venerdì 26 aprile 2024


 

25 Aprile

 

Di Vincenzo Calafiore

25 Aprile 2024 Udine


 

Quando un popolo è divorato dalla sete di verità, si trova degli – Osti – che gliene versano a volontà, quanto ne vuole, fino ad ubriacarlo. Accade allora che la si prende. In questo caso non vi è più riguardo, per nessuno. In mezzo a tale licenza nasce e si sviluppa una brutta pianta: la tirannia! Ed è quello che è successo in questa giornata, esclusivo appannaggio di una parte sociale che esclude la stragrande maggioranza di altri cittadini.

 

<< Non c’è mortale che sia libero >> :così Ecuba riflette amaramente, nell’omonima tragedia di Euripide, sul destino che accomuna tutti.

Per Ecuba, sventurata regina, la libertà è un bene prezioso e fragile, sempre ricercato ma irraggiungibile, poiché siamo schiavi del denaro, del potere, delle leggi ingiuste. In realtà, il mondo antico è particolarmente sensibile ai valori della libertà e alle sue molteplici sfumature.

La lingua greca si serve, principalmente di due distinte parole per indicare questa condizione:

“ Eleutheria “ (ελευθερία ) è la libertà nella sua accezione politica: libero è colui che nasce da genitori non schiavi, né è soggetto al potere di un tiranno ( o di una corrente politica ).

Esiste poi la  “ Parresìa “ (παρρησία ), cioè la libertà di parola, esercitata sia in ambito politico, sia nel dialogo franco e senza timore di giudizio altrui.

 

Essere liberi non significa semplicemente non essere schiavi, ma condividere con altri. In questo senso sono decisamente illuminanti le riflessioni di Michel Foucault sulla parresìa: la libertà di parola, nel suo legame con la verità, presuppone sempre un vincolo di responsabilità nei confronti dell’uditorio. Non esiste libertà di parola se non all’interno di un contesto, che è rispetto di se e dell’altro nella ricerca incessante della verità.

Ieri ciò è stato calpestato, vietato, violento, aggressivo.

Socrate riconosce che il dialogo è un’occasione di cambiamento, comporta in esso, la presenza di tre elementi irrinunciabili: la conoscenza ( episteme ), la benevolenza ( eunoia) verso l’interlocutore e la franchezza o semplicemente la libertà di parola ( parresìa).

 

Il dialogo vero, ci permette di conoscere meglio noi stessi e l’altro, ha dunque bisogno non solo di sapere in parte, ma anche e soprattutto di una predisposizione alla cura e alla responsabilità, come indicano la franchezza e la benevolenza.

 

La parresìa è una pratica di libertà che presuppone profonde qualità morali e sociali.

Svincolata dalla politica. Perché non va mai censurato il discorso di un uomo giusto e onesto

( dikaios ). Come ci ricorda la Fedra di Euripide, la parresìa è la condizione di felice libertà garantita dalla buona reputazione, cioè dalla consapevolezza della propria limpidezza.

 

Nonostante il valore attribuito alla libertà interiore nei dialoghi platonici egli viene associato alla condizione di parresìa. Si riconosce in Socrate il vero maestro capace di vagliare l’animo dell’interlocutore. In definitiva la “ parresìa” è una pratica  fondamentale del basanizein, cioè del mettere alla prova l’anima.

Nell’Apologia di Socrate, testamento spirituale per l’umanità, Socrate rivela ai cittadini la via verso la salvezza e la virtù << infatti io me ne vado in giro facendo nient’altro che cercare di persuadere voi, giovani e vecchi, che non dei corpi dovete prendervi cura, né delle ricchezze né di alcun’altra cosa, ma dell’anima, in modo che diventi virtuosa, sostenendo che la virtù non nasce dalla ricchezza, ma dalla virtù stessa. >> Socrate ricorda che il vero bene è prendersi cura non delle ricchezze e della fortuna, ma di quel tesoro dell’anima che è la saggezza che è venuta meno in questa giornata che sarebbe dovuta essere sotto un’unica bandiera e così ancora una volta non è stato e mai lo sarà se non cambia il pensiero o la condizione della parresìa!

 

giovedì 25 aprile 2024

 

                  VITA

 

Vita sempre mi foste cara,

l’ho amata e ancora l’ho nel cuore

Le scrivo mia amata pieno di nostalgia.

Mi tenga nel cuore, La prego!

Non getti via questa occasione, La prego

mi ami come solo Lei sa amare,

La prego!

                                    Vincenzo Calafiore

mercoledì 24 aprile 2024

 

Certe volte

è come se mi mancasse il cielo.

Certe volte mi manca il mare

Il mare che non riesco a raggiungere

toccare con una carezza.

E’ come se la vita venisse meno,

cado nel buio

a volte sogno

perché mi piace sognare

io

a volte

è come se non mi conoscessi

e mi do del lei

mi rivolgo una preghiera

capace di sedare il Demone dell’Amore

che è in me.

