lunedì 23 settembre 2019


Conosci te stesso ?

Di Vincenzo Calafiore
24 Settembre 2019 Udine

“ Qual’ è il senso della vita?
E’ un interrogativo fondamentale che ognuno
di noi, uomo o donna, prima o poi si porrà.
E’ una domanda che è espressione di un
bisogno innato dell’essere
umano di trovare una senso, un significato alla
propria esistenza.
L’umano non vuole solo vivere, ma vuole
anche conoscere perché vivere! “



                              ( Amore e psyché )

Fin dall’antichità, l’uomo ha cercato di comprendere il significato e il senso della vita. E’ un tema ricorrente in filosofia, letteratura, nella poesia… La filosofia greca sostiene che il
 “ senso” della vita consiste nel prendersi cura dell’anima.
<  la filosofia ha la sua ragion d’essere, e bisogna anzi riconoscere che chi non è passato per la sua strada rimane incompleto per sempre.. jea Piaget, - Saggezza e illusioni della filosofia. >
C’è chi pensa che la vita non abbia uno scopo ben preciso, questo significherebbe che tutta la nostra esistenza sia guidata da stimoli privi di senso.
Se solo ci fermassimo un attimo a riflettere ( cosa assai difficile) che l’unico argomento che nella vita è una costante che ritorna sono, l’affetto e l’amore.
L’amore inteso non solo come il più comune sentimento per il patner, ma come fuoco interiore che salva le nostre anime dal gelo delle disperazioni. E’ l’amore per la vita stessa! E’ quell’amore che celebra la vita, che ci spinge a pensare che per alcune cose nella vita, come l’orgoglio, l’onore, la dignità, la libertà, varrebbe la pena di morire, e allo stesso tempo per molte altre varrebbe la pena di vivere.
Ci sono uomini che antepongono sopra ogni cosa il denaro e tutto ciò che attorno a questo rotea e uomini che invece antepongono l’amore.. Senza pensare che un giorno tutto si fermerà, per questo motivo sarebbe auspicabile non permettere di perdere un solo istante prezioso. Sarà necessario seguire i nostri sogni, credere in essi con amore ed entusiasmo, mettendoci pure il coraggio di viverli fino in fondo e non importa se questi sogni si realizzeranno o meno, l’importante sarà il coraggio di farlo come recita Antonello Venditti:
che fantastica storia è la vita!
Come è scritto nei “ Veda “ finchè l’essere non si interroga sui valori spirituali dell’esistenza dovrà conoscere la sconfitta e i mali che nascono  dall’ignoranza; sono domande o questioni a cui soltanto la filosofia, la neuroscienza, l’antropologia e l’etica potranno rispondere. Discipline che hanno lo scopo di approfondire l’essenziale dell’essere umano nel rapporto con il mondo e le altre persone, che contengono verità irrinunciabili, ovvero i fondamentali della nostra esistenza, sulla nostra capacità di distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto.
Per comprendere le grandi questioni che scandiscono la vita umana, i punto di partenza o di riferimento è il pensiero antico, a partire da Socrate, Platone.
La loro presenza oggi è più che mai viva, più che mai necessaria in quanto offrono un quadro generale essenziale, si avverte la modernità di pensiero di questi filosofi.
Il – senso dell’esistenza – per Socrate è riconoscere che l’essenza della natura umana sta nella sua psyché, ossia nella sua anima, nel suo cervello, e quindi in ciò che permette all’uomo di essere buono o cattivo, generoso o avaro.
Per ciò egli deve occuparsi più della sua anima in modo che essa sia migliore il più possibile.
I comportamenti etici non nascono dai beni materiali ( denaro-ricchezza) ma dalla virtù, sottoponendo ad analisi interiore se stesso e gli altri in una ricerca continua.
Una vita senza ricerca per Socrate, “ non è degna per l’uomo di essere vissuta”. Platone, il padre della filosofia occidentale e l’inventore dell’anima, una sostanza spirituale indipendente dal corpo è immortale ( dualismo ontologico ). Si torna al filosofo greco quando si discute del senso della vita, del vero, del bello e del bene, costringendoci a riflettere sulle cose esistenti, sull’amore, l’anima, la felicità, la virtù!
E’ una riflessione sul senso della vita che va o andrebbe maggiormente approfondito e una pagina non basta certo, ci ritorneremo!
                                                                          < Nati non foste a viver come bruti ! >


