domenica 31 luglio 2016



L’illusa delusione
di vincenzo calafiore
1 agosto 2016 Udine

L’odore forte di basilico, dalla porta spalancata alla notte entra e invade, mi sveglio e la prima cosa che faccio, qualunque sia l’ora accendo una sigaretta.
Nello studio, un vero disastro di fogli e penne, matite e tanti pezzettini di carta sui quali ho scritto una parola, una frase, per richiamare alla memoria una certa cosa, tutti raccolti in una scatolina di cartone rinforzato che prima aveva custodito, parte elettrica di un motore.
Mi siedo e ripenso a quel profumo di basilico, proveniente da due vasi posti sul davanzale della finestra, da buon “terrone” che sono lo adoro, mi piace proprio la pianta, su ci passo le mani per annusarle poi.
Penso alle mie estati, o alla “passerella” la barca con l’antenna alta con la quale si da la caccia al pescespada, chiamata pure la “ spatara “; su quella barca il più delle volte mangiavo il pomodoro con una foglia di basilico, pomodoro mangiato a morsi, che tenevamo in un secchio di lamiera zincata con acqua e ghiaccio, deforme legato a una cima per evitare che si ribaltasse sulla tolda; lo si teneva in un posto all’ombra.
Penso anche alle cose che mutano, cioè alle grandi amicizie finite in passato di cui  non ricordo i volti dei soggetti, ma ricordo vagamente i nomi; ma penso all’ultima!
Sulla quale ci avrei scommesso, pensando alla sua solidità. E della quale quello che più mi ha ferito è quel mio sentirmi tradito e deluso tanto da non volerne più sapere, la grande amicizia è diventata da quel che era il peggior mal di stomaco, il peggior rifiuto.
Quel rifiuto che ti fa dire “ basta, mi hai scassato…. “ !
Però quanto è vero quel monologo del ’92  che poi diventò il mio cavallo di battaglia, recitato su richiesta ovunque, dalla peggiore bettola al teatro!

Malinconia triste e malinconica


Il mio canto malinconico venne di petto
una sera d’agosto.
Dapprima avvertii lieve stretta al cuore, e pensai
al vento che passa e lascia, ma quella sera
vento non v’era, anzi nel cielo pieno di stelle
gli occhi miei vennero attratti da una, piccola e minuscola, una virgola! Che pulsava e luceva,
si mostrava più delle altre e nel cielo non v’era vento!

Ah, che dolore!
Venite presto accorrete amici miei, compagni,
venite meco in quest’ora malinconica,
ah così fatal mi fu la sorte nel mio celeste sognar!

Quanto attuale è nel suo essere!
Un tempo lungo, scoprendo giorno dopo giorno cosa significa essere amici, andare oltre l’immediatezza di ciò che appare. Avere la fortuna di guardarsi negli occhi e capirsi.
Sentire e condividere quanto appartiene all’altro.
Scrutare la profondità dei sentimenti.
Essere in altre parole, un tutt’uno di fronte al quale si sgretolano incertezze e difficoltà.
Con il mondo che pare aprirsi ad una bellissima dimensione, carica di sentimenti, energia, spiritualità.
Una fortuna che non a tutti è dato conoscere, E che si coglie nella storia della straordinaria amicizia, maturata sulla spiaggia, le stradine, i vicoli, nelle parole, nel sentire proprio quel grande sentimento sempre di più, sempre più forte …. Un’esperienza bellissima.
Una sorta di favola, che mi ha commosso e coinvolto; la povertà e gli stenti, il divertirsi con una palla fatta di pezzi di panno; gli stessi panni che portano il segno di ripetuti rattoppi, lo stesso tempo delle privazioni e delle rinunce.
La gioia dipinta sui volti!
L’amicizia!
Sentimento, già tanto vivo e importante si trasforma in qualcosa di più grande, in un sentimento che non sarebbe più cambiato.

“ prima a gruppetti, poi sempre più curvi
avviliti emaciati, a un corteo mostruoso,
un corteo di miseria e di esilio
esposti a tutti i pericoli, al riparo del nulla! ,
verso me terra straniera!
Ed io li vidi arrivare,
Verso di me, smarrito in quella notte di agosto
Senza sestante, senza vele, prigioniero d’una bonaccia,
parte di me che si è spenta.                          