Come se non bastasse mi rivolgo a Dio

gli domando a pieni polmoni

che si sleghino i miei pensieri

i sogni, i miei polsi, le caviglie!

Miei viaggi di notte

senza una rotta

lontana riva e luna ubriaca di luce !

Io che mi perdo a piccoli pezzi

Attento ai miei passi incerti sulla sabbia…..

Se almeno questa notte

ci fossero le stelle ad ingannarmi

ad illudermi

che c’è l’amore che c’è Dio!

A volte il mare chiama.

                                     Vincenzo Calafiore

   

( 1° Classificato Premio Dante Alighieri – Terni )

 

 

 

Dell’amore voglio la giusta parola

quella parola che tutto ha in se,

che raggiunga il cuore con l’ardore suo.

E trovo nuovi orizzonti allo schiarire dell’alba,

alfabeti muti di segni che graffiano l’anima,

cerco le immagini nelle sue pupille limpide,

nel turbinio sanguigno, nell’urlo dell’anima.

Guardo e vedo il tuo volto, la tua pelle disegnata,

sento il tuo affanno sotto la tua pelle …

è un amore sopra le nuvole, una danza gitana

che porta sopra le stelle.

E infine sconfitto e misero, torno al mio giuoco

in un blu di vento e di sole che sa di sapienza, di sale;

ripeto piano la parola esatta sempre lì nella mia testa.

Tu

così dolce e infinita

la parola esatta, la pronuncio,e provo a farti rimanere

supina nei miei occhi.

Ma tu ti perdi come una preghiera

come un granello di speranza

 e il tuo nome grande come un universo, torna a sera,

nella mente c’è un’altra vita!

                                                  Vincenzo Calafiore

lunedì 22 aprile 2024

 

 

 

Io sono Enzo,

come Plinio,

Enzo il “ vecchio “ !

Ho visto tutto di questo umano

ho scritto con una matita

soppesata fra pollice e indice

come le parole, in un giusto equilibrio,

sulle pagine bianche delle chiare albe

di un diario di appunti, carta grossa, ruvida,

ansimante e ferita, orgogliosa, sotto i segni della matita.

Come anima mia, sai cogliere il mio dolore muto

lo traduci in parole, ritmo, musica, polvere di magia.

I pensieri sono solo parole alate, polvere di stelle cadenti

nelle tue pupille scure, finiscono nel vorticare sanguigno,

nelle urla dell’anima, sotto la tua pelle.

Si, sono io Enzo il vecchio

Il più delle volte, solo, ad attendere il sole,

il rumore del tuo respiro,

le tue crespe labbra, ruvidi fogli,

su cui scrivere una pagina d’amore, forse!

 

                                 Vincenzo Calafiore

domenica 21 aprile 2024

 

Lo vedi ?

Quello è il mare, ma non lasciarti affascinare

è un trucco, un’illusione per farci

vedere un orizzonte e oltre.

Noi invece siamo di qua

siamo pietre, fango, sabbia

conchiglie vuote; incapaci

di cambiare il mare in oceano .

Io, tu, gli altri abbiamo visto sempre mare,

mai oceano, perché ci è stato insegnato così.

Non potremo mai essere oceano

Siamo limite, ferro, timore, paura,

terrore, rimorso, angoscia, cose

che ci rubano tutto, ogni cosa.

A volte in certe visioni

siamo riva,

impronta sulla sabbia di una riva

il luogo più primordiale del mondo

dove la terra non è terra

e il mare non è oceano

dove tutto ha inizio

e diventa infinito.

Allora si se guardi così il mare

ti troverai davanti a un oceano,

a un oceano mare.

Noi siamo riva,

traccia di umanità

confine

orizzonte! Ove entrare per incontrare Dio !

 

                        Vincenzo Calafiore

 


venerdì 19 aprile 2024

 

 

Come le rondini tornano in primavera

torna alla mente l’amore ed è vita,

un motivo per vivere.

Come il mare, quel mare infinito

che attraversano le rondini per tornare

anch’io amandoti ho un motivo

per aspettarti come un incerto domani

così come la nostalgia dei tuoi baci!

 

                            Vincenzo Calafiore

 

giovedì 18 aprile 2024

 

Notte,

notte mia misera

avara di ali

sotto questo cielo di fuochi

tenui e lontani.

 

Portami via

da questo sogno vicino all’amore,

nell’odore forte di un’estate infinta

che tenere se non l’essenza?

Un racconto personale!

                               Vincenzo Calafiore

lunedì 15 aprile 2024

 

In questa notte che lascia cadere le stelle

a guardarla ci si sente più veri,

nello sguardo puro.

Questa notte che consiglia l’amore

frena il mio cuore migrante verso

nuovi universi.

