sabato 26 febbraio 2022


 D’incenso, di spine


Di Vincenzo Calafiore
26 Febbraio 2022 Udine

Un’esile, inquieta impercettibile traccia di felicità nelle mie parole, nell’aurora incerta alla soglia del giorno che stenta nei suoi passi.
A rileggere la nascosta consapevolezza delle parole sembra emergere nei silvestri inizi dei giorni, dalle acque di un mare di dentro di tanti ritmi, di tante emozioni di un tempo arcaico, ora più che mai ancora vive che finiscono per aggettarsi in un’attesa che assorbe ogni cosa, tracimando il livore di speranza su anima e labbra.
Così si offre l’incanto del mare, quel suo frangersi su pietre tonde come uova preistoriche e venti, l’agonizzare lento tra sabbia e frammenti di vetri colorati.
E mi par di sognare in quelle vesti serali dei cieli calactini, nei miei sensi crepuscolari dell’asserare denso dei giorni: ancora l’amore, ancora le carezze a fior di pelle, e c’è la malinconia!
La stessa malinconia del vissuto di ieri.
La stessa adolescente canuta età, che testarda non vuole morire come onda, ma vivere in quel sì della vita che potrebbe in qualche maniera giungermi ancora nella mia misera esistenza mortale, nell’acredine di un desiderio di infinita vita nella legge della fine.
Ci fosse una ragione a questa esistenza racchiusa tutta in un tempo e non oltre, ci fosse una ragione che potrebbe almeno dar sollazzo a questa brevità temporale!
Ma la vera “ emozione “ è l’esistenza, l’esistere nella sua aura d’amore! Ma pare sia per i più quella, di essere uno – spettatore -; non è facile esserlo né rimanerci così per tanto tempo.
Lo spettatore durante la messa in scena dello spettacolo tace e rimane a guardare, e durante la sua rappresentazione, sgranocchiando delle arachidi applaude, chiede il bis, ride, si concede a qualche confidenza col vicino accanto, ma più di tutto esprime pareri apprezzabili sullo spettacolo, dentro un misero teatro contorto su se stesso. Ignaro d’essere lui stesso attore come quelli che sul palco si rappresentano, rappresentano la disumanità,la decadente realtà di un sogno morto sul nascere.
Per fortuna conosco una via che dal cuore porta lontano, ed è l’amore quell’amore senza pegno che dona ali per volare e spiagge da raccontare, albe da sognare.
Per fortuna che ci sono donne capaci ancora di far sognare, che sanno con delicatezza sollevare da terra, dal fango delle miserie umane, che sanno distanziare il tempo proteggendo ciò che più amano.
Sono in qualche modo disperso in quei lattescenti filamenti lunari, che per amore formano una sorta di pagina ricolma di gentile nostalgia, di ritmica rammemorazione.
E’ il mondo suo, di una donna, con il suo bagaglio di bellezza e di lacerata contemplazione, in immagini quiete, semplici, profonde e nello stesso momento tristi nel suo viaggio dentro l’orrore del mondo.
Sono solitudini senza tempo che hanno occhi di bambina, affiorano segmenti nascosti di fanciulla odorosa di rose, mentre nella lontananza s’impiglia la catenaria degli anni, le corse agili verso l’amore.
Ma ora incontri la carne degli uomini e di pietre con l’assolutezza della parola: amore!
Tu ci sei e vivi, lotti, per avere un giorno un destino diverso, nell’intorno del silenzio, di suoni ovattati, di voci, di deliri e derive notturne, è un andare incontro a quello che vorresti dare con gli incensi e le spine!

mercoledì 23 febbraio 2022

 

E, ho negli occhi ancor

quel giro di perle attorno al collo

l’accendono quel viso!

E lo sguardo ?

E’ quello di occhi col mare dentro,

forte come un’onda, penetrante,

si accendono, si illuminano d’immenso.

 

Io lo ricordo, quel viso!

Dovresti vederlo quanto è bello,

leggero come brezza …

che se appena solo lo sfiori

te ne innamori.

 

L’ho visto e l’ho amato

lo ricordo come una primavera

è nella mia testa come una fotografia

sul letto di un soldato.

Or  d’una giovane innocenza che tenere,

se non il sottil profumo

essenza dell’april , la migliore essenza.

Pensier della mia coscienza

restò ingenuità verbale

Un racconto personale!

                                          Calafiore, Kalos Vincente

martedì 22 febbraio 2022


 

La  grazia,il coraggio, la solitudine delle donne

 

Di Vincenzo Calafiore

23 Febbraio 2022 Udine

 


“ AD QUAE NOSCENDA ITER INGREDI,

TRANSMITTERE MARE SOLEMUS,

EA SUB OCULIS POSITA NEGLIGEMUS ! “

                               ( PLINIO IL GIOVANE )

E’ per me rendere omaggio alle “ Donne “ un qualcosa da dentro, e per poterlo fare in qualche maniera ho scelto forse il mezzo più insidioso che si possa conoscere, cioè con

l’unico che conosco: la scrittura; per raggiungerle ovunque esse siano omaggiandole quasi ogni giorno con dei  “ pezzi “ atti a evidenziare le fondamentali differenze esistenti tra noi uomini e loro. Ma anche la differente loro maniera di amare, mentre per noi uomini è una esclusiva apertura di gambe, ma così, a questa maniera va a finire che invece di amarla questa Donna, la sporchiamo, la deturpiamo nella sua integrità, nella dignità, nella sua libertà, nel suo essere “ umana “ e non oggetto di piacere; ma noi uomini non ci siamo limitati solo a questo, siamo riusciti e da sempre oltre a discriminarla in tutte le forme possibili, anche di eliminarla e nelle maniere più terribili, più sanguinarie: il suo libero omicidio! Libero perché le inadeguate leggi esistenti non la tutelano e così accade purtroppo che chi uccide una donna dopo pochi anni, rari gli ergastoli, è in libertà e chi ruba per mangiare subisce invece il pesante braccio della legge.

Ma bisognerebbe insegnarlo nelle scuole alle nuove generazioni cosa significhi donna e non certo quelle di “ Porno facile “ o siti simili che non rappresentano affatto la donna, ma solo ed esclusivamente la bestialità, l’accoppiamento animalesco; mentre la sessualità dettata dall’amore è tutta un’altra storia.

