sabato 30 giugno 2018


Cuando tu vienes a mi





Di Vincenzo Calafiore
23Giugno2018 Udine

“Tratto da: Blu Oltremare”

Sapessi cosa sia la felicità almeno l’avrei immaginata, forse anche disegnata, ma felicità significa anche essere diversi e complementari l’uno dell’altra …
Io ricordo lei, la prima volta che la vidi per strada, e ricordo anche il mio primo pensiero:
 “ .. sarai mia! “ ! Quel giorno la seguii come un cacciatore segue la sua preda, rimanendo nella giusta distanza ….
Da quel giorno so cosa significhi essere felice, vivere in uno stato di incoscienza, sopra le nuvole, a ridosso del cielo.
Ci siamo amati quella sera di giugno sulla riva di un mare che di noi sapeva poco o quasi nulla ci siamo arrivati senza lasciare tracce o impronte di noi, nascosti al mondo.
In quelle terre di mezzo della memoria affissa alle albe attese nelle solitudini di gabbiani intirizziti, abbiamo lasciato i ricordi cancellati, i morti dimenticati, importante era quell’amore che in noi non finì mai di ardere.
In giugno cieli chiari e notti bastarde, portano con se l’idea! L’idea della vita, dell’amore.
Non muoiono mai! Perché le idee sono gabbiani a cui non puoi togliere le ali, perché le idee sono come il cielo che non muore mai, perché le idee sono voci del cuore, tremano ma non muoiono mai, perché l’amore è il sorriso di Dio, in questo schifo di posto lontano dall’universo.
Io ti amo e ti chiamo amore anche in quelle maledette notti che non sei mia!
Ti amo come il poeta ama l’alba.
Ma rimani sempre in quelle stanze del pensiero per fortuna lontana da chi se ne sta a morire nei deserti di un porcile, vicina a chi muore per difendere un libro.
Ma i sogni si dissolvono all’alba così come si spengono i desideri e lasciano di se profumi nell’aria di mancata felicità, quella che provo ogni volta che i miei occhi incontrano i tuoi, ogni volta che a me ti stringo in un fortissimo abbraccio quasi a farti male, ma è la felicità a farmelo fare, la felicità di averti tutta per me anche se solo per un minuto e via.
Più si ama, più ci si allontana dal desiderio, dalla magia racchiusa in un bacio!
Non può essere o vivere come in un sogno,resta sempre una forma che racconta di te, di te che avverto l’esigenza all’incanto dell’incontro, e guardo dove non posso amandoti con gli occhi, ricordo le foschie mattutine su una riva, trovarti e amarti cercando di fermare il tempo, ma il tempo emigra come tutte le cose, come la gente attorno a noi quando guardandoti negli occhi ti racconto la mia solitudine nelle ore d’attesa, a volte di un incontro mancato.
Quando tu vieni a me, la vita cambia colore!
E che importa poi se in questo maledetto sogno che mai si avvera se lei c’era o c’è stata, è un sogno dietro gli occhi socchiusi in una notte d’estate ardente come il desiderio di stringerla a me.
Ma dammi sogno un “ indietro” di vent’anni affinchè io possa nuovamente riamarla come ieri, come domani e domani ancora… lei è qui bella come una venere fuori dall’acqua, bella più che mai, lo so è passata anche questa notte viva più che mai davanti ai miei occhi davanti a un mare che quando la vede si placa.
Cuando tu vienes a mi es vida!