E’ un miraggio questo mare di stelle

questa è una notte buona a intraprendere

un viaggio per allontanarsi da questo mondo stupido.

E’ un miraggio adesso vivere questo giorno

che mi parla di te.

E’ un miraggio sorvolare questo mare aperto

per arrivare a domani!

                                         Vincenzo Calafiore

sabato 13 aprile 2024


 

La luna nel pozzo

Di Vincenzo Calafiore

14 Aprile 2024 Udine

“ …… avrei voluto, dal banco

dove ero seduto in chiesa:

aiutami! Poi mi resi conto

che lui era lì vicino a me, e mi parlava … “

 

                                                Vincenzo Calafiore

 

 

Dopo l’infarto al miocardio qualcosa è cambiato.

Tutto è cambiato, perfino la mia personale visione della vita.

Mi sono svegliato con un braccio fuori dalle coperte: era congelato, come paralizzato. Con l’altra mano l’ho messo al riparo sotto le coperte e ho cercato con l’altra mano di riattivare la circolazione, quanto meno riscaldarlo.

Metaforicamente ho fatto quello che dopo l’infarto ho fatto alla mia vita: l’ho ripassata tutta e l’ho accarezzata cercando di restituirle ciò che nel frattempo era andato in frantumi e cancellato da mano invisibile, anche per tornare ad essere un umano ancora vivo, attaccato alla vita.

Ora non sto proprio bene, risalire dal baratro in cui ero caduto non è stata cosa facile: nella mia vita ora circolano dei bei “ sogni “, sono vero, sono felice di esistere ancora.

Tutto è così semplice, mi godo questo scampolo di vita regalatomi da Dio, forse me lo sono meritato di rimanere, qui fra la gente, questa gente come me sempre in movimento, e siamo mare, un mare che non smette mai di meravigliare, di muoversi.

Respiro la vita, così diversa, delicata, fragile, armoniosa … e intanto mi sento così vicino a Dio, così grato a lui!

Ascolto dal mio MP3 la musica che più mi piace << My Way, to Frank Sinatra >> . Un album che rispecchia il mio stato d’animo, la mia esistenza, la mia situazione; la musica e il profumo di vita si intrecciano nell’aria, col ritmo di << Somethin’ Stupid >>, tutto cambia, l’umore, la vita stessa, e io vorrei gridare: “ Sono un mezzo uomo felice, grazie Dio! “

Sono adesso le due di notte, mi affaccio al balcone e c’è un cielo stellato, sembra una trapunta di stelle e fra non molto comincerà ad albeggiare; alzo lo sguardo al cielo e chiedo: “ Cos’è, una malattia grave ? Insomma, cos’ho? Dimmelo, ti prego, quanto tempo ancora mi hai lasciato in acconto? Queste sono state le prime parole che ho detto a Dio, quando dopo tante ore in sala operatoria sono ritornato nella stanza della Cardio Chirurgia dell’Ospedale S. Maria di Udine.

Non è facile per me capire da che punto sono tornato a vivere, non so dove sia esattamente l’inizio. Vorrei evitare di esternare lo stato d’animo che sto vivendo adesso, pensieri, disagi, crisi, mancanze, assenze, rifiuto.

Vorrei non esternare lo stato d’animo che sto provando adesso nel trovarmi di fronte a delle pagine bianche, di fronte a tutte le mie incognite. Chissà come le riempirò? Cosa c’è di meglio del desiderio di vivere e gioire di tutte quelle cose che questa mia vita continua a donarmi!

Posso riempire la mia vita di tante cose, non cose stupide, ma di musica, di sogni. No di certezze ma di speranze, di desideri, di sogni da accarezzare. Senza regole, senza limiti.

Ma cos’ero prima?

Mi sarebbe piaciuto molto conoscere “ quel Vincenzo Calafiore “ peccato che ormai non esiste più!

In quelle notti in ospedale, mi assalivano ricordi con la stessa veste di malinconia, le scene nella memoria prendevano vita lentamente, come in un film, era la mia vita.

Mi capitava prima di scappare da situazioni dove c’erano molte persone, venivo all’improvviso assalito da forte sensazioni di disagio, e mi rifugiavo in qualche chiesa vuota, ci rimanevo per molto tempo, più che altro raccontavo a Dio i miei sogni, maggiormente le mie paure, il mio disagio di vivere. Cercavo la pastiglia della felicità: la mia vita.

La cosa buffa o pazzesca è stata lo scoprire che conosco tanti modi di morire e non conosco un solo modo di vivere!  

Ora quasi un anno dopo, guardo la mia carta di identità, la data mi dice che ho superato i 77 anni e non solo, allo stesso tempo mi ricorda di essere un vecchio.

Un vecchio con l’anima di Peter Pan, che ha voglia di amare, incapace di esternare quello che ha dentro. Ero riuscito a raccontarlo a Dio.