I sogni non muoiono mai

Di Vincenzo Calafiore
23 Settembre2019 Udine

Siamo fatti della stessa materia
 di cui sono fatti i sogni'. “
Così torno a sedermi alla scrivania, in questa domenica indecisa tra se farsi amare o maledire, per leggere uno dei miei libri preferiti, è come fare due chiacchiere con gente con cui mi piace stare, gente che mi accoglie e capisce il significato del pensiero.
“ I sogni non muoiono mai “, noi si però, di una morte lenta, quasi dimenticata, come lo saremo dimenticati, nonostante le promesse: ti verrò a trovare, ti porterò un fiore… non è così, non sarà mai così, soli siamo stati e soli lì saremo con tutti i nostri sogni che non siamo riusciti a realizzare, con tutte le delusioni, lì in quella cassa, sotto tre metri di terra.
E’ un tornare in dietro nel tempo, quando mi fermavo con Gabriella a parlare di libri, parlavamo di libri, parlavamo tanto.
Finché io le dissi, ho scritto una poesia, te la farò leggere, si intitola “ i sogni non muoiono mai”.
Verso del vino in un bicchiere vecchio di cento anni e comprendo che mai più mi sarà dato sapere quando avrò superato il punto di non ritorno.
Io avevo scelto di vivere!
C’era un uomo, un grande, uno che aveva visto più volte il mare, lo conosceva bene, sapeva tutto di lui anche se gli faceva sempre più paura, un po’ come la vita che pur amandola ne aveva terrore dei suoi inganni, dei trabocchetti.
Lui sempre mi diceva: siamo sogni, fatti della stessa materia… I sogni non muoiono mai, se no dimmi che senso avrebbe vivere? Che ci stiamo a fare su questa terra.
Mando giù un altro sorso, ho voglia di sconfiggere il cinismo da quattro denari che è dietro ogni angolo.
Penso a una poesia da dedicare al cinismo che esala questa vita microbica!
Siamo fatti di carne e di ossa, di organi che pulsano sotto la pelle, che si sviluppano, crescono, muoiono, è una poesia dolce e serena, la morte … senza metafore, senza ipocrisia, è nuda e cruda vera.
Io vorrei vivere, quel tanto per sapere se ho ancora tempo, non per cullarmi in un sogno, ma per dimenticarlo nella mia immortalità, la peggiore minaccia di quei sogni non sogni, segni.
Vorrei vivere per barattare metafore, disegnare il mio cielo con i pastelli che più mi aggradano, per desiderare e realizzare un sogno sapendo che avrà una sua fine e che si trasformerà in un altro o in una chimera, per lasciare spazio alla prossima vita.
I sogni muoiono ed è proprio questa la meraviglia: la morte di un sogno!
I sogni muoiono  e io lo so bene, per fare in modo che io viva nella fantasia che ho. E’ qui che devo stare, stare qui e mangiare la poesia delle cose che accadano attorno, che succedono quando succedono, devo stare qui a farle succedere, affinchè vinca la fantasia.
Altrimenti morirò assieme a lei.
Bevo un altro sorso di quel non ritorno!
E ci sono attimi come questi in cui mi assale un pensiero, così rapidamente che non ho il tempo di difendermi… e mi ritrovo ad ascoltare un pezzo del Nabucco guardando l’immagine di un faro solo in mezzo al mare che si accende per dire: la vita è qui!
E con un sorriso dal retrogusto amaro, penso a quando quell’immagine non era soltanto una china su un foglio del mio Blog!
E poi succede che la mia testa si libera dalle catene e proprio non ne vuol sapere della vita che si fa così e la vita che si fa cosà..
Forse aveva ragione lui, stavamo dicendo le stesse cose, mi disse che la vita giusta è di formidabili passioni.. peccato che se ne sia andato, come devo andare via io, non prima di averti letto la mia poesia: la dimenticanza! E da qui in poi ci metto mille anni prima di andare nel mio letto di terra.
Prima di addormentarmi vorrei risentire la favola degli origami, che un dì dal Giappone salirono a bordo di un vascello di carta per scoprire la vita!
E ancora oggi nessuno sa dove siano andati a finire, ma ci sono  e crescono, esistono liberamente, al riparo di un sistema che li vorrebbe morti.
E nemmeno più gli uomini li vogliono.
Ma loro sono lì, in mezzo al cuore perché unici e irripetibili, proprio come lo è la stessa razza dei sogni.
I sogni.. se ne sono andati, ognuno si è ripreso il proprio corpo, lasciando traccia di se su un letto di un poeta irriverente, serbo, circense per scordare il proprio nome, dell’esistenza dell’amore… e mi addormento prima che inizi la vita.



