lunedì 9 dicembre 2019


CALAFIORE

A poco a poco, te ne vai !
10 Dicembre 2019 Udine

Sei bellissima Vita, te l’ho mai detto?
Ma si, che te l’ho detto, anche nella maniera più strana, come quando ti guardo a lungo e non ho più memoria, alla fine, sai… le parole a che servono?
L’amore toglie il respiro, le parole.
Vita, lo so di non essere perfetto, ma ai tuoi occhi lo vorrei essere, senza vergogna, essere così come sono; a volte ho paura di non essere capace di viverti, di non riuscire a cogliere i tuoi dettagli , ai tuoi occhi come un bambino con la paura di perderti.
Dettagli che ricordo come quando tra le tue braccia mi fai morire.
Tu non lasciarmi andare via,
Tu resta, resta con me anche quando fuggo, raggiungimi, stringimi a te quando ho freddo, quando ho paura, quando non lo merito, resta!
Conoscimi, impara a conoscermi come io conosco te!
Vita, amami! Come io ho amato te, e ancora adesso più che mai in questo tempo in cui non mi trovo, non mi trovi; io ti amo sin dal mio primo respiro, mi sono innamorato di te e di quanto ho visto nei tuoi occhi.
Vita, sei bellissima! Bellissima quando arrivi in un sorriso, in una cortesia, bellissima quando te ne vai, mentre io non vado da nessuna parte.
Sei l’unica scelta che io abbia voluto fare … io ti amo!
Ti amo col tempo che mi rubi,
per le gioie mancate,
per la felicità negata,
per l’amore che ti ho donato mille volte nel frattempo di un’assenza!
A poco a poco te ne vai!
Ho imparato presto a camminare da solo, ho imparato a stare con te e ora lasciami il tempo di ritrovarti, di desiderarti ancora, di vivere, di esplorarti, conoscerti dentro con tutti i tuoi demoni, con tutte le miseri, ma anche la bellezza, le bellezze che mi dai quando ti respiro, ti modello con le mie mani, ti do lo stesso tempo mio, non correre, fermati e ascoltami.
Rimani con me, resta con me, non per solitudine, non per avere qualcuno da accompagnare alla sua fine, perché noi finiremo assieme come una candela.
Prendi le mie mani, prendiamoci per mano e andiamo, andiamo via da questo tempo, dalle certezze, dalle concretezze; lascia che mi presenti a te con le mani vuote di armi, con la mia esistenza, perché io e te esistiamo, esisteremo ovunque.
Io ti ho amato anche nei tempi quando ero invisibile ai tuoi occhi,
quando ti ho attesa,
quando ho dimenticato di dirti che sei bella!
Amarti è inevitabile, una cosa che non posso smettere di fare fino alla mia ultima boa.
E ti amo anche quando vai via e mi si gela il cuore.
Perché mi lasci morire invece di farmi vivere.
Ci vuole coraggio per restare in questo assurdo, il coraggio di colui che capisce che sta perdendo tutto.
Amo le mie notti passate a guardare il tuo letto trapuntato di stelle, a sentire la magia, la follia, la fantasia che in suscita quel desiderio di rimanerti accanto.
Non ho più bisogno di capire, l’amore per te non si capisce, perché l’amore nonostante tutto è qualcosa, qualsiasi cosa che si anima e prende il volo, come lo sguardo, come un bacio,una carezza, un cenno, un sì.
L’amore c’è anche quando non c’è!
Ho capito di amarti quando stavo già amandoti ed era il mio primo respiro.