Non è facile trasformare i miei desideri, le riflessioni, i miei stati d’animo, in un qualcosa che possa rassomigliare a un’azione, a vincere è sempre la paura.

La paura di scoprire qualcosa in me che non ho mai conosciuto.

Esplorare nuovi mondi …

Ma la cosa che più occupa la mia testa è sapere che sapore possano avere le labbra, di pesca, di muschio? Meglio forse non pensarci più e partire.

Partire per questo nuovo viaggio alla ricerca di me, alla scoperta della mia nuova vita!                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          

 

 

 

 

 

venerdì 12 aprile 2024


 

 

 

 

A modo mio

 

Di Vincenzo Calafiore

13 Aprile 2024 Udine

… la vita, a volte,

è un ricordo che si incastra negli occhi,

bruciano e scendono le lacrime … 

        Vincenzo Calafiore

 

La vita, a volte, è un ricordo, un prezioso ricordo che si incastra negli occhi, per un solo attimo, a volte per giorni, a volte è un qualcosa più pesante di una lacrima e si cade.

A volte ci si rialza, altre volte si rimane lì per tanto tempo come un animale ferito a leccarsi le ferite; si sente che qualcosa è cambiata, lo si sente dagli occhi spenti e assenti, senza sguardo.

Io credo fermamente nell’amore ed è questo che a volte mi porta lontano, perché sono uno di quegli “ stupidi “ romantici, uno che crede che l’amore vero esista davvero.

Ho provato a descriverlo, perché scrivere è forse una di quelle cose che mi riesce bene di fare, perché con le parole non ne sarei capace e poi come spiegare tutto quel mare che ho dentro di me?

E dentro di me ne avrei cose da dire; probabilmente un giorno, forse, ci riuscirò a scrivere e raccontare tutto quel mio mare di dentro.

L’amore che ho dentro, l’amore che sento il più delle volte mi fa male, è un dolore sottile, continuo, è come il dolore di una ferita che stenta a rimarginarsi e sanguina.

Ecco, se fossi capace adesso ti direi ….. lasciami respirare a lungo, l’odore della tua pelle, il profumo dei tuoi capelli, lasciami immergere il viso come si fa nell’acqua di una fonte quando si beve, lasciameli scuotere i tuoi capelli come  faccio da un foulard tuo odoroso, per farne uscire tutti i ricordi.

Se solo tu potessi immaginare, tutto quello che provo e sento accarezzando i tuoi occhi, la mia anima ti cerca e ti trova seguendo il tuo profumo.

Nei tuoi occhi c’è tutto il mistero dell’amore, c’è un sogno, c’è un mare grande come un oceano.

Sulle tue labbra ci sono le canzoni che più ti piacciono, le parole che vorresti dirmi e non mi dici, mi perdo nella loro fragranza di bosco.

Non so, non ricordo più quanto tempo sia passato dal primo abbraccio, non ricordo più la mia gelosia, ma ricordo bene cosa pensai che saremmo diventati.

Sembra ieri, eppure il tempo passa, scorre senza che ce ne rendiamo conto, mi è bastato che tu mi prendessi per mano per non lasciarti mai più!

Se potessi rifarei con te nuovamente tutto ancora una volta.

La vita è così, una rapida simultaneità di tante cose, e tutto cambia, tutto si smarrisce, tranne i ricordi, è difficile da spiegare, ma i ricordi restano.

Albert Einstein diceva che la memoria è l’intelligenza degli imbecilli, sarà così?

E’ passato tempo, e abbiamo corso tanto, abbiamo pensato a un prossimo venire che non c’è stato.

C’è poco da spiegare, perché tutte le emozioni che sono rimaste non hanno bisogno di essere spiegate, come non ha bisogno l’amore.

Come si fa a spiegare una felicità, così immensa che scoppia dentro il petto, come quel mio ti amo?

Guardo te in una foto e penso che senza di te in fine nulla ha senso, nemmeno io.

Vorrei adesso abbracciarti e non ci sei!

 

 

giovedì 11 aprile 2024


 

Kaulonia

 

Di Vincenzo Calafiore

10 Aprile 2024 Udine



… Succede al largo di Kaulonia

in una notte di stelle ardenti:

il vento gira e porta odori di montagna

ma secchi e roventi, gli stessi degli altopiani

di Lassithi ….. “

 

E poi i tuoi occhi con quella luce, si confondevano nel tramonto; non c’erano parole, solo silenzio tra noi, come quel momento pretendeva fosse.

Era verso la fine di un maggio odoroso, all’imbrunire, col sole sul filo dell’orizzonte e l’aria pregna dell’odore del fieno, voli incrociati di rondini, nella strada che si perdeva tra i campi fino alla marina, l’angolo di spiaggia lontana dai rumori e umori dei villeggianti.