Ah! Che dolore al cuore l’emozione in mentre cercai
di capire cosa fosse quello nell’aria,
qualcosa di tiepido e leggero,
allegro … era come avere il cuore gonfio
di gioia e di pianto al tempo stesso.

Ahimè tradito!

Furono loro a tradire
Furono loro a tradire, i sogni!
Che come lei, che a volte inganna
coi suoi riverberi di cristallo
coi suoi giochi, coi suoi misteri: la vita!
Il mio canto malinconico. “

In questa notte appiccicosa come carta moschicida, sono uscito dalle mie solitudini e mi sono visto crinita figura, poi ricadere nelle mie ombre e raggelarmi nelle pieghe di una saggezza, come di una pagina in cui risaltano i contrasti psicologici e quelli tra i vari livelli stilistici, le geometrie e le ripetizioni strutturali, ove annotate sensazioni si sviluppano e non placano la grande delusione, la nausea, l’ira, ma soprattutto i dettagli di una sibillina vicenda.
E’ un ripercorrere il passato che sembra trapelare come uno spiraglio di luce di mezze tinte, in cui scorrono immagini rapide trascoloranti, incastri imperfetti rigati di inusitate traiettorie di incertezze di una realtà che lascia tutto nelle mani della grande delusione.

lunedì 25 luglio 2016



Ritorno a casa

Di Vincenzo Calafiore
26 luglio 2016- Trieste

In queste notti arse di luglio quasi di agosto, inghiottito dai ricordi, viaggio all’indietro dentro un mare di cose che io credevo di aver definitivamente cancellate.
E’ un navigare in un mare bastardo, il mio passato che più volte ho ripassato e ripulito dalle fuliggini della miseria con tutte le sue umiliazioni, le cose negate, il coraggio di esistere.
E’ come andare in un paesaggio allontanato dal tempo nel silenzio sovrano nel baleno di una memoria che non lascia tregua.
Sono notti che mi trasformano in uno scarafaggio di ruggine!
Mentre soffocato dall’afa annaspo nel recinto “privato” pur dentro le distanze.
A prevalere è un’aria strana piena di disagio, in cui il vero e il sognato si mescolano facendo emergere tra chiaroscuri, più quel che è andato perduto che quello che è rimasto; d’improvviso, un biglietto su cui è scritto un nome, apre un varco, un incontro con il dolore e con la parola che lo descrive e sono dentro un gioco di cui non conosco le regole, a poco a poco si alzano con i lembi della memoria antiche storie familiari di incomprensione, sofferenza e morte, che si confrontano con vite microscopiche attorno.
E’ un mondo parallelo popolato di volti in transito per la casa nascosta dal marmo di un destino arcigno.
Ma si respira pure in queste notti bruciate, nella pace di una badia, la serenità di una congiunzione con il resto del mondo.
E lì, guardando e ascoltando questo mio mare zeppo di storie di uomini e cose naufragate che si materializza la forza della vita! E’ lì che avverto in piena intensità il suadente oppure, c’è aria di burrasca, il minaccioso respiro di questo mare.
Allora mi lascio cullare da questa ancestrale cantilena diretta dal vento dei ricordi, dagli affetti perduti cercando di indovinare quei deboli richiami che testimoniano l’esistenza; è un lasciarsi trasportare dai ricordi, dai sogni, su una secca solo a pochi metri di profondità.
Ma c’è un’allampanata vita che di queste cose ha fatto la sua tana, che si avvicina interrompendo il fruscio dell’aria che respiro, avvertire nel totale silenzio il battito del suo cuore.
E poi improvvisamente risvegliarmi dal sogno e scuotermi dal ricordo e ritrovarmi sveglio mentre il sole entra a curiosare nella stanza, nel silenzio interrotto dal respiro del vento e dal frangersi delle onde.
Mare di pietra, sempre lì ad ammonire che la mia vita è in perenne assedio, pronta agli improvvisi mutamenti fin tanto da costringermi ad esporre il solito cartello ieri come oggi:
“ Tutto sospeso”

martedì 19 luglio 2016





Qualcosa manca

Di Vincenzo Calafiore
20 luglio2016- Trieste


“ vallo a dire ai giovani d’oggi
cosa voglia dire felicità, che per noi
che da lì veniamo era tutto in un bicchiere vuoto.
Vallo a dire che non c’è bisogno di tanto    per conoscere la felicità che sta in un niente! “
                                                                                                                           Vincenzo Calafiore
                                                                                                                ( autore in cerca di autore)

