mercoledì 31 ottobre 2018


Gabriele Rosi
( Un omaggio a un piccolo uomo)
Di Vincenzo Calafiore
31 Ottobre 2018 Udine

"Sarà per me difficile chiederti scusa per il mondo che trovi, anche se io tento sempre qualcosa ogni giorno per cambiarlo ma cambiarlo mi sono reso conto  è molto difficile come lo sarà augurare a te che crescerai con la tua dolcezza di fare come me! : Cercare di cambiarlo questo mondo che troverai. Ma io so che andrai avanti a  modo tuo, con quella dolcezza che è in te, che sempre incontrandoti mi commuove. E tu camminerai e cadrai, ti alzerai  sempre più forte, sempre più umano. Con la tua dolcezza, con l’intelligenza, con la bontà,  lo vedrai  a modo tuo e il mondo ti guarderà dondolarti nella tua nobiltà d’animo, nella visione di un passo avanti, supererai gli ostacoli cambierai  il mondo a modo tuo, con tutto l’amore che riceverai e saprai donare."
                     Vincenzo Calafiore


Capita a volte di leggere
certi messaggi che i figli o i nipoti, in questo caso, lasciano per loro timidezza piegati e ripiegati in mano ai nonni o li mettono nelle tasche, nelle borse.
Lo leggi con tutta l’attenzione e ti senti spiazzato, e provi pure anche un po’ di vergogna perché crescendo hai ucciso quel bambino che in te albergava e che non ti ha mai tradito o peggio ancora deluso.
Quello che è successo in me leggendo questo messaggio è stata una forte emozione mista a una sorte di commozione del “ bambino” che ancora alberga in me. Mi ha colpito l’amore che trapela da questi pochi righi, essenziali e verginali, una purezza d’animo che fa pensare e costringe allo stesso tempo a una sorta di autoanalisi e quindi porsi delle domande adulte, da uomo adulto coi capelli sbiancati dalla vecchiaia e dai troppi scogli superati, domande a cui forse non saprei rispondere nonostante la mia età.
Una la più difficile: che mondo sto lasciando nelle mani di questo bambino?
Lui si chiama Gabriele Rosi e sin da piccolo ha avuto una padronanza di linguaggio, una capacità di formulare dei pensieri compiuti in ogni sua parte mettendo pure i verbi al posto giusto e ad ascoltarlo mi meravigliava, mi ha da sempre colpito la sua grande sensibilità e questa sensibilità forse sarà causa di qualche sofferenza.
Allora pensai che fossero parole ascoltate dai genitori e imparate a memoria senza capirne il significato, ma mi sbagliavo lui , Gabriele, sapeva e conosceva profondamente il loro significato, tanto che un giorno gli dissi: “ Gabriele tu farai molta strada…. ! “
Affinché lui sia quel che è oggi è stato il continuo apporto di amore e conoscenza che i suoi genitori Mamma Floriana e Papà Francesco hanno saputo fargli dono, trasmettergli; insegnargli i limiti da superare mai. Ma bisogna anche dare merito al fondamentale apporto e ruolo che ha avuto e ha ancora, la sua Nonna Cate come lui la chiama, la sua nonna preferita, la più amata.
Sin da piccolo Gabriele ha avuto un bellissimo rapporto con la Nonna, sin da piccolo di lei si preoccupa, e la coccola, la cerca, la vuole con se e questo è – Amore – Amore con la “ A “ maiuscola.
Nel frattempo è nata la sorellina Giulia  che lui sin da piccola a lei si è dedicato nei giochi, e per gioco le ha fatto imparare tante cose; ora sono due fratelli che si amano e si cercano
tanto che uno non può fare a meno dell’altra, c’è la complicità fra loro forte come quella di fratelli gemelli, la segue nella sua crescita.
Giulia è una bambina speciale, bellissima e bionda  occhietti da furba e capelli schizzati in aria in tantissimi riccioli dorati…. Ha le idee ben chiare: dominare suo fratello e già lo fa!
Questo è Gabriele, questa è Giulia!
Ma il messaggio a leggerlo bene mette in evidenza di come questo bambino di 10 anni e in quinta elementare abbia elaborato questi suoi pensieri che lamentano ed evidenziano oltre che un forte attaccamento verso la nonna anche le “ sue “ preoccupazioni inerenti al lavoro svolto dalla nonna che lui vede e sente stanca del duro lavoro presso un noto Centro Commerciale, avverte una certa ingiustizia ( in realtà di questo si tratta) e lo scrive pure.
Lamenta e afferma che la sua nonna dovrebbe lavorare 8 ore e non 12 come spesso accade e che la domenica dovrebbe essere per tutti e invece non lo è!
Bravo, Gabriele! Sono Orgoglioso sia di te che della tua sorellina Giulia!