Monasterace si animava più di notte, i bar della piazzetta aperti e i turisti seduti anche sulle panchine sotto gli alberi si godevano la serenità della sera; rientravano anche gli studenti dalle università per un breve periodo di vacanza.

 

<< Come fai ancora a vivere nel paese? >>, chiese Laura, a tutta voce, nel bel mezzo di un discorso, fatto di ipocriti convenevoli e mezze menzogne, di parole un po’ acide, come succede alle persone con una storia d’amore finita da molti anni, ma che continuano ad avere e mantenere un buon rapporto e, di incontrarsi tutte le estati.

E’ vero i legami non finiscono mai, specie nei paesi.

La guardò attentamente, con curiosità e sorpresa, prima di rispondere.

Prima o poi, quella domanda, rituale come i temporali estivi, come i  … quando sei venuto, …. come ti trovi, … come stai …… quando riparti?, sarebbe arrivata, è arrivata.

Era disteso su uno di quei divani con la tappezzeria di un rosso pompeiano; i raggi del sole entravano con forte intensità in quella parte di casa.

Il paese, pensò Tommaso, non fa che domandarmi come faccio a vivere nel paese, non parla d’altro, non esiste altro che il paese, e rompe sul paese, che si dice, come state, come vivete, chi è morto, chi sen’è andato ….

<< Potevate  rimanere, se non volevate che il paese si svuotasse, e se invece di rompere parlandoci dei luoghi in cui vivete, tornate soltanto per raccontare, parlare soltanto del paese >> aveva voglia di rispondere Tommaso, che si limitò a dire:

<< Il paese ora non esiste >>!

Laura lo guardò, con i suoi occhi neri sfuggenti. Era sempre bella, la donna con cui aveva avuto una lunga storia d’amore, tenera e bella, una storia indimenticabile anche se non ricordava quando era cominciata e non aveva mai capito per quale motivo era finita.

<< Hai ragione gli disse! Dopo un lunghissimo imbarazzante silenzio, che le era servito a trovare qualche risposta intelligente, << Kaulonia, non è più come prima. Tutto è cambiato, è tutto diverso, non so come dire, forse siamo cambiati noi, in molti ce ne siamo andati, tutto è cambiato , vie, case, persone, eppure non riesco a fare a meno di tornare>>.

Tommaso la interruppe subito, una litania vecchia  che era tutta di coloro che ogni estate facevano ritorno. Una cantilena che a lui, che era rimasto in paese, senza sapere se per scelta, o per necessità, era per lui come una dichiarazione di guerra da cui difendersi attaccando, con le sole armi che aveva a disposizione: l’ironia,il sarcasmo,, l’indifferenza, il silenzio. Era profondamente legato al paese, e cercava in tutte le maniere un affondo per metterla in difficoltà. Sapeva di rendersi indisponente, ma era l’unico modo di fare sentire a disagio quanti avevano bisogno di conferma alle proprie scelte, magari ai propri fallimenti. Infine sembrava lui quello che sene era andato: quelli che tornavano non tutti apparivano prigionieri e avevano molte più cose da raccontare di lui.

<< No, rispose con aria un po’ affettuosa e sognante, non è in questo senso che volevo dire, non credo oggi di essere in grado di farmi capire, scusami. Il paese non esiste, come non esiste il mondo, come non esistiamo noi …… >>

Laura si alzò dalla poltrona dove era seduta, si avvicinò a Tommaso e attese che proseguisse il discorso.

<< No, non è che il paese non esiste più, non è più come prima,. Voglio dire, che forse non esiste più per me come io non esisto più per il paese.

Si sentivano nell’aria tracce di antiche battaglie di una lunga guerra persa da entrambi. Con fare distaccato Laura si avvicinò al divano, gli accarezzò i capelli, non aveva dimenticato i punti deboli di Tommaso e ricorreva a modi antichi per stanarlo dal suo presente.

 

 

lunedì 1 aprile 2024

 

Non ne vale la pena

 

 

Se ami entrare in chiesa

e rimanere lì in silenzio

a parlare con Dio

vuol dire che Dio è con te.

Se ti dispiace andare via

non farlo come non lo faresti

con un amico.

Allora rimani

dividi il tuo tempo con lui

parlaci, raccontagli di te,

anche se lui già sa tutto di te.

Se pensi di stare bene

e per qualche soldo in più

ti allontani da lui,

lascia stare non ne vale la pena.

Non ne vale la pena

amare chi non ti ama,

non ne vale la pena

vivere una vita vuota.

Dio non ti chiede chi sei

la sua porta è sempre aperta

il fuoco sempre acceso

la luce sempre accesa

la mano sempre tesa

perché Dio ti ama

Dio c’è!

Tu vai verso lui

con la tua mano tesa

vai verso lui con il sorriso.

Non ne vale la pena

allontanarti da lui è inutile

perché lui è in te in ogni ovunque

prendilo per mano come faresti con un amico

non chiedergli nulla, regalagli un sorriso

la porta sempre aperta

il fuoco sempre acceso

la luce sempre accesa

la mano sempre tesa

Dio c’è!