Detto questo o meglio premesso ciò per poter omaggiare il coraggio delle donne per essere donne mi rifaccio alla tragedia di Ecuba.

Non prima di aver ringraziato mio padre che un giorno mi disse: “ Se non sai e non conosci le cose, stai zitto e non parlare, perché parlandone potresti diventare ridicolo e stupido.. “  Da quel giorno la mia vita è cambiata, è da allora che divoro libri e ancora oggi non mi sono fermato; ma so anche rimanere zitto e in acolto se non conosco o non ne sono informato.

 

Ecuba è una tragedia di Euripide rappresentata in una data incerta attorno al 424 a.C., ispirata alla figura di Ecuba, moglie di Priamo.

Tragedia atipica e considerata, secondo i canoni “ aristotelici “ antichi, addirittura non rappresentabile, le “ Troiane “ di Euripide e su quel modello anche l’omonima tragedia di Seneca, andata in scena per la prima volta nel 415 a.C. è invece opera di sconcertante modernità.

Si tratta dell’unica tragedia nella quale c’è un personaggio costantemente in scena: lei, Ecuba, regina di Troia e moglie di Priamo al quale aveva generato 50 figli. Ecuba Grande Madre la cui presenza ieratica eppure umana, sacra eppure tutta terrestre è il cardine vivo e doloroso della rappresentazione, l’epicentro di dolore e di forza attorno a cui ruota tutta la scena.

Tutto ormai è compiuto, la città è stata presa dai Greci, gli uomini sono stati uccisi ed Ecuba e le principesse Troiane, adesso schiave del nemico, attendono di conoscere il proprio destino.

Ecuba quindi il mito d’ogni tempo sempre vivo, la Donna!

Si susseguono, davanti a Ecuba, le donne, ciascuna con la propria tragedia personale e collettiva: Cassandra la vergine pazza, veggente e miscreduta; Andromaca, madre dolorosa, vedova di Ettore, alla quale verrà sottratto e ucciso il figlio Astianatte; ( Polissena e Astianatte sono al centro della tragedia di Seneca); Elena l’infedele, la causa della guerra infinita di Troia.

In questa tragedia tutta di donne è costante la distruzione psicologica e fisica. Euripide rovescia anche la figura di Elena, bella e ambigua come un serpente, in cui l’eterno femminino si sposa a un’affilatezza da sofista: in quella che è una vera disputa filosofica, un agone giudiziario, le ragioni di Elena la fanno apparire anche lei, non meno vittima delle altre, non meno obbligata a difendersi, coi mezzi che ha, che la sorte e gli malevoli le hanno dato. Anche lei a suo modo, vinta.

Ecuba, con la sola magia del gesto, sistemando il velo nero attorno agli occhi folgoranti evoca lo chador d’altre donne d’altre latitudini ed epoche, altre donne violate e dissacrate, vinte in tutte le guerre e nel quotidiano più vicino a noi. Ecco che nelle parole di Cassandra, di Andromaca vibra lo scontro di civiltà che viviamo o crediamo di vivere, oggi: chi sono i barbari, se i Greci raffinati e civilizzati si macchiano di tanti delitti? Euripide, con grande audacia, per i suoi tempi, portò in scena il punto di vista dei vinti, degli sconfitti, di quelli che i Greci chiamavano “ barbari “. La storia di Troia consente di parlare di fatti molto recenti, ovvero il sacco dell’isola di Melo da parte dei raffinati, civilizzati, imperialisti ateniesi….gli americani della Grecia antica.

Nelle sue parole e nelle parole di Seneca, risuonano anche oggi, anche per noi, millenni dopo, la stessa domanda, lo stesso dilemma etico, la stessa condanna: la guerra nuoce a vinti e vincitori, perché li allontana dall’umanità che tutti condividiamo.

Umanità che dobbiamo coltivare, coi mezzi millenari della cultura, dell’arte, della parola.

In questi tempi incerti solo la Parola e la bellezza e la verità che essa evoca e custodisce ci potrà salvare; allo stesso modo La Donna, sia essa Ecuba, Elena, Cassandra, Andromaca, Maria, Rita, Caterina, Adriana, Romana, Sabrina…. Donna che ha coraggio, dignità, ma soprattutto in se il dono della vita, dell’amore, del sapere amare!

 

 

domenica 20 febbraio 2022


 

Le nuvole, le rughe…

 

Di Vincenzo Calafiore

20 Febbraio 2022 Udine


 

Chi potrà mai dirmi di cosa o di che carne sono fatto?

Ho girato abbastanza il mondo per sapere che tutto è buono e uguale.

Chi mai potrà darmi lo stesso calore di una carezza o di una parola che mi faccia pensare  che la vita, nonostante tutto, sia ancora così meravigliosa da potermi fare esclamare: voglio ancora vivere?

Chi potrebbe spiegarmi il sapore che c’è in un bacio, la vita donata in quel bacio?

Ma è per questo che uno alla fine si stanca e cerca nell’amore le radici, di farsi terra, terra buona capace di dare ancora sazietà di felicità; perché la mia carne valga e duri qualcosa di più di un semplice si.

Un’esistenza ci vuole, non fosse per il gusto di andarsene via in cerca di un’altra ancora migliore dove vorrebbe dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei, rimane lì ad aspettarti.

Andarsene … è un viaggio con un orizzonte, ma anche una dimensione interiore; come ogni viaggio, in cui si procede in avanti, ma ci si immerge anche nel profondo di se stessi, delle proprie paure, delle incertezze, del proprio buono o mal vivere.

E in questo avere le mani ancorate sul quel “ ti amo “ la barra da tenere a dritta.

Quel ti amo che ti fa sentire uomo solo se appena lo pronunci, solo se appena lo sussurri.

Ma io ricordo ancora la forza e la generosità di un bacio.

Ricordo ancora il calore di una carezza nei miei lunghi inverni.

Ecco sono io con la mia vita che intreccia speranze da darmi ogni giorno significato, non sono qui per contare i giorni, ma per mettere la mia aria nell’aria del mondo!