mercoledì 4 dicembre 2019


Notte dolce e cruenta
Vincenzo Calafiore
5 Dicembre 2019 Udine


Succede di notte, in mare aperto, a Sud di Orione.
La barca ha un brivido forte, lungo tutta la carena, giunge forte uno strattone alla barra, si mette di lato e i remi si piegano, si svuotano di mare.
Non è solo un cambio di rotta è molto di più.
Il sogno perde la sua vita!
Il cielo improvvisamente si svuota di stelle, il mare diventa – bastardo – la “ Pegasus” sbanda come un’ubriaca, dieci gradi a Est, dieci fusi orari che allontanano da un mondo tanto amato e sognato, che all’improvviso piombano addosso come un’onda alta e distruttiva.
Notte liscia e silenziosa incinta di sogni, lasci sospesi filamenti di veleno che lentamente uccidono.
Come fai a rimanermi lontana?
Come fai a rimanere in mezzo a schermaglie e menzogne in quel mondo senza più senso; meglio andar via invece, come succede alle persone con una storia d’amore finita da tempo.
Ma come è vero, i legami non finiscono mai…. come il tuo, che neghi e rifiuti e l’hai come prima, come sempre tra stelle prezzolate e beffarde.
Eri distesa sul letto nella tua stanza … i raggi del sole entravano intensi, in quel lato della casa, mi hai guardato con i tuoi occhi sfuggenti.
E’ una leggera tristezza, quella che ho addosso ed è quella che rimane quando muore un sogno, o dopo un sogno così.
La tristezza di una realtà tenuta lontana, temuta per i suoi veleni leggeri e dolciastri che in un lento giro di giostra uccidono; temuta per i suoi mostri che essa ha in se nelle mie notti lisce e silenziose, vuote di parole.
Sai cosa è la morte? Non conosci la morte di chi rimane in attesa che si realizzi il suo sogno..
Guardo la notte, stravolto dalla furia, stringo i pugni e mi ci scaglio contro, colpendola più volte.
La colpisco forte, non riesco a fermarmi, sono fuori di me … i tratti del mio viso si contraggono prima per la sorpresa, poi per il dolore. Mi prende per le braccia con le sue mani esperte e mi stringe a sé. Il sogno va avanti, facendomi perdere il senso stesso della vita.
Mi par di sentire una mano che mi accarezza la testa, i capelli … Da tanto non sentivo la mano di una donna sulla testa, amore e dolcezza in questa mano, in questo petto sul quale ora rimango, conosco bene questo incavo tra spalla e petto, il sogno si è materializzato, finalmente sono nell’unico posto al mondo dove stare e rimanere, mi stringo a questo corpo, mi ci appoggio e sono sereno.
Tra le sue braccia ho sempre trovato l’amore, tra queste braccia!
Ma la notte è un inganno.
Mi sento umiliato e piango da sciogliermi, ma ogni silenzio che vivo è brutto, ogni silenzio è rotto da un altro sogno che arriva, e non è quello che da tempo attendo; è un pensiero che mi lascia al buio.
Forse la mia senilità è una follia in cui deliro pensando, vaneggio, alla deriva, la mia vita per un no a parlare alla mia memoria, mi arrendo sconfitto.
Sparisce nuovamente il mio sogno e torno in fondo allo specchio da cui la magia di un amore mi fece uscire.
Prendo una parola, che un tempo pronunciavo, quando ero ancora tra le sue braccia, la prendo e lei non sfugge, ritorna, non mi si stacca di dosso, quel mio – ti amo -, mi vuole strangolare,
il suo nome è: Assenza!
Io vivo nella mia stessa assenza, assenza che è solo mia, semplicemente soffro.
Mi ronzano in testa le ultime speranze. Precarie, frammentarie, coagulate. Vorrei afferrarmi a loro, sono le ultime, lo so. Non posso neppure plasmarle, non sono più di questo mondo!
Avevo sempre creduto che saremmo stati assieme e insieme avremmo forse cominciato ad avere paura.
Oggi mi chiedo solo quanto abbiamo perso, non vinto, anche se non ho ancora capito bene in che cosa consista la nostra lontananza, il nostro distacco, le speranze vane.
Me lo chiedo e le risposte sono appannate, come i giorni miei nelle squallide solitudini.


Sai… a volte la vita….