Una vita in disparte

Di Vincenzo Calafiore
30 Giugno 2018 Udine


“ Molti anni dopo, davanti a una scrivania, mi sarei ricordato” !
Un trafiletto o un appunto di moltissimi anni fa conservato dentro una vecchia rubrica dell’anno 1968.
E di cosa dovrei ricordarmi?
Forse delle mie parole che più giovani di me continuano a girare per il mondo, a produrre i loro effetti, a far nascere e a tenere in vita altri universi ancora da scoprire. Mentre io che ancora non ho finito di macchiarmi le dita di inchiostro, che ho ormai superato la boa nr 70, e una moltitudine di controversie, vivo sempre più in disparte, più piccolo, più ai margini.
Della vecchiaia, ne avevo già scritto: difficile non ravvisarlo nello spirito indomito del personaggio, protagonista de  “ Ceneri di Parole”, opera speculare per certi versi in cui il concetto base è che, è la vita e non la morte, ad essere inesauribile.
C’è ancora il mio sogno d’amore oltre i confini dell’età, del possibile, l’intraprendenza, la tenacia, la capacità d’incanto… nonostante l’età, la mia vecchiezza che ricorda soprattutto il disincanto, l’amarezza, la stanchezza che si depositano, come ruggine, nel fondo della volontà, dell’immaginazione.
Ci sono i miei lettori, le lettrici che non smettono di vedere l’amore ai bordi della mia scrittura, fino alle puttane tristi ( i compleanni) che hanno smesso di illuminarsi di candeline.
Si, temo di non avere più una buona vista e gli occhi ormai non reggono più le ore necessarie a scrivere.
Non auguro a nessuno di avere tanto ancora da raccontare e rendersi conto che rimane sempre più solo, prigioniero del desiderio di scrivere, sempre meno le lunghe nottate alla scrivania..
Spero almeno di aver rivelato il mondo, il mio mondo; c’è poco tempo per le distrazioni e d’altronde il tempo è circolare e quello che è passato ieri, ritorna ancora giovane, ci sono le nostalgie che mordono il cuore, i luoghi che sono stati sempre anima; le parole che non conoscono autunni, mentre io sempre più sprofondo in una specie di limbo.
E davanti a una scrivania molti porteranno con sé le fragranze delle stagioni perdute, l’odore di mandorle amare e la speranza inesauribile che lasciano le parole.
Davanti a una scrivania ci sarà tempo per chiedersi se mai sarò stato felice, nel porto usuale no, ma nei porti di altri mondi, di altri altrove si! Ed è lì che appoggerò la mia stilografica chiusa per sempre.
Rimangono coloro che porteranno con sé le fragranze sibilline delle albe attese assieme sulle rive dei mari in cui siamo stati per tanti anni assieme, con la speranza che qualcuno un giorno siederà sulla riva ad attendere la vita levarsi nei lembi d’una eternità unica: l’Amore.
Ma c’è in me un paese del Sud, le sue colline, la piazza e un negozio di barbiere. Operai che attendono un lavoro, le solite volatili promesse e nuvole che corrono sotto un cielo azzurro oltremare, cobalto.. un cielo come mare, così grande da accogliere tutte le anime che i preparano a morire.
Una terra, la mia Calabria, che sta lì ferma e aspetta e riconosce tutti, e un gran silenzio che copre quella terra perché di tutto è stato detto, tutto è stato portato via, tutto è ancora lì nella memoria, negli odori forti, nei canti, nei lamenti, nel mare appena liscio alla riva.
Come fare a dimenticare l’asprezza delle cime, le innevate pianure, gli immensi boschi i fiabe e di gnomi, come dimenticarsi di Ulisse che qui trovò l’amore, come dimenticare i morti, le deportazioni, le distruzioni, i primi campi di concentramento in nome di una Unità sconosciuta e ignota? Oggi ingrata che si perpetua ancora in quelle forme da campo di concentramento o di cotone in cui vi sono solo schiere di schiavi.
Come non amare un paesaggio dai colori forti, parole scabre come l’esistenza che stenta il suo cammino, un coro di visi pronti ad affacciarsi con le pene antiche e la fatica di un sogno dietro l’altro creano un buco nero nell’indifferenza di un mondo indifferente.
Per questo non smetterò mai fino all’ultimo di pensare che la vita non è quella degli stessi abiti di ogni giorno, la vita è una voce dentro che improvvisamente diventa uragano come accade quando pronunci a bassa voce: T’amo!
E si continua a vivere una vita in disparte.  