venerdì 26 ottobre 2018



Saudage

Di Vincenzo Calafiore
27 Ottobre 2018 Trieste

“ Non c’è nulla al mondo che abbia
lo stesso potere della parola.
Certe volte le scrivo, e una mi colpisce
e rimango lì a guardarla fino in fondo
per ore e ore è una parola d’amore!
Improvvisamente comincia a brillare… “

                              Vincenzo Calafiore

Sono tua! Sono felice .... lo dici sempre !
E poi è vero, come vera è la vita, ma tu hai qualcosa di mio, la mia sciarpa azzurra che ti aiuta ad andare nei tuoi sogni, scrivimi e raccontami di te, affinché si possa assopire la mia Saudage di te!
Scrivimi una lunga lettera, come fosse l’inizio di un romanzo, scrivimi una lunga lettera d’amore, preludio a un incontro, o come se fosse una dichiarazione d’amore alla vecchia maniera.
Vorrei dirti ti amo! E te lo dico con la mia memoria, tu mi conosci, come conosco te, e vorrei essere lì al mattino quando apri gli occhi e mi vedi e mi sorridi… ah! Mi dichiaro a te scrivendo questo foglio, una lettera e ti dichiaro ancora una volta: ti amo.
Mi piaci moltissimo, tutto mi piace di te, forse sono irragionevole, forse quel poco di felicità che basta a tenermi sveglio di notte per iniziare a sognarti.
Andiamo in contro alla vita e lo facciamo assieme, leggiamo le nostre menti, sei il mio desiderio, la mia Saudage!
Ti guardo di nascosto, quando non mi vedi ti sorrido, bacio la tua fronte, i tuoi occhi, le tue labbra la sera quando da una pagina scaturisce il tuo profumo; ma dopo tutto è una lettera d’amore che scrivo ogni sera, senza aspettarmi una risposta!
Al risveglio certe volte ho la sensazione di trovarmi come nella notte nel cerchio magico delle tue braccia, sento le tue labbra cercare le mie. E’ per me la rinascita in un mondo che si schiude e mi allontana dal resto, dalla grande miseria, dalla solitudine che l’amore vuole.
Forse sono solo che un’immagine dentro i tuoi occhi … forse sarà solo mio…
Ma è vita come quel ti amo, quando lo dico è con fede, con amore, di sogno in sogno, ma tu guardarti allo specchio, guarda gli occhi che amo, le labbra che amo! Questo sono io circondato dal tuo essere. Penso che senza di te non potrei esistere, mi dimentico di tutto tranne che di amarti; a volte penso che tu mi abbia incantato con una porzione magica alla quale non so resistere.
E’ vero, è vero che mi aspetti tutte le mattine, tutte le sere? E ho paura di una gioia così forte che potrebbe portarmi via, e invece sono qui come ogni giorno e ogni sera ad attenderti come il vespro sul mare…. senza accadimenti.
Avrei voluto che tu ci fossi quando faccio ritorno a casa a notte fonda,
avrei voluto che fossi almeno questa sera, avrei voluto che ci fossi  quando mi giro e trovarti lì davanti ai miei occhi, a quell’angolo di strada ove ci siamo lasciati tanto tempo fa.
Da allora e voglio che tu lo sappia mi sono sentito solo anche in mezzo alla gente, non ho più guardato il cielo come facevamo sperando in una stella cadente per poter esprimere un desiderio.
Avrei voluto che tu stasera fossi qui a sfogliare il passato, ma non sai che il mio presente è già il mio passato, sotto questo quarto di luna, poco illuminata che a guardarla bene sembra una spiaggia deserta, come lo sono le ore, i giorni a cui consegno una lettera d’amore!