Di Vincenzo Calafiore
3 Dicembre 2019 Udine

“ … se dovessi chiedermi se sono felice
mi risponderei: più o meno, forse,
non lo sono, non comprendo il senso della
tua domanda.. Risposte vaghe come lo
è la mia vita che ogni giorno si rappresenta
in uno scenario dallo stesso fondale: più o meno! “
         Vincenzo Calafiore

I tuoi occhi erano così profondi, così belli, non puoi immaginare quanta bellezza c’era dentro i tuoi occhi.
Quella sera ti eri vestita e truccata così bella, come una Juliette Greco degli anni novanta … ma te li ricordi gli anni novanta? Apparivi così austera, alta, gli occhi evidenziati da un filo di matita, i tuoi capelli raccolti dietro la nuca da un filo d’argento, così attorno al collo esile, collo da cigno.
Entrasti in scena per riprenderti la vita che da tempo t’era sfuggita di mano, all’alba nella tua innocenza, bella, perduta, pensai guardandoti che ti saresti spezzata tanto eri gracile.
Rimanesti ferma in mezzo alla stanza, sola come non lo eri mai stata nella tua vita, non sapevi in quale cuore andare, adagiarti , e lasciarti prendere dalle emozioni.
Ma l’emozione ti assaliva sempre più, e il tuo viso si illuminò.
Le tue radici non erano più in te, né nelle tue vene, né nelle tue arterie, eri emozionata!
Arrivasti a me affamata e mutilata…. Io ti rivedo mentre ti passi la punta della lingua sulle labbra, fissando incantata le mie.
Qui non c’è più posto per i sogni, c’è la certezza dell’assenza dei sogni, in questa falsa pienezza, ma in questa tua terra ci sono io, ricordi?
Vieni via con me?
Allungasti le mani, le presi tra le mie una alla volta, non c’era solo la tua solitudine…
Se tu ti fossi vista, amore mio, almeno per una volta avresti creduto all’amore, all’emozione.
Tutta in nero nella tua bellezza, eri apparsa dagli abissi stessi della tua esistenza come una visione che scatenò in me quel desiderio di fare l’amore, l’unico appiglio alla mia speranza che sempre più si assottiglia.
Quella notte di fuoco! La tua intensità mi fece morire, il tuo desiderio mi fece uomo, quanto liquido fluì dal tuo corpo quella notte, come rugiada lo imperlinò.  
Diluita e sciolta tra le mie braccia, lentamente quella delizia si impadronì delle mie labbra, rimase lì, scese in gola mi invase avidamente, è così che ti amo!
Una voglia pazza di viverla la vita, di viverti, per un sempre in fondo all’anima.
Una voglia irrefrenabile delle tue labbra…
Chissà perché viene voglia di amare, di amarti? Sarà perché conosciamo le percezioni, tutte le percezioni dell’uno, dell’altra e vale la pena di provare a vivere ogni volta sempre più tra le braccia perduti in un lungo bacio.
Ma la verità è che è  tutto un sogno, che mai più forse si realizzerà; come so che mai è tutto nero o tutto bianco.
Se tu solo avessi provato ad amarmi ancora, eri così indifesa quella notte, avrei potuto fare di te quello che volevo, ma è un grande amore, non una mattanza di sesso.
Quella notte ci siamo promessi l’amore per sempre, non riuscivamo a staccarci … come la luna dal mare!
Seduto davanti alla grande finestra, io fisso il mare che non c’è, rimuginando le cose che un sogno ha lasciato.
Penso alle mie stagioni che non ci sono più, all’amore che non c’è più, perduto nelle noti che si librano nell’aria, riempiono d’atmosfera la mia solitudine. E’ Giuseppe Verdi.
Mi prendo la testa tra le mani, mentre il desiderio di lei mi strazia il cuore.
Guardo l’immagine riflessa , stravolto dal desiderio allungo le braccia… c’è solo il vuoto!


