , baciarti soltanto, e non mi importa nulla del resto,non mi importa che sia sbagliato o che non sia normale, a me importa solo di te, di quelle tua labbra carnose che bacerei ogni attimo della mia vita , che guarderei l'infinito per incrociare il tuo sguardo e perdermi in te ancora una volta, ancora una volta più di quanto lo sia già.
Ti amo!




IMG-20200521-WA0008.jpgPura vida

 Di  Vincenzo Calafiore
 05 Giugno 2020 Udine

Se mi venisse chiesto adesso se sto vivendo, forse risponderei di non sapere di vivere, questa così com’è non è vita; semmai è un insieme di cose diverse messe assieme, avvolte in un foglio di parvenza.
E’ un qualcosa che non ha profumo, o se c’è non è persistente, dura pochissimo, quasi niente; più che di vita si tratta di un immane ovile ove è possibile muoversi in tutte le latitudini, ma sempre entro le restrizioni, i confini, i limiti, le apatie, le indifferenze, le morti in solitudine, le solitudini, le tristezze, le illusioni e nulla di più, nulla di più vero di questa grande illusione.
Io credo invece di “ viaggiare” con la mia “ Pegasus “ di vivere a bordo di essa ove poter incontrare, Senofonte, Pericle, Platone, Socrates, Aristofane.
E’ un viaggio che non avrà mai una conclusione, ormai distante da questo pianeta, troppo distante dagli umani dipinti d’inganno.
Più guardo questo – grumo – di sangue e più mi viene voglia di non sbarcare dalla mia
“Pegasus “ .
Oh sì, c’è stato un tempo in cui valeva la pena di rimanere, c’era una vita che sapeva di musica, e la notte era illuminata da milioni di falò in riva al mare: che spettacolo era la vita!
Un giorno apparve all’orizzonte un carrozzone e una fila interminabile di giocolieri e saltimbanchi, acrobati, era arrivato il Circo, a capo di tutti lui: il Magnifico, il Signore dei Signori,  il mito, il dio dell’avanspettacolo …. Il Signor Mangiafuoco.
Accorsero tutti ai suoi spettacoli sempre più belli, sempre più allegorici, ma nessuno di questi si chiese: è il dietro le quinte, dov’era il dietro le quinte?
Tutto cominciò a ruotare attorno a Mangiafuoco.
Il dietro le quinte di questo fantasmagorico Circo sono, la corruzione, la perversione, la vita che vale meno di un pugno di sabbia, le incertezze, ma più di tutto le tristezze, gli addii quotidiani, la nauseante viltà.
Questo non è vivere, Mangiafuoco fa credere che questa sia vita, ma non lo è, no può essere questa la vita che ci è stata consegnata … questa è tutto, tranne che vita.
A salvarmi da questo imbuto è il sogno.
Il sogno di poter amare senza costrizioni, oltre i limiti, oltre le indecenze.
Il mio grande sogno è quello di vivere e rimanere negli occhi di una donna, la donna che sa come prendermi e portarmi via, in una notte sola, andare e tornare, svegliarmi dalla catalessi e pensare al sogno, attendere lo scorrere lento delle ore, perché è la che voglio andare,a quell’incontro, a quell’amore di silenzi e di brezza, nei tramonti e nelle albe del sogno o dei sogni che vanno a farsi nell’attesa di lei che come marea torna sempre all’imbrunire per illuminare la mia notte.
Io e lei ci cerchiamo nei silenzi nella notte, ci nascondiamo nelle parole durante la luce…
È come se ci fossimo amati in un’altra vita e incontrati oggi senza cercarci, se accade è amore.
Ti faccio dono delle mie dita che scivolano tra le pieghe della mia vita per donarti la mia, la più intima la più vera. Ti faccio dono dei miei sogni. Ti faccio dono dei miei occhi, aperti sui tuoi, sulle tue labbra,  del mio fremere quando mi guardi, quando porti alla mia bocca il gusto dei tuoi baci, quel mio e tuo insieme, fusi nel desiderio che ci sovrasta.
I nostri umori mescolati nella saliva.  Ti faccio dono di me, di quello che sono, di quello che nessuno ha mai respirato né mai avuto.
Hai la mia vita.