mercoledì 24 ottobre 2018


Vivere aspettando d’essere rapito da un sogno


Di Vincenzo Calafiore
25 Ottobre 2018 Udine

“ … lo sai che in Amore tutto appartiene
io ti appartengo come il sole e la luna al mare.
E’ un amarti che conduce alla felicità come quella
di starti vicino a volte per inebriarmi di te e rimanere
sconfitto in un ritorno tra le tue braccia che mi sanno
accogliere come fossero culla…. “
                                                        Vincenzo Calafiore

Alla fine di un settembre svenato dal cicaleccio di voci all’imbrunire, s’avverte forte l’aspro profumo di un ottobre fanciullesco … sulla sabbia umida chiare impronte di gabbiano e conchiglie vuote nei leggeri sbalzi della risacca.
Sapevo chiaramente a cosa andavo in contro se mi fossi lasciato andare nell’incanto del tramonto, sapevo chiaramente che sarei finito nel girotondo della memoria, sullo sfondo di Trieste negli ultimi fuochi d’una lunghissima estate.
Io e la mia speranza d’essere rapito da un grande sogno assieme alle mie inquietudini, ma avanzando nella mia età crepuscolare mi pare d’essere un superstite o un sopravvissuto di una lunga guerra, intima e silenziosa.
L’amore, vicina di casa fin dalla fanciullezza, sposa dalle mille sembianze e sfumature, pare che a un certo punto si sia allontanata lasciando vuoto e solitudine di se; dinanzi a me il paesaggio frizzantino di una città che si risveglia sulle note del Danubio Blu fino al cadere di un sole maturo sulle Rive.
E’ uno stato d’animo di chi conosce i giorni vestiti sempre uguali o di chi si getta – ubriaco- dietro i giorni che si sommano più o meno nello stesso scenario, è come la condizione di uno scrittore con la sua scrittura che si assottiglia fino a rappresentare anche l’insignificanza.
E’ un vivere aspettando d’essere rapito da un sogno! Da un grande sogno.
E’ un cambio di scena repentino la vita, è come una pagina di un racconto mai finito che prende vigore là dove si spezzano gli aneddoti, le medesime derive umane o di un personaggio fin troppo umano.
Incontrandola nascono altre nuove accelerazioni, imprevisti impulsi d’una bramosia mai assopita, si rinvigorisce la trama di un quotidiano che a volte sembra di arrestarsi.
Svegliarsi col desiderio di viverla … la vita che come una donna affascina e travolge con rinnovata emozione che mette in moto una catena che sgrana il cuore; passano nella memoria o in quel poderoso affresco dell’innamoramento continuo della fantasia … questo è il mio amarti!
Ma in fondo al palcoscenico di questa vita ci sono io con le mie schermaglie, con le mie fughe dietro le quinte come a inseguire un sogno recitando nel buio….
Ma queste pare non siano altro che trasfigurazioni studiate appositamente nelle più flessibili sfumature, disinvolte a volte, appassionate e maliziose altre volte, che forse esistono solo nella scena che la vita a volte propone, seguite da protagonista o che lo stesso protagonista ha creato per “ l’ Amore “  nello spettacolo di una quotidianità lusingata.
In questo circo a volte amaro e festoso si coglie il senso nella più grande misura di un ti amo a volte, o di un amore che potrebbe ancora giungere in questa età crepuscolare sempre assediato dalla solitudine, dall’ansia celata nell’allegria, dalle chimere della perdizione.
Intorno, il passare delle stagioni modula spiragli di vita invasa dal perenne variare dei colori:
nella vecchia storia del nascere e morire tra le braccia di una donna.