Io, le nuvole, le rughe! Capace di convincermi che qualcosa di miracoloso potrebbe venirmi da un mare gremito di amore, la mia salvezza, la poesia che ancora c’è in me, come una terra, una nuova religione in cui credere e sperare … una poesia d’amore che ancora c’è negli occhi  di una donna, sulle labbra di una donna, nelle mani di una donna.

La mia vita è tutta in quel “ ti amo “ da scriversi ancora, da sussurrare dentro gli occhi di questa donna meravigliosamente donna.

E’ quel ti amo una preghiera che tiene ancora assieme

Un pezzo di pane da condividere,

una certezza in un futuro domani

il sapore della carne mia nella bocca sua.

Amare una donna è navigare in un mare di poesia, dentro un mondo dove non si è soli, dove c’è un panorama tutto da scoprire, tutto da amare, da tenere ben stretto a se.

Amore è che io di nuvole e rughe ho voglia di qualcuno che non mi lasci andare via, che mi faccia rimanere.

Sei  tu sei quella meraviglia, quel meraviglioso a cui ogni giorno vado!

Sai, non avevo mai amato nessuno come te, la fortuna di amare una donna come te.  Sai ho bisogno del tuo 'Buongiorno' o della 'Buonanotte' per iniziare e concludere al meglio le mie giornate!  Ora il mio tempo ricorda i baci, le carezze, i brividi, i sussurri, nelle mie tempeste. Così ho cominciato a pensare che la colpa fosse mia, che fossi un uomo sbagliato!

Me ne feci nel tempo una ragione e mi disinteressai completamente, nel tempo a venire senza nessuna da baciare magari sott'acqua, per non farci vedere dal mondo. L'amore esiste  proprio perché esisti tu! Tu che  mi travolgi e mi fai morire dentro un tuo si!  “Anche io ti amo! ” Ed è nuova vita.

 

mercoledì 16 febbraio 2022


 

Quanta paura d’amare !

 

Di Vincenzo Calafiore

16 Febbraio 2022 Udine

 

“ …. la paura di amare è

il male peggiore infestante come gramigna,

riduce in solitudine, abbrutisce l’anima,

ne opacizza la beltà e si vive dentro gli incubi di

una stupida paura ….. “

                     Vincenzo Calafiore

 

 L’amore ha molte facce corrispondenti ciascuna ad una diversa manifestazione del medesimo istinto, che chiede soltanto d’essere appagato attraverso una relazione.

Fa paura l’amore, fa paura amare, fa paura la passione, perché in un certo qual modo è l’arresa a qualcuno, qualcuna, che potrebbe tradire la fiducia riposta, che potrebbe abbandonare lasciando dopo di se, la solitudine, il rimpianto, la nostalgia e i diversi problemi di conseguenza.

Viene dunque da pensare che – amare- sia dei temerari e coraggiosi, i quali credono e sono fortemente convinti della semplicità dell’amare qualcuno; a pensarci bene pare che l’amore sia stato inventato per questi temerari e coraggiosi che sono disposti ad affrontare l’ignoto pur di assaporare l’esaltante essenza dell’amore.

Quantunque siano grandi le paure, questi le superano agilmente, rimanendo soddisfatti e felici nelle averle superate.

Così dovrebbe essere, amare senza condizionamenti dalle paure, dai timori del legarsi a qualcuno assumendone tutte le responsabilità che questa meravigliosa esperienza comporta.

Diversamente quell’istinto di amare senza il coraggio necessario per vincere le paure, lascia sospesi in una sorta di terribile limbo i rapporti, limbo che è una specie d’area o spazio in cui nulla è definito, nulla è condiviso, condizione che inevitabilmente porta alla fine, con l’illusione di tante sofferenze evitate o risparmiate.

Una conflittualità interiore tra i desideri e le paure, va a incidere anche sulle passioni più travolgenti,  sacrificate allo scambio con la tranquillità, questa sarebbe una ipocrita conclusione, sicuramente da evitare.

A seguito di ciò, oggi la donna, un tempo maestra di seduzione, procede oggi con maggiore attenzione e cautela, eguagliando in questo l’uomo.

Immagino che queste “ paure “ di amare dipendano dalla confusione che oggi regna sovrana e dall’incapacità di distinguere e poter riconoscere ciò che è –autentico – da ciò che non lo è, cioè da quanto venga rappresentato da una maschera, che purtroppo porta al consumo e al repentino cambiamento in ogni parte della vita.

Il problema è che oggi tutto è vissuto esageratamente oltre il limite, consumato, svilito nei contenuti per rimanere nello stesso passo di questo tempo; ma si finirà pure da non sapere bene che cosa si stia vivendo in mezzo a questa grande confusione: l’amore viene rigettato quando c’è, desiderato e bramato quando non c’è!

Rimane di fatto per entrambi, uomini e donne, la paura d’amare; farlo nella maniera più semplice, magari avendo il  - coraggio – di dirlo quel  - ti Amo – che non vuole un documento ufficiale che attesti una unione, poiché già sta nel desiderio di chi quel ti amo pronuncia dichiarando di fatto il suo amore, questo è il vero legame, no quello che scaturisce da un freddo e calcolato contratto matrimoniale.

Per amarsi sarà necessario essere se stessi, senza le odiose maschere, mostrarsi all’altro, all’altra così come si è, vincendo paure, pudore, falsità.

Ma se si tengono indossate le maschere per appannare la vera identità, quelle paure e falsità finiranno per compromettere ed escludere l’Amore.

Capita di rimanere soli senza riuscire a vivere una storia d’amore, la sensazione di solitudine  può sembrare  intollerabile e si farà di tutto per incontrare la cosiddetta anima gemella; spinti dal desiderio di accoppiarsi si commetterà il grande errore di scambiare per buono ciò che è una vaga idea di ciò che è l’amore, precipitando nell’orrore di relazioni infelici, o peggio ancora scellerate.

Uomini e donne sono così uguali nel disagio del vivere l’amore che non sia solo ed esclusivamente solo sesso;così se lo stesso sesso si inserisce all’interno dei sentimenti reciproci d’attaccamento e di dipendenza, una dipendenza che non fa male, e non si dovrebbe temere.