La paura d’amare
Di Vincenzo Calafiore
29 Giugno 2018 Udine

“ Le  -maschere- che ci nascondono,
la solitudine che ci fa paura… “

L’amore ha molte facce, corrispondenti ciascuna ad una diversa manifestazione dello stesso istinto, che chiede di poter essere appagato tramite una relazione con l’oggetto del desiderio.
Ma la passione fa anche paura, perché in ogni caso implica la resa di fronte a qualcuno che può tradire, che può abbandonare.
Solo i temerari o gli ingenui credono che si possa amare “ semplicemente” il sentimento dell’amore, infatti, pare sia stato creato per i coraggiosi, disposti ad affrontarne le sofferenze, pur di assaporarne i momenti esaltanti.
Tuttavia la pulsione affettiva, naturalmente determinata,contiene in se la forza necessaria a superare la paura che genera.
E così è, nonostante le smentite tipiche dei nostri tempi, caratterizzati da una diffusa paura di legarsi a qualcuno e di assumere il peso, anche emotivo, che tale esperienza comporta.
L’istinto privo del coraggio necessario per vincere la paura, lascia i rapporti sospesi in una sorta di “ limbo”, in uno spazio in cui mancano definizioni precise e condivise: caratteristica che ne decreta prima o poi la fine, nell’illusione di una sofferenza risparmiata.
Un generalizzato conflitto tra desiderio e paura tende quindi a toccare anche le passioni più travolgenti, immolandole al baratto con la tranquillità.
E così la donna, in tempi non sospetti maestra di seduzione, sembra procedere oggi con maggiore cautela, assimilandosi in questo all’uomo che di cautela sembra averne.
La paura di amare potrebbe essere trasversalmente collegata all’insicurezza ed alla confusione di questi anni convulsi e poco vivibili, in cui si fa fatica a distinguere e riconoscere ciò che è autentico o importante, da ciò che rappresenta una “ maschera”, un illusione: le esperienze scivolano via, spinte dalla fretta, dalla tendenza al consumo e al cambiamento in ogni contesto di vita.
Si corre per stare al passo con tutto, ma si finisce per non saper bene cosa si stia vivendo davvero.
In mezzo a questa confusione l’amore viene desiderato quando non c’è, rinnegato quando c’è, tenuto sotto controllo il più delle volte, per non rischiare.
E l’istinto naturale dell’uomo, ammantato o rimosso, finisce per produrre delle precise ripercussioni sul comportamento individuale e collettivo.
Una prima conseguenza riguarda l’identità personale, che finisce per essere determinata dall’esterno.
In tempi in cui ogni soggetto viene considerato per ciò che sembra, non per quello che è la sua vera natura, sfumano i contorni dell’ Io e la personalità perde consistenza e sicurezza.
“ Si finisce per indossare una maschera “. Tale diffuso indebolimento della personalità si ripercuote negativamente sul rapporto di coppia.
Per amare fino in fondo è necessario essere se stessi, senza maschere, e mostrarsi all’altro vincendo pudori e insicurezze.
La libertà di amare e godere fino in fondo il sentimento dell’amare!
Eppure tante persone si avvelenano la vita barcamenandosi tra problemi di difficile soluzione. E ciò probabilmente in quanto persiste nell’inconscio la tradizione sessuofobica fortemente radicata da duemila anni di tradizione, nello stesso periodo storico in cui una nuova relazione tra libertà e legge di mercato fa tornare in auge il corpo come oggetto di consumo e sede di istinti, più come status symbol  che come fonte di piacere.
Uomini e donne nei nostri tempi liberi e tolleranti sono tuttavia accumunati dagli stessi problemi a vivere con gioia pienezza e sincerità l’attaccamento reciproco. Uomini e donne vengono così ad essere accomunati dal disagio nel vivere l’amore che non sia solo sesso, così come quello che lo stesso sesso inserisce all’interno dei sentimenti reciproci d’attaccamento e di dipendenza.



La vita è così

Di Vincenzo Calafiore
25 Giugno 2018 Udine


In questa solitudine ovattata come la notte, odo lontano un treno sferragliare nella sua corsa verso chissà quale stazione.
C’è tempo di pensare a molte cose, mentre fumo la prima sigaretta affacciato da un balcone sul nulla, in quel buio cerco un respirare lento che conosco, ma è troppo distante e chissà poi se in quel suo sonno ci saranno i miei pensieri, le parole del giorno prima.
Questa attesa non so di cosa poi, mi fa pensare alla vita e alle domande che magari finito di fumare la mia Camel, mi farò, penso se sarò in grado di rispondermi.
Io non voglio morire schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno le stesse cose, non voglio morire vittima della paura di parlare a chi non conosco, perché è morire anche indossando gli stessi vestiti, ho rimanere incollato davanti a un televisore.
Muore lentamente colui che non ha e non ama la passione, chi se ne sta fermo ad attendere le ore che se lo portino via, chi non ha un insieme di emozioni, quelle che accendono gli occhi.
E sono felici quelli che amano incondizionatamente una donna, quelli che hanno sempre il sorriso sulle labbra, che hanno emozioni che fanno battere il cuore, sono felici quelli che ammettono di aver sbagliato, quelli che riescono a dire ti amo e si commuovono.
Questa è  vita, la vita è così, come una fotografia in bianco e nero, piena di poesia, d’amore.
E’ vita quando rischi cambiando la certezza per l’incertezza,
quando insegui un sogno anche se questo non si fa raggiungere.
E’ vivere quando sfuggi ai buoni consigli, vive chi viaggia con una sua astronave, chi legge le poesie di Pablo Neruda, chi ascolta la musica e immagina di essere su un palco a cantare solamente per la sua donna, chi è felice con se stesso e dentro di se.
E’ vivo e vive chi protegge la persona che ama, chi si lascia aiutare, chi non si lamenta mai della propria sfortuna, chi non abbandona nemmeno un attimo la sua compagna di vita, la donna che ama, l’amico sincero.
E’ felice colui che non fa mai domande o chi no risponde su argomenti che non conosce.
E’ felice chi evita la morte di piccole dosi, ricordando d’essere vivo perché ama e sa amare, ricordando che respirare l’amore richiede uno sforzo maggiore del semplice respirare perché respira!
Nel frattempo la luce magicamente dipana la notte, il buio si leva alto raggrumandosi agli orli di poster bellissimo incollato in mezzo al blu, e penso a lei che si gira dall’altra parte mezza coperta e mezza no, con gli occhi socchiusi e schiusi chissà in quale sogno.
Penso che potrei perderla e mi viene addosso un brivido gelido.
A chi poi dovrei dirle di non stare lontana da me, nemmeno un solo giorno, perché? Il perché non so dirlo ma è triste solo il pensiero e poi sarei capace di attenderla chissà in quale stazione.
Non andare via, nemmeno per un’ora! Mi sentirei perduto.
Non andar via nemmeno per un minuto. Perché in quel minuto potresti essere ricoperta di baci!
L’odore forte del caffè, mi riporta a galla, intanto accendo un’altra sigaretta mentre lo sorseggio, immagino che lei si sia già svegliata o sta per svegliarsi e seduta nel letto si guarda attorno come a voler cercare il suo sogno….