                                         Vincenzo Calafiore

 

domenica 31 marzo 2024


 LOLITA

 

Di Vincenzo Calafiore

1 Aprile 2024 Udine


 

La vita è una “ Lolita “ conquista come una ragazza adolescente con la sua grazia e precoce sensualità, la intrigante e provocante esistenza!

Ma è un inganno, una grossa illusione.

Sono abbastanza “ vecchio “ e posso, o meglio, affermare che di questa “ Lolita “ ne ho subito il fascino, la grazia, tutta la sua sensualità, tanto che sono, ancora adesso innamorato.

Mi sono posto tante di quelle volte questa domanda: - che cosa siamo noi ? –

Le sacre scritture dicono che Dio ci ha creati a sua immagine, e soprattutto uomini liberi! E’ contraddittoria o un contraddittorio … Dio non fa la guerra, non ha creato armi di distruzione di massa, non uccide, non conosce la malvagità; tutte queste cose sono “ esistenza umana” la peggiore esistenza di questo ex creato o ex paradiso.

Amare Dio non vuole dire assolutamente andare a messa tutte le domeniche con quelle litanie da ossessione, la – messa – di Dio è musica, colori, gioia di vivere, allegria, fratellanza, amore, ma soprattutto: Il Credo. “  …. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo …. È tutta qui la meraviglia della vita, in questo rigo di parole, in questo Credo.

Amare Dio vuole anche dire: non uccidere! E in questo l’uomo ne è maestro, lo è sin dalla notte dei tempi ancora prima della parola di Dio e ha continuato con le guerre, i massacri, con Auschwitz, con le guerre di religione, con il femminicidio in tutti i suoi tremendi aspetti.

Dov’è il senso dell’andare a messa tutte le domeniche senza un – credo – in cui riparare, qual è il senso, forse quello di riempire le chiesi di – ipocrisia – o ipocrita presenza?

La cosa più bella è entrare all’alba in una chiesa, nella casa di Gesù, spoglia di ipocrisia, di sfilate di moda, di credo apparente.

Entrarci alla stessa maniera di quando si va a trovare un fratello, un amico, un papà, sapendo di essere accolto dal coro della solitudine ove si possono specchiare gli animi, sedersi e parlare sottovoce con lui, con Gesù; non si è soli, lui è lì può essere affianco, o vicino, da qualche parte della sua casa e sentire nell’aria e dentro di se una certa quiete, una inaspettata serenità.

Se si è attenti lui parla, parla al cuore e quando si lascia la sua casa ci si sente diversi, più umani, più veri come lo è lui e non il girone infernale della quotidianità, del tempo sprecato chiamato vivere!

Io non so, se esistono: l’inferno, il purgatorio, il paradiso! Non importa quel che conta è sapere che Dio esiste è in noi è il nostro cuore!

“ Aggiungi un posto a tavola, che c'è un amico in più se sposti un po' la seggiola stai comodo anche tu, gli amici a questo servono a stare in compagnia, sorridi al nuovo ospite non farlo andare via
dividi il companatico raddoppia l'allegria. La porta è sempre aperta la luce sempre accesa. La porta è sempre aperta la luce sempre accesa. Il fuoco è sempre vivo la mano sempre tesa. “

Dio c’è !

 

venerdì 29 marzo 2024

 

L’età mia

 

Ora sono in quell’età in cui osservo le cose con calma

mi muovo col mio moto: il moto della lentezza e con l’intento

di continuare a camminare fino a raggiungere il mio sogno.

 

Ho quegli anni in cui si accarezzano i sogni in punta di dita

per non rovinarli e le illusioni sempre più diventano speranze, aspettative, in questa mia età misera e stanca.

Sono quegli anni in cui si ha necessità di amore, i desideri incalzanti, sono incendi, che finiscono per consumarsi nel fuoco della passione fino all’alba.

E altre volte è pace, è tramonto come quello su una spiaggia.

 

Quanti anni ho?

Non lo so, non ho mai avuto necessità di contarli come un numero, è un tempo, ed è lì che ho visto i miei desideri infrangersi come onde sugli scogli, dove ho camminato con i piedi insanguinati, dove ho visto le mie illusioni volatilizzarsi, e questi valgono più, molto di più degli anni.

 

Che importano gli anni compiuti o da compiere è solo tempo

quel che importa è l’età della mia anima. Ho il tempo di vivere

nel moto della lentezza e con lentezza tagliare il traguardo.

Quanti anni ho, che importa, a chi deve importare, se gli anni che ho servono a farmi vivere il mio sogno, il mio ultimo sogno?