La libertà di amare, di farsi amare, forse nella storia dell’essere uomo o donna, è un diritto, nei loro diversi orientamenti sessuali.

Il sesso è finalmente depenalizzato e l’amore non è più la sua assoluzione.

martedì 15 febbraio 2022


L’età mia crepuscolare

 

 

Di Vincenzo Calafiore

16 Febbraio 2022 Udine

Vedi? Adesso in questo tempo mio ci sono situazioni di “ attesa “ nel quotidiano divenire, durante le quali è come se la mia esistenza rimane sospesa, in vista o in attesa di qualcuno, di qualcosa o di qualche evento, di un approdo, di un arrivo a una tappa nella corsa terrena al traguardo incerto.

Non è angoscia, nemmeno tristezza, è soltanto una specie di vita, non è quella che avrei voluto, ma ugualmente è la mia vita e mi appartiene.

Non è proprio vita, ma una sorta di tempo strumentale e vicario, insomma una vice-vita, per quanto assurdo possa essere.

E’ come essere seduto su un treno, una storia di stazioni abbandonate e polverosi scompartimenti – micromondi – in cui tutto di continuo si compone  e si scompone con le separazioni di nuclei d’improvvisata familiarità; rapportati  al sentire dentro, ai pensieri, alle occasioni per vivere.

Tutto nello scenario dello scorrere del tempo, a volte accelerato o ritardato, come le immagini che scorrono fuori dal finestrino, mischiandosi e confondendosi alla velocità del tempo.

Vedi? Sono gli attimi lunghi di un’eternità o le eterne attese in un attimo, risolte o irrisolte nel momento conclusivo di ogni viaggio che a sua volta non è arrivo, ma partenza per altra meta.

Nonostante la mia età c’è ancora lo spirito dell’avventura, non c’è ansia ma desiderio della scoperta, voglia di conoscenza in fondo alla mia anima.

Sai? Ci deve essere un viaggio, ogni giorno, un vice-vissuto nella propria esistenza sospesa durante i mille passaggi  nei treni dell’infanzia, dell’adolescenza e oltre, fino a qui!

Che come sempre trasforma la memoria in bilanci o inventari esistenziali, cui attingere nei momenti nodali del resoconto alla propria coscienza.

Riemergono dalle sabbie mobili della memoria le occasioni mancate e perdute, le amicizie che hanno tradito, i ricordi dei figli che hanno abbandonato ora in questa età di adesso, gli incontri mancati per una minima ma proprio minima frazione di tempo; perché devi sapere che negli spazi di questa vice-vita tutto scorre più pigramente e uguale a se stesso e tutto improvvisamente potrebbe divenire importante, fondamentale … come la mia volontà di esistere: Esistere!

Basterebbe nell’occasione d’una coincidenza in un posto in cuccetta, di una poltroncina, avere un tozzo di pane e un bicchiere di vino, scambiarli con la medesima simultaneità delle parole, gesti che nella staticità umana in movimento su treni ne fanno parte e evidenziano le sostanziali diversità con il resto del mondo….. con quelle comparse affollate dietro gli schermi dei finestrini di tantissimi treni in viaggio…. Nel loro incidere come fotogrammi di un film bello o brutto che sia, altro non è che la rappresentazione realistica della vita!

La vera domanda è: meglio allora stare dentro o stare fuori? Sentirlo proprio il pacato meditare da scompartimento o escluderlo come inutile frazione d’esistenza, relegata all’inerzia dell’attesa.

Questa età mia crepuscolare canta i propri grumi di sapienza nella sobria attesa dell’ovattato esilio. Al punto che i giorni, i mesi e gli anni che scorrono lenti e veloci dentro e fuori le rotaie finiscono per corrodere la vita o ancora peggio scambiarla con una vice-vita che è supplenza di esistenza, d’amore, di sentimento, di desiderio… dunque rischiosa ipotesi di accettazione del nulla!


lunedì 14 febbraio 2022

 

Preferisco di no

 

Di Vincenzo Calafiore

14 Febbraio 2022 Udine

 

Mi sono chiesto no una volta, ma mille volte chi sono io e che cosa sono.

Scrivo dei testi ritenuti non da me, ma di chi la Cultura la conosce e sa riconoscerla, dei testi importanti e misteriosi, di gorghi profondi. Uno capace di tessere la sua trama da scrivano che sono, capace di dire : – Preferisco di no - !

Una resistenza passiva al gioco del potere e della notorietà dell’uomo; quel

 – preferisco di no – è un qualcosa di importante, che mi ha catturato, me lo porto dentro, non lo vedi quel no, ma c’è, è sempre stato lì ! Sono un uomo che piuttosto si ferma, invece di andare avanti, che oppone ad ogni richiesta  il suo – Preferisco di no - !

In questo mondo pericolosamente idiota tutto è standardizzato, le storie in televisione o su internet, non hanno moralità.

La letteratura, racconta storie. La televisione dà informazioni. La letteratura coinvolge. E’ una ri …. Creazione della solidarietà umana.

La televisione con la sua stupida illusione di immediatezza, distanzia, imprigiona tutti nella nostra stessa indifferenza; le storie raccontate dalla televisione tendono a soddisfare la nostra fame di aneddoti e offrono modalità di comprensione che si elidono a vicenda, inoltre affermano implicitamente l’idea che tutte le informazioni siano importarti e rilevanti, che tutte le storie siano senza fine o che si possano interrompere, non perché si siano concluse, ma perché spodestate da altre storie più recenti, più sensazionali.

E’ un lavoro da certosini quello dei media, che confezionano su misura  storie illimitate inconcluse; queste narrazioni dei media il cui consumo ha drammaticamente inciso sul tempo del pubblico istruito che si dedicava alla lettura.

Storie che offrono quotidianamente lezioni di amoralità e distacco antitetica a quella incarnata da un progetto del romanzo.

Nella narrazione di storie fatta da un romanziere c’è sempre una componente etica, dei confini da non violare.

Questa componente etica non sta nella contrapposizione di una verità alla falsità della cronaca. Sta nel modello di completezza, di intensità, di illuminazione fornito dalla storia, che è l’opposto del modello di ottusità, di incomprensione, di passivo sgomento, e conseguente ottundimento di sentimenti, offerto dalla sovrabbondanza di storie inconcluse, disseminate dai media.