domenica 24 giugno 2018


Noche desnuda
Di Vincenzo Calafiore
25 Giugno 2018 Udine

Dopo una notte di tempesta, accade verso l’alba, il mare si quieta e lascia sulla riva conchiglie vuote di vita!
Così è la vita, di tempeste e di tregue, di sogni e di amori, di paure, sofferenze, fino alla fine; ma c’è in questo l’idea! Sì l’idea di qualcuno quando se l’ha inventò, con tutto quello che in essa c’è e fra queste : l’Amore o meglio la capacità di amare a 360° .
Intanto all’orizzonte, lacerato agli orli, l’aurora in fretta s’appresta a ricucire i veli strappati di uno scenario ancora da rappresentare; dalle cornucopie ridiscendono filamenti dorati su un mare che bramandoli sempre di più si alza in lunghe braccia quasi a volerli accarezzare.
E’ una “ noche desnuda!”
Una notte flamenca, da corrida, la mia notte di ambascerie inviate alla corte dei sogni; per la grazia di un sogno da vivere e custodire, nasconderlo agli occhi delle anime nane.
Qualche volta succede che un sogno si realizzi anche in presenza di anime nane desiderose di cortigiane prezzolate e nani ragionieri che non sanno cosa possa essere un sogno.
Così io scivolo come un segna libro, tra le pagine di un portolano che custodiscono notti di traversate solitarie e di intime emozioni.
Questa “ noche desnuda” ancora da svelare, conquistare con parole da decifrare e sogni da custodire per una eterna intensa emozione del vivere, è qui a difendersi da un mare bastardo e di forti correnti che non portano a nulla; è qui tra le mie mani spalancata alla vita! Questa è felicità, è amore, è emozione.
Menomale che qualche parte c’è un orizzonte a cui volgere lo sguardo, da attendere nella prossimità di un pensiero che a lei mi porta.
A lei prediletta immagine affissa agli occhi e all’anima, come emigrante emigro, l’attendo tutte le albe su una riva come un messaggio in bottiglia in riva a un mare in cui annego come fosse occhi, come fosse amore, eternità.
Almeno fosse qui…. potrei amarla ora su questa riva!
Dopo una notte così rimane poco nell’aria, se non l’attesa di un sì che potrebbe mai giungere.
Dalle finestre la brezza mattutina gonfia i bianchi lini appesi alle finestre, come vele si gonfiano di vento e posso navigare …. La “ Pegasus” si disincaglia e scivola lentamente verso l’orizzonte negli occhi suoi.
Vorrei lo sapesse quanto m’è dolce morire negli occhi suoi,
quanto dolce sia rimanere incagliato in quel suo dichiarato amore che mi allontana dalle quotidiane tristezze, e rinverdisce l’umana coscienza.
Quelle tristezze dal pensiero che lei possa lasciarmi andare, dal terrore della sua assenza, di quel vuoto esistenziale senza i suoi sì, i suoi occhi, le sue labbra.
Ci vorrebbero ora, adesso, i suoi baci e le sue mani capaci di coprirmi come marea.
La vorrei ora, adesso fra le mie braccia, sentire il suo profumo, per ascoltare il suo cuore che si accende di vita e muore come onda sulle rive di un amore più grande di un grande.
Amore che fai?
Essere uomo di cui la sua donna viaggia vicino e la guarda da lontano, così dolce da fare del suo cuore portale d’immenso già più vicino.
Dovresti incontrarmi con la mia vita all’angolo dei quattro cieli illuminati da luna salina!
“Noche desnuda” , buia come un finale da palcoscenico; lei che forse mi pensa e non mi chiama per nome, amante del silenzio come chi torna da una guerra con la poca certezza di trovare vita.
Lei che pensa alla mia terra greca, mentre aspetta la luna, un altro mondo, un’altra vita.
Essere il suo uomo mentre si addormenta al di là del mio mondo per farsi ricordare, per farsi amare, dopo tanto parlare, dopo tanto sognare…. Io ti aspetto sul filo di questa alba, e tu sei là … amore che fai?
E invece come un ladro vengo di giorno accanto al tuo destino, per rubarti baci e carezze, per poterti amare di notte quando non ci sei e il mare si gonfia… per amarti fino alla prossima marea.
Amiamoci e andiamo via da questo mondo, salviamoci da questa umanità allo sbando e verremo ricordati dai nostri baci, dalle nostre carezze, anche se tutto sembra già vissuto, già visto, già sentito, tutto quell’amore già venuto che ho scritto, che ho corretto e interpretato da tanti altri che come me vogliono solo amare, come noi, come milioni di noi.
Amore mio non ho più vent’anni, ne ho molti di più, molti di meno quando mi stringi, quando mi baci, quando mi voli addosso come nuvola, come respiro, abbracciami e fammi sognare.
Uccidimi piuttosto che starmi lontana, stancami in un giro di braccia e guarda dietro i miei occhi che ti raccontano e spiegami perché tanto ti amo.
  