Quanti sogni in un Sì

Di Vincenzo Calafiore
21 Maggio 2020 Udine

Mi capita sovente, svegliandomi dalla momentanea assenza dalla vita, scostando le coltri sterminate della notte, cedendo all’invito del sole, di pensare a quell’amore che si agita e vive in me: apro il palmo della mano e mentalmente vi colloco la persona che più amo; ci guardiamo interrogativamente: ricordo la sua capacità di metamorfosizzarsi in principessa; in una forma acerba, di regalità.
Le si addice.
Pensando alla regalità … esiste la minuscola, acquatica, roca, che si chiude in una mano, ma la guardo con tenerezza e a questa maniera percepisco il senso e la forza dell’amore, dell’amare, le suggerisco di saltare nel mio cuore, mi guarda con sospetto, con cautela.
Il suo corpo sinuoso e dolce allo stesso tempo scivola rapidamente nella sensualità, mi assale il desiderio … mi rendo conto di avere il palmo della mano vuoto, lei chissà dov’è in questo istante, e la depongo in una parte del mio cervello colma di sogni e di immaginazioni.
E’ questa una notte vitrea, di equorei pensieri, mi rendo conto della mia minuscola totalità, vibratile e sincera, sento l’eloquenza della bocca che desidera la sua.
Benevolmente mi affaccio alla vita, oramai la luce ha dipanato la notte e mi rendo conto di quanto sia nel tempo divenuta regina libera o a volte concubina di un Re, una puttana che si adegua per non costringere alla totale prostituzione.
Mi lascio trafiggere da un pensiero, in verità sempre lo stesso, pragmatico e sensuale in questa mia età canuta e virile nella sua stessa sostanza molliccia: forse verrà il giorno che mi farà impazzire!
Non ho dubbi sulla regalità di un seno che appena si scopre, così si scopre l’intero cosmo di desideri che sembravano fossero assopiti, la loro lentezza di sedarsi, ma ormai, nel frattempo sono saltati i tempi di uno scenario a me noto, nel quale mi muovo come un cieco tanto lo conosco tanto amo ormai.
Penso e prendo a vestirmi.
La mia breve apparizione nello scenario della sessualità con tutte le mie vibrazioni, risuonano nella reggia della mia adorata Principessa: tutto ne vibra, per quanto esso … il desiderio mio sia ormai incontrollabile, non ubbidisce più alla mia sedazione.
Si odono le fibrillazioni corali e melodici, talora nobile e soprano, nei limiti del mio stile riservato e silenzioso.
Dunque non mi insulto, né mi disprezzo, giacché la mia sessualità matrigna e fuori controllo, fuori e dentro di me, seduce il tempo; lei così fiera e nobile certamente anche di singolare coraggio, s’appresta ogni dì negli assalti alla mia voluttà, resto sedotto e sconfitto dietro a un pensiero che vuole unirsi col mare suo principe e Re,padrone, padre, regno, sensualità, regalità di un mare che mi sa amare … mare è amare nel suo rovescio, ed è qui che vivo, in questo dritto e rovescio: Mare è Amore, Amore è Mare ….!
Ora in verità sono io un Opossum, australe, consigliere di me medesimo o sicario o mio uccisore… penso e prendo a vestirmi… il mio breve rito si compie sul tavolaccio di vecchio fasciame di nave, affondata nell’ovattata età maschile; tutti i legni vibrano al mio passo indeciso, al mio vocalico canto, per quanto esso sia sommesso, giacché i chiodi mi ubbidiscono, i legni lisciati da impronte di ieri confuse all’oggi sono felici di servirmi, cala il silenzio e s’ode il mio respirare lento il mondo di fuori, coi suoi massacri di civiltà perdute, coi suo genocidi, con le torture nelle prigioni di Kabul, coi confini invisibili, con le grandi operazioni commerciali ai danni dell’intera umanità.
Quanti sogni sono andati perduti in un sì?
Inizia così lieve e cortese la deriva nella bonaccia di un oceano che sempre più somiglia allo sguardo che cerca di carpire la distanza da qui a Orione; è la stessa distanza che corre spasmodicamente e ritmicamente tra occhi e anima, come lucciole le anime si rincorrono, si cercano, si trovano lì in quella placenta primordiale che è il sentir respirare l’amore … l’amore per la vita!
Giacché è difficile conservare la devozione degli anni nei limiti dello stile cortigiano meschino, goffamente e rocamente mi rammentano la mia senilità volgare, in cui rifulge senza impurità, né afflitta da rimpianti e distanze ostili. Essi, gli anni e la mia senilità non comprendono la smorfia a mo di sorriso su labbra assetate di tenerezze, anzi e tuttavia la venerano come fosse uno smagliante sorriso.. ciò giustifica il loro esistere e la mia esistenza, temono la mia dipartenza con un malinconico canto … ne sovviene una certa viltà, un’occhiuta obbiezione nel loro prodigarsi; ma può esistere  una vita che non esiga una aureola di ignobiltà?
Dunque mio malgrado non li insulto, né li disprezzo, giacchè gli anni mi furono propizi, io solo li conosco,a me è dato il condannarli o l’amarli.
Ora che tutta la platea è stata da me commossa col mio dolente monologo posso ritirarmi in un dietro quinte in attesa di un’astuzia provocatoria, come il seno di una donna intravisto da una camicetta… ed è lì che nasce tutto e tutto torna.