Dunque la televisione ci offre, in forma estremamente svilita e non vera, una verità che il romanziere è costretto a sopprimere in nome del modello etico di comprensione, vale a dire la consapevolezza che tratto distintivo del nostro universo è che molte cose accadono nello stesso tempo ….. il  “ tempo “ esiste perché le cose non accadano tutte contemporaneamente, lo spazio esiste in modo che non succedano tutte assieme.

Un romanzo non è un insieme di pagine piene di parole, è una riduzione dell’estensione e la simultaneità del tutto a qualcosa di lineare, a un percorso.

Dunque essere un individuo morale significa prestare molta attenzione! Quando si esprimono giudizi morali, non si afferma semplicemente che una cosa sia migliore di un’altra; ma stiamo affermando in modo più profondamente che una cosa è migliore dell’altra. Ordiniamo la vertiginosa estensione e la simultaneità del tutto,, a costo di girare le spalle a quanto accade nel mondo.

Forse, il primo passo verso la saggezza è l’umiltà sta nel rassegnarsi ad accettare l’idea, la devastante idea, della simultaneità di ogni cosa e dalla incapacità della nostra comprensione morale che è anche quella del romanziere, che assolve un necessario compito etico, sia in termine di spazio che di tempo. I personaggi di un romanzo agiscono in un tempo che è già completo, in cui tutto ciò che vale la pena di essere salvato è salvato. I personaggi hanno destini estremamente leggibili, il destino della letteratura stessa è qualcos’altro.

Come lo è la ricorrenza del San Valentino, tutta un’altra cosa da questa commerciale ricorrenza! Preferibile dire: Preferisco di no !

venerdì 11 febbraio 2022


 

Io, naufrago che trema di fronte a un mare tranquillo

 

 

Di Vincenzo Calafiore

11 Febbraio 2022 Udine

 

“ …. Poiché sono andate perdute cose

che hanno raccontato un’esistenza, che era

un mondo che mi apparteneva, si chinò

la mia anima su ciò che era rimasto di quella vita.

Così riiniziò a sognarla, ad amarla con la tenacia di un naufrago che trema                            anche di fronte a un mare

tranquillo, il mattino dopo un temporale di notte…. “

                         Vincenzo Calafiore

 

Al risveglio dalla lunga notte da naufrago tra le pieghe di un sogno, poco ricordato ho guardato nell’orizzonte di un altrove  molto lontano.

E ho ricordato d’essere rimasto lì come a voler essere cercato di nuovo e sono rimasto ad occhi aperti di notte, aspettando i passi leggeri di chi vorrebbe ancora avermi. Ma nessuno è tornato, nessuno torna e dopo un tempo breve o lungo che sia stato, sono di nuovo libero, senza un documento di appartenenza a qualcuno, libero, perché si è liberi dopo essere stati per sempre perduti.

Sono andati perduti tutti coloro che mi hanno detto …. “ Per te ci sarò sempre … “

che grande ipocrisia!

All’inizio ci sono rimasto male , mi sono sentito ancor più naufrago,  poi la salvezza che arriva, un albero anche lui naufrago come me, nella notte, che mi fa salire sulle sue forti spalle… Poi passa tutto e mi sono reso conto che, “  io sono… “  anche senza di essi, che esiste la felicità e la vita anche per i naufraghi.

Ho capito di aver sbagliato tutto, che il valore che avevo dato a quella gente era molto di più di quanto queste mi avevano dato.

Non ho alcun rammarico verso costoro, ma nemmeno l’amarezza nel constatare quanto avessi sbagliato; di loro odio la l’ipocrisia, odio la loro perseveranza nel continuare a dirmi che ci sono, per loro ero probabilmente una persona sbagliata, per loro ero sbagliato.

E io vivo,  continuo a vivere nonostante loro, perché la mia vita è bella e mi sorprende sempre, quando mi dice: sii sentiero, fatti percorrere da cima a fondo, ma non farti calpestare!   

E ti lascia sempre così, senza parole il mare.

Il mare che sogno e immagino in quelle nottate estive quando vivevo sulle spiagge ad aspettare l’alba come  fosse un’amica con cui poi rimanere seduti a parlare. Lei , la mia Aurora l’ho sempre immaginata con lunghi capelli, lunghe spighe dorate di grano maturo, legate ai lati da fini trecce incrociate alla nuca, e occhi  verdi, grandi, da poter contenere il mare dentro. Quel mare fatto per chi è capace di sognare e ama le spiagge vuote e i lunghi silenzi, le lontananze; quei sognatori capaci di grandi traversate dell’anima nelle lunghe attese e le nostalgie di un altrove, gli incanti.

C’è che questo mare così immenso profuma di solitudine, tanto rassomiglia a una donna che ancora deve arrivare, perché questo mare ha così tanta libertà che infonde a chi sa rimanere ad ascoltarlo.

Sai non serve conoscere tanta gente, non serve avere tanti amici, per un aperitivo o per una cena, di quegli amici puoi farne anche a meno, ma di quelli che si ricordano di te tutte le mattine e ti danno il loro buongiorno, di quelli non puoi farne a meno, sono i veri amici, quelli che rimangono nell’ombra, ma verranno sempre in tuo soccorso.

Il mare oltre questo mi ha insegnato che le stelle e le galassie non sono lassù in alto, stanno dentro di noi, e che dobbiamo percorrere la nostra vita non da estranei.

Lo so in me c’è una donna che vive  si racconta;

è l’amore da prendere,

è quel chiaro di luna che vola sull’acqua

è quel vento caldo sulle mie labbra,

le parole che accendono di nuova luce gli occhi,

è quel “ ti amo “  che solo a pronunciarlo, a sfiorarlo col pensiero è un mare che mi travolge fino ad annegarmi nel tondo di due occhi che m’incanto a guardare!

giovedì 10 febbraio 2022


 

          ….. e, cercarti !