L’irregolare

Di Vincenzo Calafiore
24 Ottobre 2018 Udine

La fitta sequenza di pensieri che portano in superficie come una confessione, testimonianze di felicità e di interrogazioni, referenti, e “una rivelazione e una contemplazione” frammenti di vita creduti perduti.
Lo sguardo attento dell’alba centrifuga ogni possibilità di sopravvivenza, quando tutto è fluido le forme si evolvono l’una nell’altra e quello che fino a un attimo prima sembrava vero diventa illusione, fa deragliare certi tragitti del cuore, crea immaginazioni imprevedibili; tutto scivola giù per un imbuto che lo ingoia interamente.
Ti colpiscono gli occhi, soprattutto, e quel suo modo di farli parlare, l’irregolare che sogna la vita ha la voce che quando sembra spegnersi in un suono secco, d’improvviso si dilata e s’aggrotta.
E ti sorprendono le mani, le dita affusolate che se ti sfiorano fanno sentire il fruscio del tempo tra le pareti di certi labirinti in cui non ha mai avuto paura di perdersi.
E racconta, talvolta esemplifica e talvolta ricorda sul filo d’una nostalgia che diventa pian piano solitudine da un tempo che non può più ritornare.
Così i suoi occhi, quegli occhi che parlano, brillano di malinconia, scavano nel vuoto delle certezze, s’adagiano nella contemplazione di un volo di farfalla, come fosse vita che torna.
L’irregolare, l’anarchico inteso in senso artistico, uno che ha saputo opporre molti no ai più semplici sì, perché sente che la sua vita è un’altra, da un’altra parte, così sale ogni notte su un treno per andare sperando d’essere rapito da un sogno e non tornare.
Ha sempre saputo chiaramente a cosa andava in contro ogni volta che incontrava gli occhi della sua donna, sapeva che lì ci sarebbe rimasto con tutte le sue parole che la trattengono e la inducono a rimanere.
Chi mai potrà dire di che carne sono fatto io, l’irregolare?
Chi mai capirà che proprio io superteste di una catastrofe di cui nessuno si è accorto, so che tutte le carni sono buone e si equivalgono come è già avvenuto ad Auschwitz è per questo stanco cerco di farmi terra e paese perché la sua carne valga qualcosa e duri qualcosa di più che un comune giro di giostra?
Ah! Che vita è la mia?! Forte e intensa come un grido d’accusa a una disumanità ancora più grande, più pressante.
Che vita sarebbe diversamente? Una condizione o uno stato d’animo di chi si getta stordito dietro a ogni giorno come giù da una rupe…
E invece no!
La vita è una cosa meravigliosa se ami o se hai qualcuno da amare, da ricordare, o da tenere a mente; affinché sia un per sempre anche nelle peggiori tempeste.
Altrimenti la vita dei giorni presi in prestito è come vivere con la testa incatenata a una mangiatoia senza la possibilità di vedere il cielo o un cielo diverso da quello che si potrebbe vedere.
Una vita scarnificata, di pulsioni ossificate e di mete inavvicinabili, di miraggi azzerati, passioni incenerite.
La vita stranamente prenderà vigore paradossalmente là dove si spezza, dove consuma il proprio significato; nascono nuove accelerazioni impreviste: vince l ‘Amore.
Io voglio vivere, essere vento, o fiaba, racconto o ala, piuttosto che rimanere avviluppato nel bozzolo del fascino di un medioevo anticipato.
Ecco perché da una finestra in un tratto lieve lunare s’intravede l’ombra irregolare di una vita che si appresta a nascere nelle viscere di un amore più grande dello stesso essere significato: raccontami di te!


lunedì 22 ottobre 2018


Le parole del vento

Di Vincenzo Calafiore
22 Ottobre 2018 Udine

  sono state così profondamente mie le parole
che dopo di esse nessuna è più riuscita
a emozionarmi.
Le mie parole che il vento ha portato via,
sono state così profondamente mie che
nemmeno la fantasia sarà più in grado
di proporle che possano ad esse rassomigliare..
Io ci spero sempre in quell’alba nuova che me le riporti,
ci spero come a un miracolo e la prima
che vorrò pronunciare sarà: ti amo! “