Eppur si muore

Di Vincenzo Calafiore
23 Settembre 2019 Udine

De rustica progenie, semper villana fuit. “
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Era così affascinante l’idea, immaginare per un solo attimo, che esistesse la possibilità tenendoti per mano farti risalire le lucide scalinate che portano alla felicità assoluta della conoscenza; era come dire di aver raggiunto la città in cui gli uomini sanno già volare, mentre noi qui in questo  - approssimato umano – siamo ancora impantanati nel fanghiglia della bestialità, dell’ignoranza, dell’avarizia, della stupidità e chi più ne ha più ne metta.
  De rustica progenie, semper villana fuit. Colui che discese da stirpe rustica, rimase sempre un rozzo
Purtroppo è un medioevo oscuro, questo, un luogo ove nella sua stessa linfa vitale della parvenza tutto sembra essere perfettamente sincronizzato e allo stesso smagnetizzato, decorticato delle più importante: la conoscenza, la cultura, cose che assumono in se i diversi aspetti dell’umano, oggi quasi rarità in questo disumano e preda dell’ignoranza, della rozzità preminente, perché quel che più vale è l’infarinatura, il sommario …!
Bisogna avere più paura del fuoco o dell’ignorante?
La risposta in se è ovvia, il fuoco lo si può controllare e spegnere, l’ignorante ahimè non lo si può né considerare, né controllare, rozzo com’è risulterebbe difficile anche l’avvicinarsi.
Eppur di muore di cotanta ignoranza, oggi quasi proiettati nell’anno duemila e venti, questo cancro ancora è vivo, esiste, prolifica, ahimè ancora respira e ansima, nella sua stessa brutale esistenza.
“ Nati non foste a viver come bruti “ ebbe a dire il sommo !
Con tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo oggi a disposizione è molto facile informarsi e colmare l’ignoranza che abbiamo su un determinato argomento. Tuttavia, per pigrizia, o per sommi capi a volte tendiamo a percorrere la via più facile, evitando di sforzarci quanto basterebbe per imparare qualcosa. La nostra civiltà è arrivata a un livello di conoscenza che va al di là di quanto possa immagazzinare un solo cervello, neanche i più grandi geni si avvicinano minimamente dal sapere tutto. Dobbiamo vedere l’ignoranza, quindi, come una vergogna, come un’opportunità mancata per imparare sempre qualcosa di nuovo.
Per Socrate quando tra i viali dell’Acropoli o nell’Agorà parlava e pensava, la prima condizione della ricerca e del dialogo filosofico è la coscienza della propria ignoranza: sapiente è soltanto chi sa di non sapere. Tale tesi socratica da un lato funge da richiamo ai limiti della ricerca, per gli individui che credono di possedere salde certezze sulla vita, dall’altro funziona come un invito a indagare, incoraggiando la possibilità di una ricerca sull’uomo.
Per rendere consapevoli gli individui della loro ignoranza, Socrate si avvale dell’ironia (eironéia = dissimulazione). L’ironia socratica è il gioco di parole attraverso cui il filosofo giunge a mostrare il sostanziale non-sapere in cui si trovano. Facendo finta di non sapere, Socrate chiede al suo interlocutore di renderlo edotto circa il settore cui è competente. Utilizzando l’arma del dubbio e confutando, Socrate mostra alla persona l’inconsistenza delle sue persuasioni, tra quelle quattro colonne.
Ciò non significa però che Socrate, dopo aver vuotato la mente del discepolo, si proponga di riempirla con una sua verità. Socrate non vuole comunicare dall’esterno una propria dottrina, ma stimolare l’ascoltatore a ricercarne dall’interno una propria. Da ciò la celebre maieutica o arte di far partorire: come la madre di Socrate, levatrice, aiutava le donne a partorire i bambini, così Socrate, ostetrico di anime, aiuta gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle cose che ancora oggi ci circondano: le rovine della conoscenza e la vittoria del  burino.
Mentre per virtù i Greci intendevano il modo migliore di comportarsi nella vita, Socrate concepisce la virtù come scienza e ricerca. Egli sostiene inoltre che la virtù non è un dono gratuito ma una faticosa conquista, in quanto l’essere-uomini è il frutto di un’arte difficile.
Per essere uomini è indispensabile riflettere criticamente sull’esistenza. Secondo Socrate non esistono il Bene e la Giustizia come entità metafisiche e metri cui commisurare le azioni: non si tratta del Bene, ma di un bene concreto, che diviene di volta in volta ma che domani può essere non bene. Da questa concezione, Socrate ricava che la virtù è unica in quanto ciò che gli uomini chiamano virtù sono modi di essere al plurale dell’unica virtù al singolare, la scienza del bene.
La virtù socratica non è una negazione ascetica all’esistenza, ma un suo potenziamento tramite la ragione, un calcolo intelligente finalizzato a rendere migliore e più felice la nostra vita. Di conseguenza Socrate non ha voluto uccidere la vita, come sostenuto da Nietzsche: di fronte al caos degli istinti ha semplicemente voluto proporre all’uomo l’ordine della ragione.
Non bisogna mai temere la morte, quanto più l’ignoranza e la mistificazione della verità.