 

Di Vincenzo Calafiore

10 Febbraio 2022 Udine

 

  … se ami una donna che ha in se il mare, non pretenderà mai che tu la capisca e di amarla. Ti chiede solo di essere sentita dentro te come un mare a cui sempre andare …. “

                       Vincenzo Calafiore

 

 

A volte e succede quasi sempre in quegli spazi  di vuoto dell’avvilente quotidianità di spaziare con la mente quei luoghi ameni ben custoditi dalla memoria; ed un ritorno alla felicità, quella che rimane nei ricordo ieri come oggi, domani  un’emozione che ancora vivrà con tutto il suo segreto:  “a m’arcord”,  !

Ma – Amarcord – è in se l’addio a certe stagioni di una vita, meravigliosamente vita! , che a fatica si riconosce in un oggi in cui forte e pressante la gioventù continua ad essere:

 – le stagioni permanenti – di un’esistenza gaia e spensierata.

Mio Dio, come sono cambiato! Ma che uomo sono adesso che non mi riconosco più?

C’è oggi l’imbarazzo del rimanere eternamente bambino, mentre il tempo a mia insaputa ha spolverato della soffice  neve sui capelli miei, e ciò significa che sono un vecchio; ma il mio vivere è sempre confortato  da quella emozione nel pensare, che c’è o ci sarà qualcuno che pensa a me, che mi ami per quel che sono; una volta è la mamma che non c’è più, qualche buon amico, la donna che amo.

Forse l’imbarazzo della mia senilità lo ripulsa per il mio modo di essere e non mi va forse di avvertirlo, mi sembra di essere diverso e che questa che oggi chiamo erroneamente vita, sia in realtà una stagione di essa, sonnecchiante, sognata, amata e desiderata, dalla quale ogni dì miracolosamente rinasco, come la fenice dalle sue stesse ceneri.

Ma lo sai Amore ?  lo è davvero sentito forte in me quel mio modo di amarti, che il più delle volte mi mette nelle condizioni d’essere allo stesso pari di un mendicante; ma la domanda in verità non è questa, è: ma tu ritieni d’essere degna di avere alla tua soglia un mendico? E’ questa la domanda per cui vale la pena l’attesa d’una risposta che mai ci sarà, e questa è un’altra storia.

La verità amore mio è che ho un mare dentro e nessuno che sappia nuotarci!

Sai, penso e sono così convinto che potendolo rifare, lo rifarei altre mille volte questo meraviglioso errore che si chiama – amare - ; amare è un miracolo allo stesso pari di un’alba o di un tramonto, che si ripete ogni giorno, e ogni giorno guardandoli non con distacco, ma come a un qualcosa di appartenenza, ti fanno pensare alla meraviglia celata agli occhi stanchi e avvezzi alle brutture visioni di un dissacrante quotidiano.

L’ amore, l’amare è un dono voluto da Dio ecco perché è un – sacrale – l’amore, ecco perché sempre verso questo ogni giorno andarci con l’animo di un bambino e non da adulto, perché sarebbe solo ed esclusivamente un incontro sessualmente più o meno soddisfacente, più o meno deludente o più o meno dissacrante.

Vedi? L’amore non può essere questo; è mia cara, una lunga scalinata che conduce al settimo cielo, una scalinata da farsi un gradino per volta per tutto il tempo della vita.

Ed io ti amo a questa maniera, forse con tanti meno che più, ma è un amore che ha in se le fragranti stagioni di un’adolescenza che mai invecchierà. E’ un ti amo dal profumo intenso della nostalgia di quello che avrei potuto darti  senza riuscirci!

Per ciò vivo ai bordi di strade che agli incroci hanno anime che continuamente si cercano, e chissà se a uno di questi incontrerò la tua anima!

Vedi amore ho sempre pensato di essere una persona strana, la più strana del mondo, ma poi quando le prime foglie si sono staccate, scoprendomi d’essere un ramo sospeso nel cielo, ho pensato che ci potrebbero essere tante così come strane persone e in mezzo a queste qualcuna proprio come me, che si sente viva e piena di difetti, nella stessa maniera in cui mi sento io ci sarà …. Per questo che ancora oggi continuo a cercarti!

Non pensare mai che non saprei amarti, pensa invece quanto in me sei mare, così onnipresente, così vera, così amabile presenza che nei miei “ no “ vive e si rinnova come fosse un giuramento d’amore, voluto e desiderato, donato ai giorni miei.

Vedi, ora con questi dubbi, con questa tua presenza-assenza, come ogni giorno aspetto un tuo si e chissà se mai giungerà; così mi ritrovo a camminare su una spiaggia deserta, scrutando l’orizzonte e il mare, potrebbe giungere qualche tuo messaggio in una bottiglia…. Quanta strana è la vita! Non fai in tempo ad innamorartene che è già quasi finita!

Così lo è la mia condizione, mentre tu sicura, viaggi e guardi il mondo da dietro un finestrino di un vagone di un treno che purtroppo follemente corre mentre tu non rendendotene conto lasci la tua vita in ogni sguardo d’indifferenza fuori da quel finestrino: la tua età!

Voglio immaginarti, e immaginare che tu sia là fuori da qualche parte e che anche tu stia cercando uno come me!

 

 

 

 

mercoledì 9 febbraio 2022


 

Quanto è prezioso il tuo amore

 

 

Di Vincenzo Calafiore

9 Febbraio 2022 Udine

 

Più mi inoltro nei miei giorni confusi e più sento in me quanto sia prezioso il tempo mio, tanto da non poterlo sprecare in cose che non portano da nessuna parte.

Ogni giorno è un ricominciare, un ricominciare da qui: dal tuo amore, dai giorni lontani; così noi ci avviamo in questo amore in punta di piedi per non farci sentire, è rubare vita per vivere in un angolo di paradiso lontano dal vociare .

Amarti è come trovarsi in un luogo dove vivono bellezza e emozioni; ma non è sempre così, è solo quando tu sei, qui dinanzi ai miei occhi.

Ti chiedo di rimanere, di non dimenticarti di me, ti chiedo di amarmi … anche se non so dove tu adesso sia.

Sai, mi cara, non sono più un ramo che rinverdisce in primavera, sono nell’ombra di un inverno che gela rimanendomi addosso!

Ma sei nel mio cuore, ci sei entrata in punta di piedi, e lì sei ancora.