Un tempo che io ricordi al mattino quando ci si alzava la prima cosa che si faceva era quella di accendere la radio, noi in casa avevamo una “ Minerva” sintonizzata su una frequenza da cui ci giungevano le noti delle grandi orchestre, c’era la musica che faceva bello il giorno, ed eravamo poveri, tanto da come si diceva allora che si spaccava la lira in quattro.
Io amavo molto ascoltare Doris Day che cantava “ Que sera sera “ ancora oggi la canticchio mentre mi sbarbo, o faccio qualcosa.
Sarà che mi sono invecchiato, ma il romanticismo , la melodia il sapore della bella musica di un tempo ; le fantasie il colore che evocavano non le trovo nella moderna musica che mette più tristezza che allegria, sa di vuotezza, l’ascolti e la dimentichi subito.
Oggi è già un premio “svegliarsi “  è già un miracolo avvertire una stretta al cuore che non vuole essere un campanello di allarme di qualche infarto in arrivo, è già un miracolo sentirsi ancora “ umano “ e alla vecchia radio “ Minerva” si è sostituita prepotentemente la televisione, invasiva con i suoi notiziari, con la sua programmazione per o più di programmi deleteri, di tanta vuotezza, ma tanto utile alla formazione di “ massa comune “ facilmente controllabile, troppo facilmente influenzabile.
Ci si alza e automaticamente, si accende questa maledetta scatola che come una macchina del tempo ci porta repentinamente in ogni angolo della terra da cui giungono solo che notizie di massacri, di attentati all’umanità, di ruberie, della disonesta merdosa politica.
Certo, in tutto questo c’è un perverso disegno, perché mi pare che siano proibiti cose come l’allegria, le buone notizie!
Oggi è già coraggio il solo vivere in questo merdaio.

  Ab uno disces omnes
Da uno capisci come sono tutti ”.
                                     
Sono in tanti a compiere gesti estremi come quello di togliersi la vita o di toglierla ad altri, bambini compresi, troppa la violenza, troppa la volgarità, troppa indecenza, troppe aspettative tradite, troppa solitudine, troppa mancata umanità.
C’è qualcosa che non torna!
In queste notti dalle finestre spalancate al buio oppresse dalla calura, notti da cui fuggire come da questa società anonima e spietata, crudele ch come ingranaggio stritola e rilascia brandelli di umanità perduta.
C’è qualcosa che non torna in noi con quelle bocche grandi buone a ferire o a tagliare amicizie, a succhiare vita altrui peggio della morte.
Allora che senso ha essere quel che non si è,
che senso ha essere ciò che con facilità si rappresenta se poi alla prima occasione quel che era è già?
C’è troppo, tanto, molto, desiderio di violenza, tanto desiderio di recare danno, tanto desiderio di ferire anche la parte migliore.
In queste notti bianche con gli occhi aperti al buio si manifestano visioni di luoghi in cui ancora il “ niente” è ricchezza, e i significati stanno nelle parole.
Parole che oggi a luce piena peggio delle spade mietono vittime, creano vuoti, assenze.
Sarà che sono invecchiato, sarà che amo più il bicchiere vuoto che il pieno, sarà che io spesso ritorno indietro e mi costringo a rientrare e a indossare quella maledetta maschera che nasconde il mio viso e mi cambia in un anonimo borghese piccolo piccolo anche quando in me si muovono tempeste!
E verrebbe voglia di scappare, non so dove, ma di scappare da questo letamaio in continua fermentazione.

domenica 17 luglio 2016



                         Come non amarti

Come non amarti!
Sognarti è come avere sete, è saziarsi,
amarti è un sogno che si ripete in ogni istante
è luce verso sera nelle penombre dei tuoi occhi
che vanno verso i miei.
Come non amarti!
Se questo desiderio, questo legame,
se perfino la mia anima, le mie parole
hanno sete di te!
Di te che te ne vai e poi ritorni
sempre più amore, sempre più occhi, sempre più anima,
sempre più incendio.
Come non amarti!
Se le mie braccia ti amano,
amano il tuo corpo, l’incendio che li brucerà
di amore, di sete.
Sete, che cerca la tua sete, come non amarti.

                                     Vincenzo Calafiore