                                           Vincenzo Calafiore


Ed io ricordo quando rimanevi a guardarmi negli occhi senza dirmi nulla, era come se le parole ti fossero fuggite via dalla bocca; ma ricordo anche la prima volta che ti vidi, così bella e così dolce, tanto che in quel tempo ti avevo paragonata a un’alba.
No un’alba comune ma quell’alba perfetta in tutti i suoi equilibri, come gli occhi tuoi con le tue labbra, le tue gote con i tuoi orecchi, i tuoi capelli con i tuoi seni, tutto così perfettamente armonico, mi sono innamorato subito di te senza averti mai parlato, ne sfiorata con un dito, ma ugualmente mi innamorai di te così come quell’alba che ancora adesso spero che nuovamente si manifesti.
Sono così profondamente innamorato di te, che dopo di te nessuna sarà capace di emozionarmi … sì perché ogni volta che ti vedevo o tutte le volte che si faceva l’amore io mi emozionavo..
Sei stata e sei ancora mia tanto da ricordare i ritmi del tuo respirare veloce quando a te mi stringevi, sentivo il tuo cuore sulle tue labbra.
Sei così mia, sei così in me che non sarò mai più in grado di amare un’altra donna! E sai perché? Il fatto è che il tuo sorriso è di una strana e rara bellezza, ma tanto bello che mi incanto a guardarlo senza stancarmi mai.
M’incanto ad osservarlo per ore, e chissà se sarò io il motivo, chissà se tu mi starai pensando …. Io ci penso sempre a quell’abbraccio pelle con pelle e mani con mani, labbra con labbra! E’ questa la felicità?
Forse sì, e le parole avranno un senso, la vita stessa avrà un senso. E ci sono parole che di notte torneranno a raccontarmi di te, di cosa c’è dietro il tuo profumo, dietro i tuoi occhi, dietro le tue labbra!
Cosa mai ci sarà di così forte, di così immenso, se non l’amore?
Lo so ci saranno momenti in cui questi ricordi torneranno e mi leveranno il fiato, basterà per strada sentire una voce uguale alla tua, un profumo, passare davanti a una vetrina e vedere un vestito, o riprovare un sapore, a far si che si inneschi un inarrestabile desiderio di te, di tornare tra le tue braccia in un letto che profuma di rosa.
A volte mi sento come una situazione di attesa, non so di cosa, ma sono lì in attesa di qualcosa che potrebbe raggiungermi o giungermi da un pensiero recondito, da un desiderio che non mi lascia mai!
Forse noi siamo come radici che cercano sempre più nelle profondità l’acqua, noi l’amore. O forse siamo su questo mondo per cercarci e amarci, prenderci e lasciarci all’alba, e torniamo a nascere entrambi con lo stesso amore che non fa in tempo a diventare sogno che ritorna ad essere amore.
Forse non siamo altro che orgogliose cicatrici d’amore, orgogliose cicatrici! Così inquietante solitudine…..


giovedì 18 ottobre 2018

ITALIA


ITALIA
Di Vincenzo Calafiore
19 Ottobre 2018 Udine

“ Il senso di questo, lo potrà capire
chi ha avuto per anni l’Onore di issare
il tricolore al vento e ripiegarlo la sera
con la sacralità che aspetta a una bandiera:
il Tricolore! Non è solamente un simbolo
che identifica una Nazione, ma è lì,
in quel vessillo che è racchiuso il significato – Italia-
                                                                                              non ché l’Onore e l’Orgoglio d’essere,
                                                                                              sentirsi italiano, e vivere nel Paese più
                                                                                              bello del mondo: L’Italia. “
                                                                                                                     Vincenzo Calafiore