Il tuo silenzio parla, veloce, nel crepitar del fuoco sottovoce, bisbiglia parole che non comprendo, così mi perdo nei tuoi silenzi, e mi ritrovo a vagare nel mio lato oscuro con la certezza di essere ferito.

Avrei potuto urlartelo, gridarlo ad alta voce, avrei potuto farlo … dirti che ti amo!

Farlo conoscere a tutti il mio amore per te ….. e non l’ho fatto!

Ci pensi mai amore, a quanto siano inutili le parole, se tutto ciò che noi vogliamo dirci è racchiuso in un solo bacio?

Un bacio che ogni volta, dandotelo, te lo ricorda …. Rimani qui con me, rimani ferma, immobile, se chiudo gli occhi tu sei proprio lì dove altri non possono vederti ne sentirti, le nostre labbra che si incontrano, le mani che si cercano e nascono nuovi sorrisi, nasce ogni volta nuova vita a cui sempre andare.

Nel sogno mio, i nostri corpi si avvicinano, le labbra si incontrano e ho paura… paura di riaprire gli occhi e non trovarti più.

Se mi dovessero chiedere cosa significhi : amore !  Io potrei rispondere che... mi bastarebbe guardarti negli occhi, e capire che tu sei ciò di cui ho bisogno. Mi basterebbe posare la mano sul mio petto per sentire che il mio cuore batte all'impazzata per te.

Così pure le mani che cercano le tue … per abbracciarti e capire quanto siano sicure come un approdo felice alla vita. Mi basta sfiorare le tue labbra per risentire quel sapore unico, come unica sei tu!

Ecco vedi, mi basta pensarti e tutto cambia, perfino la mia poca vita; mi basta immaginarti e sono felice anche se con poco, perché la mia è solo un’illusione, una maniera di immaginare di avere una donna da amare!

Sarebbe bello … e come se sarebbe bello il solo pensarlo, il solo immaginarlo … come lo è immaginare la mia felicità di poco.

Poi è strano ciò che mi rimane addosso, è un profumo di donna che conosco bene, e sulle labbra quel sapore indimenticabile … è cos’è se non amore?

Si credo che infine l’amore sia questo: amare una donna, semplicemente come una donna, a cui dedicarsi senza nulla pretendere in cambio, se non quel sentirsi dentro, come un mare con tutte le sue calme, le sue improvvise tempeste.

E’ questo l’amore? Dimmi tu cos’è!

 

martedì 8 febbraio 2022

 

 

 

Vincenzo Calafiore


La democrazia in Italia ormai è finita, morta!

Questa parola “ Democrazia “ greca nella sua origine si compone da: Dèmos, popolo, e

Cràtos, potere, etimologicamente ha il significato: governo del popolo.

Da quando Pericle nel 461 a.c. fece il suo discorso agli Ateniesi su cosa fosse e come la democrazia venisse applicata ad Atene sono trascorsi 2500 anni!

 

E’ diffusa e ormai ben radicato in Italia, un concetto che è un colossale equivoco, volutamente perseguito con costanza negli anni, da chi vi ha interesse, per il quale si crede che  “ Democrazia “ sia solamente quel posto nel quale il popolo scelga chi lo deve governare mediante le “ elezioni “ .

 

A tale assunto ( elezioni ) andrebbero opposte, delle obiezioni.

 

Quando i cittadini sono chiamati alle  - elezioni – ormai non votiamo più chi deve governarci;  i cittadini elettori non sono liberi di scegliere e votare per chiunque, ma solo coloro indicati dai partiti, dal fortissimo potere dei partiti, potere avvallato da una legge elettorale che non consente al cittadino non solo di esprimere un voto di preferenza per quei personaggi indicati dai partiti, ma neppure tra quelli il popolo può scegliere chi più piace.

In poche parole, oggi, in Italia sono i partiti a decidere ancor prima delle elezioni chi deve andare in Parlamento, assegnandogli un posto chiave, nelle sedi dei poteri.

 

Bisogna anche osservare che la democrazia non è solo un metodo scelto da chi governa, ma soprattutto  è un metodo di esercizio del potere o strapotere che sia.

Se ad esempio si dovesse scegliere fra vivere in un paese  nel quale il capo del governo viene scelto con libere elezioni, ma poi governerebbe come  lui vorrebbe, facendosi le leggi che più gli servono a rafforzare il suo potere e abrogando quelle non gradite. O vivere in un paese nel quale governa un governo acquisito per successione, che però governa nel rispetto di precise regole … ognuno sceglierebbe il secondo Paese, perché più democratico del primo, questa è logicità.

 

Dunque la democrazia è principalmente, un metodo preciso tutto del potere; anche la legge è un mezzo o strumento che si voglia del potere, la legge è uguale per tutti … almeno così dovrebbe essere. In democrazia quindi la legge è un valore e il potere è lo strumento della legge.

Il Parlamento dovrebbe essere – sovrano – ed è il Parlamento a decidere cosa sia giusto da fare e il Governo dovrebbe attuare o mettere in pratica quanto è stato deciso dal Parlamento.

Ma oggi purtroppo il potere  o lo strapotere della politica non si chiede affatto se sia giusto o legale ciò che sta facendo, ma fa delle leggi opportune che gli permetteranno di fare ciò  - vuole  – fare. E questo non è buono. Così non è lo Stato al servizio della legge, ma è esattamente l’inverso: la legge è al servizio dello Stato; sta di fatto che oggi è il Governo a decidere e il Parlamento glielo permette facendo le leggi giuste al caso per caso.

Oggi il potere non è nelle mani di una sola persona come ad esempio nel caso di Pericle, oggi è nelle mani di più persone.

In definitiva il potere giudiziario possiede strumenti esclusivamente repressivi; il potere politico studia e lavora per fare delle leggi ad personam, urgenti, per salvare il potente di turno, e per rendere il sistema giudiziario innocuo nei suoi confronti, che non possa nuocere insomma. Contro invece è pugno di ferro per i poveri diavoli che vi incappano.

In Italia non c’è un’opposizione, c’è solo una modalità di spartizione del potere: siamo forse l’unico paese in cui è possibile ai partiti dirsi contemporaneamente, partiti del governo e partiti di opposizione.