 

                                                                   Vincenzo Calafiore

martedì 26 marzo 2024


 

Le perdute occasioni di vita

 


Di Vincenzo Calafiore

27 Marzo 2024 Udine

 

Vorrei dirti adesso: “ sono stufo di questa vita grigia e polverosa “, tu ne sono certo mi diresti che contrariamente la vita non è come io la vedo, è bella!

Se te lo dicessi ne sono certo tu vorresti sapere, conoscere il perché, le motivazioni che mi fanno pensare ciò,e non finiremmo mai di discuterne.

 

Come farti capire che viviamo come dentro un allevamento intensivo di polli, chiusi dentro delle grandi gabbie e camminiamo per strade piene di pattume.

Il pattume delle violenze di ogni genere, dell’amoralità, della corruzione di ogni genere, della guerra.

Tu hai ragione, ma io mi porto dietro “settantanni”  di ferocia e ora mi trovo davanti, massiccia e genuflessa, la mia anima e l’inizio di una marea di ricordi.

 

Con la malinconia di un sorriso, non sorvolo sui fatti, bensì ne spremo gli umori più segreti, conto con sfolgorante attenzione le memorie attraverso una simultaneità di emozioni che riaccendono un fervore di pensieri. E nel frattempo costeggio lo sviluppo di un motivo o l’interrelazione tra un motivo e l’altro, tra una scena di vita più personale e quella che appartiene a un contesto anche se qua e là suona ricalcato su una cartolina comune.

 

Ricordo la mia vita dei vicoli e delle case cadenti e del buio bagnato rischiarato dai versi di gabbiani che cantano andandosene via; del porto con la sua maestosa decadenza, del labirinto di vicoli e strade di una città che si sveglia al contrario, lontana dal magma mondano incorporoso, illuminata dalla presenza di Atena, alata e potente dea.

Le città sono luoghi desolati ove gli uomini conducono un’esistenza costruita sulla paura di un futuro impossibile, immaginario.

 

Immerso nella sua recita infinita, l’io sa che occorre il calore umano quando i fallimenti si sono stratificati e la vita appare un acquario che non viene pulito da sempre, mentre il vento interrompe la pigrizia degli alberi. Vivo in una atmosfera lenta e sospesa, in cui provo con un sorriso carico del già visto, l’autocompiacimento di stare  come nascosto e fare i conti con i fantasmi, con cose scolorite e perdite irrimediabili in una realtà concreta e stravolta e in incessante trasformazione, figure leggere, quasi incorporee e senza traccia ma che spesso sono più vere della stessa mia condizione mentale che le ha generate.

 

Vedo passare strane figure che giocando d’anticipo sull’età indossano camicette spente sopra seni tentatori, e occhi che leggono i soffitti come pellicole su cui è rimasto impresso tutto ciò che è accaduto nel tempo; sono gli apartados come me, i narratori di una storia picaresca e lo facciamo con uno stile serrato che alterna l’ironia a momenti pensosi, circumnavigando l’eterno conflitto tra le aspirazioni e i sogni e la realtà umana: appartati come in fondo siamo tutti noi, esilisenza nemmeno l’alibi di una nave incagliata fuori dal mondo.

 

 

domenica 24 marzo 2024


 

Quel lato oscuro

 

Di Vincenzo Calafiore

24 Marzo 2024 Udine

 

Uno come me non può che vivere in un

 – fuoriscena – permanente o da esiliato, perduto in un gioco narrativo che favorisce il silenzio, la riflessione, l’osservazione, la storia dell’uomo costruita attraverso le varie voci dell’anima.

Serpeggia in me, la mia malinconia, un contrappunto amaro di dolcezza sfiorita, dell’andare nel tempo inarrestabile e pure di quel grande deserto di passato che nessuno mai ha osato poter esplorare.

Nella mia dorata conchiglia della

presenza-assenza, risuona la voce del grande e cinico dispensatore, di un’immortalità di carta, nei miei racconti è vero, nessuno muore e se un personaggio è amato, per resuscitarlo e riportarlo nella sua vita, basta tornare in dietro di alcune pagine.

Sono un personaggio scomodo, che ha sempre vissuto con pari intensità vita e letteratura, medito sul vuoto esistenziale, misuro la velocità del pensiero.

Ma ho sempre in testa la scritta anonima lasciata sulla murata interna di un ferry-boat, avevo appena tredici anni e già camminavo portandomi dietro una matita e un foglio di carta per scrivere un verso, sul quel lungomare di fronte alla Stretto.

Ho raccontato mille storie di questa umanità in movimento nei deserti lasciati dalle guerre, nei dolori delle vite rapite, protagonisti che non sono mai finiti con la fine dei libri … Non muore nessuno è anche una formidabile trappola d’inganni, colgo la febbre dei dettagli fisici, le psicologie tormentate, le scacchiere della mente …. Scorrono veloci celando un sottosuolo di melanconici ricordi, dolori, ferite mai guarite. Le immagini più care, sempre uguali e insieme sempre altre a comporre la storia degli affetti, lo spazio virtuale della vita, tra le cose tangibili e grumose.