In classe quando entrava l’insegnante ci si alzava in piedi; non avevamo niente oltre una lavagna rotta e banchi di legno sgangherati, il calamaio.
La prima cosa che si faceva erano il segno della croce e cantare l’inno nazionale, poi si poteva iniziare.
Per anni ho guardato da una finestra di un ufficio il Tricolore sventolare alto nel cielo, ho portato il tricolore al braccio, ho ripiegato il tricolore oltre che a issarlo su nel cielo; e questo per me è sempre stato motivo di orgoglio perché io ci credevo ieri come oggi in quel Tricolore era ed è per me : Orgoglio, Onore!
Ma oggi, che mi piaccia o no, questa è l’Italia, la mia Patria, anche se non è più quella che i miei ideali e valori me l’hanno sempre inculcata in testa, mai tradita, mai delusa, mai disobbedito.
Questa di oggi è quella che italiani per tornaconto personale, arricchendosi, hanno tradito, rubando denaro nelle Pubbliche Amministrazioni.
E’ l’Italia che “ La Politica “ ha ridotto così per la sua supremazia, per il suo interesse e dominio politico.
Una volta c’erano degli industriali che hanno fatto grande l’Italia e lo hanno fatto come quelli del Piave, oggi ci sono industriali che spostano le fabbriche in un’altra Nazione ove è possibile arricchirsi ancora sfruttando quella gente e lasciando allo stesso tempo italiani senza lavoro:
“ chi se ne frega “ !
Forse la chiave di tutto questo degrado morale e politico sta tutto in questo “ Chi se ne frega”.
Io direi potendo a questi “ italiani” di passare una giornata nel “ Il Sacrario di Redipuglia”
e meditare che cosa è veramente l’Italia, colloquiare con quei – morti – che da lì ancora sono monito e significato di un grande amore per la patria, la loro – Italia – fatta.
I peggiori nemici di questa “ Meravigliosa terra “ siamo proprio noi gli italiani, quando permettiamo la deturpazione dei nostri monumenti, quando sotterriamo rifiuti velenosi invece di smaltirli legalmente, siamo noi che concediamo alle mafie  la possibilità di spadroneggiare con le collusioni, le infiltrazioni, col diventare servi nelle loro mani.
Siamo noi a deturparla questa Italia con le evasioni fiscali, con l’essere divisi politicamente come fossimo in guerra perenne; è così che in questo clima di eterna rivalsa l’una fazione pur di non darla vinta all’altra si disfano e si rifanno governi che non governano, leggi che non si capiscono e si prestano all’inganno …. E così via via in un’ infinità di madornali errori epocali e occasioni di unità perdute!
Questa è e sarà l’Italia che dovremmo consegnare alle future generazioni, alle quali non è stato tramandato nessun principio  e alcun dovere morale e patriottico!
I colpevoli siamo stati noi, perché noi l’abbiamo voluta e ridotta così.
Ora mi dicono che il mio Paese non è più vivibile, che è meglio espatriare, fuggire! Ecco lasciamo che tutto fugga, lasciamo che vadano via le industrie, lasciamo che degli stranieri con la scusa di investire e dare lavoro, vengano in Italia a fare i loro interessi e una volta raggiunto lo scopo chiudano baracca.
Lasciamo pure che i nostri gioielli vengano venduti a investitori stranieri, a questo un tempo ci penso il Prodi della situazione, il grande demolitore e rottamatore dell’Italia …
Lasciamo pure che i nostri figli e chi ospitiamo si facciano l’idea che qui ogni cosa è possibile perfino violentare le donne, rubare, frodare, prostituire e spacciare, contrabbandare ogni tipo moralità per il vil denaro e poi piangiamo i morti, o abbandoniamo intere popolazioni dopo ogni sisma, Amatrice tanto per ricordare, Aquila,  solo il Friuli è stato ricostruito e ci sarà pure un motivo, domandatelo alle vostre coscienze, ma chiedetelo anche a Genova che saprà rispondervi.
Ma recatevi a Trieste e fermatevi in Piazza dell’Unità e alzate gli occhi al cielo!
Vedrete sventolare un Tricolore …. È lì l’Italia che più amo, è lì che più di ogni altro luogo mi sento italiano è una magia che si ripete ogni volta!
Mi ritornano in mente le note dell’Inno Nazionale, e un immaginario sorvolo della città delle Frecce Tricolori l’Orgoglio Italiano in tutto il mondo, che colorino il cielo coi colori della bandiera….  

“La Patria non è un’opinione. O una bandiera e basta. La Patria è un vincolo fatto di molti vincoli che stanno nella nostra cane e nella nostra anima, nella nostra memoria genetica. È un legame che non si può estirpare come un pelo inopportuno. Oriana Fallaci. “