In definitiva, quella che oggi erroneamente viene chiamata o detta: democrazia, altro non è che un metodo di relazione fra i partiti o associazioni come meglio si vuole intenderli.

Ma sappiamo anche che l’Italia è il paese in cui per avere quello che tocca di diritto, lo si chiede a un uomo potente, così vale nei concorsi pubblici, e in tutti quei posti di lavoro che vi si accede tramite  bando di concorso.

Dunque è sbagliato di pensare che andando a votare si cambino le cose, queste non cambieranno mai più; potrebbero cambiare invece se si cominciasse a educare diversamente le future società, così anche la classe politica sarà di conseguenza migliore.

Indipendentemente dal pensiero politico, o del colore di partito, i cittadini che vivono in questa società, possono constatare di prima mano come tutti i giorni la democrazia venga usata e strumentalizzata a compiacimento da una  politica sempre più sterile e piatta, sempre più nei propri interessi di classe, di benessere, e di godimento di beni liberamente o arbitrariamente acquisiti.

Cittadini facenti parte di questa società e del Governo, fanno spropositato uso del potere atto al miglioramento del loro status, violando  le più elementari regole che questo popolo ha voluto nella sua Costituzione.

Concludendo devo riconoscere che la nostra Democrazia è finita, pur conoscendone le sue origini e il suo grande  significato è per noi soltanto che una parola, e parola rimarrà di fatto.

Bisognerebbe leggere e ne varrebbe la pena: Pericle, Noi ad Atene facciamo così!

 

sabato 5 febbraio 2022

 

 

 Eccomi solo.  ( voce, bassa grave)
Oh il servile buffone e la canaglia
che sono!

È mostruoso che un attore,
pur fingendo, in un sogno di passione
 possa forzare l'anima a un concetto,
così da scolorare tutto in volto
e piangersi e sconvolgersi, con voce
rotta e con gesti che disegnan forme
rispondenti all'idea. E tutto per nulla!
 Per Ecuba?
Ma per lui che cos'è? Chi è lui, per Ecuba,
da farne tanti gemiti? Se avesse
costui la molla che mi muove, questa
mia angoscia, che vedremmo? Il palcoscenico
 affogato di lacrime, l'orecchio
del pubblico spaccarsi dal frastuono,
come pazzi i colpevoli, atterriti
gl'innocenti, gl'ignari a bocca aperta –
e occhi e orecchi che a se stessi credere

 non possono!
Ed io vigliacco... resto a crogiolarmi
nel fango come un povero bamboccio
che sogna, la mia causa non mi tocca
e non so dire nulla; no, nemmeno
 per un sovrano amato, a cui fu tolto
da un orrido delitto vita e averi.
Son dunque un vile? Chi me lo ripete?
Chi mi spacca la testa, chi mi strappa
la barba e me la getta in faccia, chi
 mi tira per il naso e mi sbugiarda

fino al gozzo e giù giù... fino ai polmoni?
Ah questo,
sangue di Dio, mi ci vorrebbe! Ho dunque
fegato di piccione, senza il fiele
che restituisca amaro a chi l'opprime,
s'io della sua carogna di gaglioffo
non ho ingrassato gli avvoltoi? Crudele,
libidinoso, sconcio traditore!
Sanguinario furfante! O mia vendetta!
Suvvia, che asino sono!
Bel coraggio pel figlio di un diletto
padre, ucciso così, che Cielo e inferno
spingono alla vendetta, di sgravarsi
con due bestemmie come fa una sguattera

 puttana!
Vergogna! Qui ci vuol testa. Uhm! Si dice
che talora un colpevole sedendo
a teatro, colpito in fondo all'anima
dall'intreccio, abbia spiattellato sùbito
 i suoi delitti; perché l'assassinio
non ha lingua ma parla con un suo
miracoloso organo. Io debbo
far recitare a questi attori, innanzi
a mio zio, qualche cosa che somigli
all'uccisione di mio padre. E starmene
a osservarlo, sorprenderne sul vivo
il contegno: se appena egli ha un sussulto,
so il dover mio. Lo spirito che ho visto
potrebb'essere un diavolo che assuma
un aspetto gradevole, e che forse
suggestioni la mia malinconia,
col potere ch'egli ha su siffatti animi,
per dannarmi. Mi occorre un fondamento
concreto: uno spettacolo; e al sovrano
ghermirò a volo la coscienza. Andiamo.

 

 

 

 

 

Ecco, siamo qui, in mezzo a questo amore

coi nostri destini, dentro un vestito blu.

L’intorno non ci appartiene.

Noi gli stessi di quel giorno

che ci ha nutriti sin dai nostri primi passi ..

dolce quell’amore a fior di labbra

che voleva vivere ed ora è qui con noi  !

 

Lasciamo gli anni appesi a un filo di sogno

guardiamo la nostra vita senza chiederle

dove ci porterà o abbandonerà, o da quale cielo

avremmo visto l’amore  felice venirci in contro.

Noi continuiamo a essere sogno, o quello che

un giorno gli occhi ci fecero, infinito.

 

                                                        Vincenzo Calafiore

 

 

 

 

 

 

E, ora

 

E, ora lasciami ritornare mia diletta

alla pianura che si getta tra le bianche spume dello Jonio.

Fammi ritornare a quel cielo, frastagliato

nei rami di secolare fico, cresciuto assieme, nella mia casa e nella memoria di voci ascoltate nel vento e di visi da lì passati per caso.

Ed ora vagabondi nell’aria triste della mia età,

i miei pensieri e sogni, cercano il loro luogo perduto nel tempo.

L’ amore accarezza l’istinto di migrare

ove tu sei …

E’ così forte il richiamo bianco salino

misterioso, intransigente speranza, dello Jonio nel sangue!

Cos’è questa grande luce negli occhi tuoi

che mi porta lontano e mi trovo ahimè in lande in fiore

e deserti gitani di sabbia, senza meta, senza più età.

E’ forse paura di amare o di perderti,

di aspettare, vederti spuntare da quel ritaglio

di cielo.

Oppure la pazienza di cercarti, cercare qualcosa

che deve ancora passare agli occhi miei?

 

                            Vincenzo Calafiore