Figure attorte, tormentate, le cui vite spigolose, da cui spiccano occhi penetranti, ineludibili, che attraggono e sgomentano, occupano lo spazio vitale, mi parlano dell’anima nei suoi angoli cupi, inquieti, dolorosi.

Sono soprattutto corpi e volti sconosciuti che scavano, entrano sottopelle, non è che una parte dell’anima, il lato oscuro! E donne, poi, tante figure femminili di drammatica seduzione, di altissima fascinazione e provocazione, sia pure spezzate da mani capaci di dare dolore. Cos’è allora la vita, qual è il significato di questa umanità perduta?

Quel che resta è un vertiginoso senso di vuoto, di sgomento, la percezione di una via smarrita, dove cessano le esistenze e qualcos’altro nasce là dove la notte muore dentro il suo rammarico.

Delicato e protervo, cavaliere, ferito dal suo nulla, mi distanzio dalla realtà con le mie avventure negli spazi infiniti in un rigo tra parola e parola, si dissolve le madeleines di Proust nel sapore più crudo e dannato di un’orgogliosa cultura.

Fra gli insanabili affanni e le chimere, allegro e spensierato cantore dell’amore, testimone di come da una polverosa esistenza d’umana smarrimento, sale il più profondo amore per la vita: vexata quaestio! Quel lato oscuro che si specchia tra anima e vita.  

 

 

martedì 19 marzo 2024


 

 

Il Viaggio

 

Di Vincenzo Calafiore

20 Marzo 2024 Udine

“ …. La realtà è negli occhi di chi la guarda

e il viaggio è più importante del traguardo “

                   Vincenzo Calafiore

 

 

Il nostro “viaggio “ sembra a noi che abbia un tempo infinito, avviato in una menzogna che ci è stato insegnato di chiamare: vita; quando nella realtà quella che dovrebbe essere vita, è una vice-vita, una specie di girone, ove si compiono le stesse cose e cambiano i fondali di scena, i paesaggi. Vagabonde maschere coperte da troppe illusioni, che nel tempo si trasformano nelle lacerazioni psicologiche, nei quotidiani disagi e esitazioni, affanni, incerti approdi a isole felici inesistenti.

Viaggi nell’invisibile, scivolano accanto ai pochi attimi felici cadono negli spazi bianchi, tra riga e riga delle pagine di diari quotidiani, ove il reale  ha il torvo e allettante aspetto di una felicità elemosinata, più che donata, di più disamore che amore.

Il bisogno di amare ed essere amati è primario per l’individuo al pari del cibo, come nutrimento fondamentale dell’anima sottoposto, in quanto tale, a tutte le peculiari urgenze connesse a qualsiasi interna prescrizione.

Così l’amore può diventare merce di scambio, trasformando così la relazione in qualcosa d’altro rispetto al suo significato originario.

 

“ Lasciami, non trattenermi nella tua memoria “

L’amore a volte è beatitudine nel nulla! Quando viene dall’elemosina e non dalla donazione, cioè quando l’amore non è Anima.

La verità è che tutti coscienti o incoscienti, siamo segnati da questo vivere caotico, tragico e esaltante, che ci ha illusi e delusi in questo mondo fatto più di ex, di cose che non esistono più, pieno di avvenimenti rincalcati l’uno sull’altro, come una bottiglia di plastica accartocciata su se stessa.

 

E’ dunque così il tempo dell’amore, era aria e lei lo lasciava esalare da un bacio o da una carezza, da uno sguardo, da un ciao, ma comunque da un qualcosa che all’amore sempre riconduceva:

L’amore che sa essere “ Anima” che tutto segna e sa essere lieve come la coscienza!

 

Vivere è un “ notturno indiano”, il fascino e il senso di un – si – è il senso dell’amore nel crepuscolo, una nota di indefinita nostalgia che vive chiunque provando ad amare si accorge dello scorrere della vita e allo stesso tempo avverte che il suo amare si fa indefinito.

E’ un controtempo che invita o dovrebbe invitare a tornare ad amare per quel che è: una infinita carezza dell’anima! Che allontana dall’inverno del nostro scontento.

 

E c’è anche  quell’esistenza che ho definito “ l’oscena epifania della morte per se stessa. La nostra condanna a non saper essere liberi da questa frustrazione profonda chiamata erroneamente vita ove si dimentica che il primo investimento in questa esistenza è l’uomo, cercare di allontanarlo dal suo maledetto delirio di onnipotenza, che distrugge, uccide.

 

Tuttavia, come sempre accade quando si vuole forzare l’amore, si finisce per diventare macchiette di se stessi.

Poiché l’amore è fonte di gioia, benessere, serenità, felicità, non resta che amare e facendolo oltre noi stessi ameremo anche la vita!