Di tante mani

Di Vincenzo Calafiore
26 Novembre2019 Udine

 “ Nel silenzio brulicante di curiosa attesa, due giorni da dimenticare. Come soldato  eseguo gli ordini in un immaginario, rigido e freddo, io e la mia dignità di uomo!, entrambe salgono sul loro piedistallo e attendono immobili che accada ciò che da tempo ormai era nell’aria. 
Ma come fai tu Vita a nascondere l’amore in ogni tuo abbraccio? “
                                   Vincenzo Calafiore

La domanda è: è più facile rimanere o lasciare tutto e ritirarsi in esilio?
Scrivere è rappresentare o manifestare ciò che risiede nel cuore, nell’anima, non è uno specchio, il rispecchiamento delle convinzioni, delle consuetudinarie parole come ti amo, ma è un pugnale di ghiaccio che scuoia l’anima, scandisce i suoi ritmi, dilania il cuore assiso al centro di una barbarie comune che distrugge i sentimenti.
Leggere è ormai un qualcosa di estraneo, un atto leggero. E l’autore? Che fine fa l’autore?
Lui scrive ed è un incendiare il tempo e lo spazio ma è anche un rischio… ma cosa vedono i lettori quando entrano o entreranno nella inquietante e assurda intimità con l’autore, fin al punto di avvertire il suo respirare, la mano che calcare il foglio…. Cominciano a sentire gli occhi riempirsi di spazio.
Ogni giorno sono testimone della “ipocrita” rappresentazione di un se stessi ed è nauseante; è un vivere senza coraggio, da vigliacchi, sopportare la visione di come e con quanta facilità si dimentica o si scarta ( perché non si va più bene ). Ogni giorno assisto all’esodo dei pensieri, l’inabissarsi in un mare di solitudine la coscienza.
Di questo avrei dovuto parlare? Ma è di questo che io sono in grado di parlare: dell’andarsene in esilio che piuttosto rimanere muto spettatore di una fine annunciata.
E’ di una “coscienza prostituta, di tante mani “ che si tratta.
E’ dei tanti “ Olocausti invisibili “ che si tratta e del tacitar di una morale indegna.
E’ della scrittura, la mia scrittura che è un dovere e una colpa allo stesso tempo. L’esprimere le orribili e contraddittorie manifestazioni dell’anima non è possibile accettare e rimanere inermi dinanzi a un mondo in decomposizione, esprimere il caos in cui ci si batte senza nulla fare, facendo finta che tutto va bene, che altrimenti rimarrebbero inspiegabili in silenzio e che invece occorrerebbe parlarne.
Amore e Vita sono strettamente connesse. E’ un concetto, ineccepibile, ha a che vedere con il contraddittorio.
Oggi c’è il “ teatrino dell’amore “ ! E’ così? Cosa resta dell’Amore e della Vita?
Credo che chi scrive oltre alle responsabilità non abbia una vita facile se si scrive di verità, ma la maggior parte punta sull’intrattenimento, vivono e si nutrono di pubblicità, notorietà, successo…. Ma dell’oscurità di una poesia, di un sentimento che muovono distanze e estraneità; la poesia che accomuna, che fa bene al cuore e all’anima dov’è?
Quindi l’atto della scrittura e di pensiero, cioè l’uomo che abita nelle parole, silenzio-espatrio-spaesamento- estraneità…. Sembra che scrivendo in realtà si faccia scempio di se stesso per dare un segnale, per lasciare traccia di se, del suo passaggio, del suo essere. A me pare che lo scrittore  attraversi territori in cui abitano silenzio, perturbamento, espatrio, estraneità. Mi pare anche che lo scrittore si facciano testimoni e narratori di questo viaggio. E per essere testimoni e narratori è necessario resistere al disgregamento.
parla di migranti, di muri, di morti. Eppure, l’atto letterario, pur pregno di verità esistenziale  non Lei, la vita, passa da una dimensione, per così dire, etica ed estetica a una dimensione politica quando  sembra incidere sulla Storia dell’umanità. Siamo ceduti, dunque, al fallimento? Con un rimpianto senza fine. Esiliato dall'anima tua, esiliato da tutte le dolci cose che conoscevo in te, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. Tu, che m'eri il fiore di questo tronco guasto. È questo il prezzo che io devo pagare per questa mia natura dannata. Per questa indole autodistruttiva. Per questa mia smania di punirmi. Per questa mia malattia. È questo il prezzo. Questa immensa sofferenza. È questo il prezzo. Questo vuoto che mi divora, che mi riduce in brandelli. È questo il prezzo?  Ecco perché è meglio ritirarsi in esilio!