sabato 23 giugno 2018


Dietro una vetrina
Di Vincenzo Calafiore
18 giugno 2018 Udine


A un certo punto capita di guardare in dietro e le vedi cose, ancora lì con il loro essere, con il loro esistere dietro una vetrina poco illuminata, disordinata di tante altre cose ormai ammuffite sul svanire.
Capita, e quando capita, penso a un inganno della memoria.
Di là, sulla parete davanti alla scrivania, un grande specchio, da cui alzando gli occhi nelle giornate buone, posso guardare il mare; l’odore forte di tabacco, un bicchiere vuoto, e una penna abbandonata su dei fogli ai quali avrei dovuto consegnare le rime di una poesia.
Le mie cose migliori sono l’assenza da me stesso, le grandi fughe, le mie evasioni, i miei viaggi nello spazio a bordo della “ Pegasus “.
Le peggiori sono quei vincoli e quelle costrizioni che in qualche modo, “ incrapettandomi” mi costringono a rimanere prigioniero qui, in questo sistema ormai insopportabile, ove quando va bene si può incontrare la bruttezza.
Con la “ Pegasus” ormai da tempo ho superato il –punto di non ritorno- e di quegli spazi conosco ogni latitudine, ogni anfratto; ed è in queste distanze che ogni mio sentire si origina, si quieta nelle solitudine di cui non posso ormai farne a meno.
Mi giro e mi guardo in quella stanza di follie, ove tutto è possibile perfino il sognare ad occhi aperti, tutto è così reale, così possibile che vien voglia di allungare le mani per prendere o abbracciare, stringere un viso da baciare, capelli da accarezzare.
Mi giro e mi vedo vecchio, allo specchio!
Come sono invecchiato, deformato nelle mie fattezze! Mi guardo e non mi riconosco, sento tutta la lontananza da quel mondo che mi rifiuta e preferisce gli uguali, alla stessa maniera, disorientati e inzuppati di stupidità, di poca dignità.
Mi sto accingendo alla precipitazione in un baratro di assoluta libertà di pensiero, come fosse sabbia di una clessidra, una corsa inarrestabile in quel che sono, questo io sono.
Ma in fondo a tutto c’è quella mia “ sconsiderata” coscienza che mi vuole e mi ama, mi adduce a lunghi silenzi, la mia fantastica visione dell’amore.
La guardo e lei sa cosa le sto dicendo,
l’ascolto e non mi stancherei di ascoltarla, la mia “ sconsiderata “ funambola pazzamente innamorata della vita.
Io e lei dietro una vetrina nascosti agli occhi ci amiamo sicuri della nostra eternità, da quella ingenua promessa – per sempre- e per sempre sarà.
Ma ……. se appena mi sfiora ….!
E’ vita.