 





Non la senti, ma c’è

Di Vincenzo Calafiore
20 Settembre 2019 Udine

“ Ti amo lo sai, lo senti in te
come fosse presenza anche dalla mia distanza
ove duole il cuore.
Ti amo non per quello che sei,
ma per quello che mi fai essere quando rimani
con me, in me… e tutto tace, tutto è silenzio
come sotto una coltre di soffice neve.. tutto è silenzio.”

C’è silenzio attorno come un giorno d’inverno, nevica silente memoria, e intanto va un’altra notte da scordare.
E’ in questo silenzio più di preghiera, di raccoglimento, che provo a pensare alla mia vita e un dolore sale sempre più fino a farmi male e quando se ne va lascia un freddo addosso che ricorda monti coperti di neve, sferzati di bufere.
Penso alla felicità e a quanto poco sta ad andarsene via assieme alla vita.
Penso alla felicità a come cercarla raggiungerla, cercarla sempre continuamente; perché la felicità è lì a portata di mano, ce l’avete, ce l’abbiamo, la felicità è qui, a guardare bene in fondo all’anima la felicità c’è!
C’è la felicità, basta saperla cercare e lei salterà fuori dal suo nascondiglio, magari sorprendendola con un sorriso, con una carezza agli occhi, un pizzicotto sulla guancia.
E allora ridi sempre alla vita, ridi e fatti credere incosciente, pazzo, stupido, ma mai triste!
Ridi anche quando il mondo dentro di te sta crollando a pezzi, fai come me ora che in me tutto sta crollando adesso che ti sto scrivendo!
Sorridi anche quando a vincere sono i barbari,
sorridi anche quando vince l’ignoranza,
perché non lo sai ci sono persone che vivono del tuo sorriso, lo aspettano, lo cercano e altre ancora che moriranno quando avranno capito di non essere riuscite a togliertelo.
Questa è la vita: come la battaglia delle Termopili, i pochi contro i mille barbari ignoranti che ogni giorno cercano di portarsi via un po’ di te!
Ma io che me ne faccio delle cose banali,
delle cose scontate.
Che me ne faccio di parole non mie, che me ne faccio di altri occhi se solo nei tuoi ci vedo la felicità?
Cosa potrei farmene della felicità se avessi te?
Ora dove sei?
Ti ricordi di quando ti dissi che bella sei? Lo ricordo e avrei voluto solo che baciarti!
Dove sei ora se non in questa maledetta distanza che permette solo di pensarti?
Dove sei ora? Ho solo che scatole piene di parole afone
C’era sempre il primo bacio, il modo in cui ti guardavo, il modo in cui ti tenevo i capelli, quel -dio mio-, e l'amore che ho sempre dato e mai ricevuto.
Sapevo che un bacio prima di ogni partenza,non era un addio, era un “ciao, aspettami, cercami ”, un aspettami.
Perché io l’amore l'aspetto ancora adesso, a costo di aspettare tutta la vita!


venerdì 13 settembre 2019




Demos

Di Vincenzo Calafiore
14 Settembre 2019 Udine


Dal discorso di Pericle agli Ateniesi 461 a.C. si evince quel grande significato di

. Chi era lo Stato

. Cosa era lo Stato

Svegliarsi ancora prima dell’alba e avere in testa il discorso di Pericle agli Ateniesi.
Riflessioni in una camera d’albergo fumando una sigaretta affacciato a una finestra spalancata alla notte.