Mai più
( da Blu Oltremare )
Di Vincenzo Calafiore
25 Novembre 2019 Udine

“ E c'è un vuoto che mi assale
che non so colmare.
È che c'è tanto amore da dare,
ma di un solo amore voglio parlare…..
( Blu Oltremare) Vincenzo Calafiore

Ormai è così, succede ogni notte a un certo punto arriva lo stesso “ pensiero” che come un colpo forte di vento spazza via il sonno; così mi ritrovo alla mia scrivania a scrivere, a raccontare cose che ormai hanno senso solo come fine a se stesso: la narrazione!
Ma quello, cioè quel “ mare di dentro in burrasca “ non importa a nessuno, o meglio non servono a niente poiché è venuto meno il significato, il senso.
Più rimango affacciato a questo “ mare di dentro “ e più comprendo il linguaggio, e la maniera di fare della solitudine; che sa più di abbandono, di lascito.
Mi tornano in mente certe parole, certi giorni, i momenti che ahimè fanno parte di un vissuto indimenticabile; immancabilmente nasce una sorta di confronto con l’odierno e mi accorgo o meglio mi rendo conto della mia stupidità, perché solo uno stupido può ancora credere che l’esistenza la si potesse o si può renderla vera, autentica, plasmandola di verità e di certezze, ma anche di sogni, di amore e invece non è affatto così, la realtà è ben diversa.
Forse o sicuramente scrutando e leggendo il silenzio, si capisce o si percepisce, che in realtà cose come la dolcezza, l’amore, non servono, quel che servono invece sono a essere: quel continuo recitare e la finzione scenica e rappresentativa di un qualcosa lontanamente simile all’amore.
L’Amore, o l’Amare sono un’altra cosa è, l’essere legati da un qualcosa di meravigliosamente sottile, invisibile, un qualcosa che nessun silenzio mai riuscirà a rompere; è un rimanere dentro, mai per convenienza, ma solamente perché è o era solo che amare.
Io sarò per sempre, un sempre!
Finché alla fine in quel mio e solo mio – sogno – io bacerò il tuo cuore, perché ti voglio e morderò la tua pelle e con il cuore sulle mie labbra sarai mia, per sempre, guardami sono io! Chi mai potrà cancellare – l’istante di un sì - l’istante che accade, la mia anima senza più età, le tue mani che vorrei, i tuoi occhi che non ci saranno più, guardami sono io!
Sono qui oggi come ieri, come domani, in compagnia di quanto è andato perduto, perché il cuore riporta indietro, l’amore riporta indietro, l’amare riporta indietro … eppure c’era un tempo, c’è stato un tempo quando non conoscevo il dolore, quando credevo che un per sempre sarebbe rimasto per sempre, che tutto sarebbe rimasto lo stesso.
Ma ora il mio cuore si sente perduto in una solitudine indescrivibile, perché ormai sono già ieri.
E’ come se non ci fossi più, come chi se n’è andato, a chi sta andando via lentamente per non tornare più.
Vorrei non farmi più domande, di cui conosco le risposte, inseparabili e distanti.
Vorrei che non ci fossero più quei pensieri … cosa starà facendo, dove sarà, con chi sarà, perché tace, perché non scrive, perché non c’è?
Eppure c’era un sogno! Un sogno da realizzare.
Non hai saputo e mai saprai che c’era un sogno, un sogno da difendere, da custodire, e invece siamo sconosciuti anche a noi stessi.
Magari un giorno, chissà, ci incontreremo, e con lo stesso imbarazzo forse ci saluteremo; mi dirai di te e io ti ascolterò come sempre.
Ti racconterò della mia vita, e che il viaggio che avevamo in programma di fare assieme, sono riuscito a farlo. Mi dirai che non sono cambiato in niente; ho sempre quella faccia buffa, sempre i miei vizi che  hai cercato di togliermi e che nonostante gli anni continuo a trovarmi incasinato con quei miei stessi pensieri, che tu poi hai capito che erano bellissimi. Capiremo, guardandoci negli occhi, che è tutto passato, e che senza nessun rimorso continueremo la nostra vita.
Nello stesso distacco, nello stesso silenzio.