Il giorno con questo pensiero prende uno spunto diverso, avverto il senso di: “ Democrazia, democratico “ e prende forma in me risvegliato quel sano desiderio di rivoluzione e di ribellione che in me si agita da sempre, mai rimasto assopito tra le pieghe di una quotidianità indegna ad ascoltare cialtroni e arruffati tutti, deputati e senatori onorevoli… di cosa e di chi?
Chi e che cosa questi rappresentano o vorrebbero rappresentare, se non se stessi?

Ad Atene nel 461 a.C. avevano chiari i principi di: Libertà e di Democrazia!

C’è una domanda però: a noi Italiani, cosa è successo?

Dilagano ovvero,
La Disuguaglianza e non parlo di quella formale, parlo di quella sostanziale.
La Corruzione sociopolitica.

E’ una maledetta involuzione quella che ci ha portato da quel 461 a.C. al 2019 che ha ingenerato nel cittadino, di ogni singolo cittadino la sfiducia nelle istituzioni, e , una mancanza di Appartenenza.

Nella mia vita non ho mai sentito alcuno vantarsi proclamando “ Noi in Italia facciamo così “.
La verità è che qiì in Italia non non facciamo così, non si fa niente!
Non riconosciamo una forza…. La forza dell’Unione, perché non siamo mai stati uniti e mai lo saremo.

Già riecheggiavano nell’ Agorà e dalle colonne Ateniesi: il territorio e l’Appartenenza !

Già echeggiava il Popolo e l’ Appartenenza.

Già echeggiava la Sovranità.

Dalla finestra guardo dall’alto una parte di Atene, l’Atene tradita e divorata, ma pur sempre come un tempo “ Orgogliosa “, Orgogliosa come lo è ancora adesso il suo popolo generoso e ospitale.
E il mio pensiero corre a Roma “ Caput Mundi “ espressione latina, riferita alla città di Roma, significa "capitale del mondo", e si ricollega alla grande estensione raggiunta dall'impero romano tale da fare - secondo il punto di vista degli storiografi imperiali - della città capitolina il crocevia di ogni attività politica, economica e .. che ha tradito e strafogato oltre che se stessa anche il suo popolo.. qualcosa non torna.

L’Agorà e le colonne che hanno permesso al “ Governo “ di favorire i molti e non i pochi, lì, si è costruito il “ Tempio della Democrazia.
Anche noi facciamo così ?

La Libertà.

La libertà di cui parla Pericle è una libertà continua e immutabile, tangibile nella sua stessa quotidianità ora, ancora oggi, come ieri. Ad Atene.
E allo stesso tempo appare come un’anticipazione dei diritti di libertà poi sanciti dalla Costituzione.
"noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
“ Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.”
Un cittadino Ateniese non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Nei miei timidi e riluttanti approcci alla vita pubblica, da sempre ho percepito un'assenza,  e cioè l’Appartenenza a uno Stato e l’Unione di un popolo, invece una massiccia ed elevata presenza di esposizioni mediatiche finalizzate a proprie singole "questioni private" di una Classe politica misera e meschina, divoratrice di risorse pubbliche.
La riflessione che questa notte che porterò con me è senza ulcun dubbio quella in riferimento al rispetto delle leggi non scritte ( Diritto Romano ) che risiedono nell'universale sentimento di ciò che giusto e di ciò che è di buon senso. Tale Sentimento dovrebbe risiedere in ognuno di noi ed indirizzarci verso la strada da perseguire. Accanto al discorso di Pericle agli Ateniesi che conservo con cura e venerazione in una cornice , un bel libro di Kant, grazie a un Professore di Filosofia che me lo fece acquistare e  che mi ha accompagnato durante tutto il mio viaggio della mia maturità senile: (  Kant, Critica della ragion pratica ).
Non è di certo a caso che Pericle e Kant camminino assieme tra le pagine della mia vita ... nel giardino della conoscenza... Scopriremo magari che quell'Universale Sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso è il medesimo cruccio di Kantiana memoria. Che l'insegnamento di Pericle, degli Ateniesi e di Kantiana memoria allora sia sempre con noi, ce da augurarselo. Sperando che ogni uomo abbia il coraggio di interessarsi allo Stato e di considerare la discussione come incontro e non come un ostacolo.
Che ognuno di noi persegua felicità libertà con la consapevolezza che la libertà sia solo il frutto del valore.
Le parole finali di Pericle allora siano per noi monito di speranza per costruire una società migliore, soprattutto libera dai catenacci e dalle catene oppressive di una Germania egoista e mai sazia e di una Francia sempre più serva e giullare di questa.
Ricordiamo quindi a noi stessi quel magnifico” Discorso di Pericle agli Ateniesi “